Interpretare l’arrivo di Lionel Messi a Inter Miami

Il punto di partenza, come quasi sempre, quando si parla di MLS, è il gennaio 2007. Quella è la data in cui David Beckham ufficializzò il suo contratto da poco meno di sette milioni di dollari a stagione – una significativa riduzione dello stipendio dai tempi del Real Madrid – per firmare con i Los Angeles Galaxy, in una lega di basso livello, giovane ma non per questo in crescita. Tra i dettagli di quel contratto, uno dei più analizzati e discussi dello sport mondiale, la clausola più significativa è quella che ha permesso al calciatore inglese di acquistare una franchigia MLS con una tassa d’espansione fissata a venticinque milioni di dollari, più di quanto avesse pagato in quello stesso anno Toronto per unirsi alla lega – appena dieci milioni – ma sul lungo periodo un risparmio decisamente notevole considerato che le franchigie annunciate come espansione insieme a Miami – Orlando e New York – hanno pagato una tassa d’espansione intorno ai cento milioni di dollari e che Nashville, entrata in MLS insieme a Inter Miami nel 2020, di centocinquanta milioni di dollari.

È nella posizione di co-proprietario di Inter Miami, dunque, che Beckham si è seduto negli ultimi mesi al tavolo delle trattative con Lionel Messi e il suo entourage, e un po’ come in una versione molto più soleggiata di Dark, Beckham ha parlato a Messi come lo hanno fatto le versioni future di Jonas, prospettando al campione argentino il tipo di impatto che il contratto presentato dalla franchigia statunitense avrebbe potuto avere sulla sua carriera dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. Il contratto che Lionel Messi si appresta a firmare con la MLS, in effetti, è una versione molto ingigantita di quello di Beckham, ingigantita sia perché Messi è una figura più grande nella mitologia calcistica di Beckham e sia perché la MLS è una lega molto più grande, ricca e potente di quanto non lo fosse all’arrivo dell’inglese e proprio grazie alla sua presenza. Oltre ad uno stipendio che è stato riportato intorno ai cinquanta milioni di dollari all’anno, comunque non la cifra più alta su cui l’argentino abbia apposto la sua firma, nel contratto valido due stagioni e mezza dovrebbero esserci, come riportato inizialmente da The Athletic, una percentuale dei guadagni generati dai nuovi utenti iscritti a MLS Season Pass, il servizio di streaming su Apple TV che trasmette tutte le partite della MLS e della nuova Leagues Cup in tutto il mondo, oltre alla produzione di un documentario da parte di Apple TV+ sul mondiale vinto con l’Argentina, e un contratto di condivisione di tutti i profitti derivanti dall’arrivo di Messi in MLS con Adidas, produttore di maglie per tutte le franchigie MLS e storico partner del campione argentino.

In aggiunta a questo, esattamente come per David Beckham sedici anni fa, Messi avrebbe l’opzione di acquistare una percentuale all’interno di una franchigia MLS anche se, a differenza dell’ex Manchester United, non è ancora chiaro se quella franchigia sarà un’espansione – con l’arrivo di San Diego la MLS è arrivata a trenta squadre, e stanno diminuendo anche il numero di città senza squadra che potrebbero essere affascinanti per un personaggio come Messi – o una già esistente, più probabilmente proprio Inter Miami. L’offerta che ha convinto Lionel Messi a portare i suoi talenti a South Beach è stata molto particolare, ma che la MLS fosse disposta a spingersi in questa direzione era chiaro da tempo, tanto che pure il commissioner Don Garber, di solito molto abbottonato e esitante nell’esporsi su questioni di questo tipo, aveva ricordato qualche mese fa come sarebbe stato necessario essere “molto creativi” per portare l’argentino nella lega.

 

Il momento di The Decision

 

Messi arriverà in MLS in una squadra disastrata, ultima nella Eastern Conference dopo aver perso undici delle prime sedici partite. Il licenziamento di Phil Neville, oltre a incuriosire per le tempistiche, che sembrano fatte con lo stampino per permettere all’argentino di avere un impatto sulla scelta del suo prossimo tecnico – probabilmente una vecchia conoscenza tanto della lega quanto di Messi, il Tata Martino – sembrava ormai necessario da qualche tempo, con l’inglese che non ha mai fatto nulla per dimostrare di meritare quel posto al di là della sua amicizia con il proprietario dell’intera baracca. Ma al di là di Neville, l’intera franchigia nei suoi anni inaugurali è stata caratterizzata da una disfunzionalità a più livelli, opportunamente raccontata da un’inchiesta di The Athletic sull’inizio della franchigia. Non solo i primi grandi DP non hanno apportato un impatto significativo, da Blaise Matuidi a Gonzalo Higuain, se si escludono gli ultimi sei mesi del Pipita, ma quegli stessi investimenti hanno portato Inter Miami ad essere punita dalla lega per aver violato le regole sul salary cap. Quest’anno la franchigia della Florida è infatti nell’ultimo di tre anni di sanzioni record da parte della lega per aver sottostimati il valore dei contratti di Blaise Matuidi e del centrale colombiano Andres Reyes, che sarebbero dovuti contare come Designated Player di una franchigia che, senza di loro, ne aveva già tre in squadra. A partire dalla scorsa stagione, infatti, il General Manager Chris Henderson, uno dei maggiori esperti del salary cap MLS, ha dovuto gettare una bomba atomica sul roster di Miami, tagliando qualsiasi stipendio oltre un certo livello e ripartendo da giocatori a basso prezzo, come nel tentativo di sopravvivere nell’ombra in attesa di giorni migliori.

Quei giorni migliori sono finalmente arrivati. Con Leo Messi dovrebbero arrivare alcuni suoi vecchi amici, quasi sicuramente Busquets, come riportato dalle stesse fonti che hanno sempre avuto ragione sull’operazione Messi-Miami, mentre sugli altri mi permetto un certo scetticismo dato dal fatto che chi fa girare certe voci con ogni probabilità non è familiare con il tetto salariale della lega. Ma al di là di chi riempirà quegli slot, è importante sottolineare come le sanzioni contro la franchigia della Florida stiano per terminare e soprattutto come il lavoro del settore giovanile stia portando molti nomi interessanti – dal 2005 argentino-americano Benjamin Cremaschi al 2004 honduregno-americano David Ruiz – a contribuire in prima squadra. Quello che Messi rappresenta non è solamente il più forte giocatore della sua generazione e ancora uno dei migliori al mondo che decide di atterrare come da un’astronave aliena in MLS, ma un reset completo della stagione di Inter Miami, una ripartenza da zero che, se non annulla l’inizio di stagione terrificante, quantomeno lo mette in prospettiva. Come sottolineato su Substack da The Juanners Report, la vera stagione 2023 della MLS inizia ora, in questo mese di giugno, con tutte le scorie del pre-stagione smaltite e la possibilità per le franchigie di operare sui propri difetti nella sessione di mercato estiva.

In una rete, una delle più recenti subite dalla franchigia, la sintesi di come è andata la stagione di Inter Miami fino ad ora

 

Per la MLS il valore di un giocatore come Messi è evidente. Regala alla lega una visibilità mai avuta prima, è un’occasione più unica che rara per macinare soldi ed imporsi come un campionato non solo importante, ma competitivo: è giusto infatti ricordare che Messi, che appena sei mesi fa vinceva il mondiale come miglior giocatore del torneo, è anche intenzionato a rimanere nel giro della nazionale almeno fino alla Copa America 2024, che si svolgerà proprio negli Stati Uniti, e non è da escludere che possa provare ad allungare la sua carriera anche fino al prossimo mondiale. Molti hanno criticato il fatto che la MLS abbia fatto di tutto per portare l’argentino tra le proprie fila, ma si potrebbe anche sostenere che sarebbe incosciente per una qualsiasi lega non fare qualsiasi cosa in proprio potere per garantirsi un profilo di questo genere.

Ma Lionel Messi non è solamente una gallina dalle uova d’oro e non può limitarsi ad esserlo per una lega che dice di avere grandi ambizioni. La presenza dell’argentino rappresenta anche un’opportunità unica e irripetibile per far crescere il livello del campionato, per renderlo affascinante anche al di là di Messi. Come intenda farlo, che sia attraverso un aumento del salary cap o un’accelerazione a livello di contenuti di qualità sul MLS Season Pass – e in particolare sembra affascinante la partnership con i produttori di Drive To Survive e Tour De France: Unchained – non è ancora chiaro, ma è evidente che ci troviamo in un periodo di grandi bivi per la storia di questa lega. L’abbandono del sempre più in crisi modello di business delle tv locali, e il conseguente inizio della partnership decennale con Apple, con l’obiettivo di lanciare un nuovo modo di vendere e produrre lo sport professionistico, la crescita dei settori giovanili e della qualità dei calciatori prodotti, il traguardo raggiunto delle trenta franchigie, sono tutti punti di svolta dalla cui soluzione dipenderà il futuro della MLS, stretta tra le due diverse e potenzialmente contrastanti ambizioni di gareggiare con la Liga MX per il titolo di campionato più visto sul suolo statunitense e di diventare un elemento sempre più importante all’interno del mercato internazionale, magari come principale lega di sviluppo per i campionati europei riconosciuti come Top 5.

Altra questione interessante è quella del perché non sia stato ancora tecnicamente firmato il contratto e perché Messi stesso, nella sua Decision ai microfoni del Mundo Deportivo, abbia parlato di alcuni dettagli ancora da limare. Quei dettagli hanno proprio a che fare con la situazione salariale della franchigia, che ha al momento occupati tutti e tre gli slot da Designated Player disponibili. Il tema è quindi come riuscire a liberare fisicamente lo spazio all’interno della squadra per il contratto dell’argentino. Ci sono varie opzioni, come delineato dall’esperto di cap MLS Andrew Visnovsky, la più probabile delle quali è quella di abbassare l’impatto del contratto del brasiliano Gregore utilizzando TAM – per una spiegazione più dettagliata potete andare qui. Il potenziale problema di questo piano è che le sanzioni della lega riguardano principalmente una grossa riduzione del quantitativo di TAM a disposizione, e siccome la MLS non è trasparente nel dirci le varie situazioni salariali della franchigia, non è detto che ci siano abbastanza margini per completare questa specifica operazione. Altri piani B coinvolgono la cessione o la trade di uno dei tre DP – più probabilmente Rodolfo Pizarro – o l’inserimento in lista infortunati di Gregore, che toglierebbe il suo salario dal monte stipendi per il resto dell’anno ma costringerebbe a tenere fuori un giocatore – per di più fondamentale – che a settembre dovrebbe tornare sano. L’ultima opzione sarebbe, molto semplicemente, la decisione da parte della MLS di introdurre un nuovo meccanismo di spesa per tutta la lega, sia un aumento del cap o un altro getto di TAM o un quarto slot da DP, sulla cui probabilità è difficile esprimersi ma che certo sarebbe la preferita dai tifosi delle varie franchigie, anche quelli delusi dal lavoro della lega per aiutare una specifica franchigia a far atterrare Messi in Florida.

Un ultimo dettaglio da non sottovalutare: spettatori molto interessati dall’arrivo di Messi a Miami sono anche i vertici federali a cui recentemente la Pulce ha riempito la sala dei trofei. La federazione argentina ha recentemente iniziato ad implementare un piano decennale per la crescita del proprio brand, un piano che coinvolge molto direttamente non solo gli Stati Uniti, ma in particolare la Florida, sede di una consistente popolazione di immigrati argentini. L’AFA, infatti, sta iniziando a costruire a Miami una struttura d’allenamento che possa rappresentare la base dei loro sforzi statunitensi, con all’interno un ufficio per le questioni commerciali ma anche campi d’allenamento e strutture dedicate al reclutamento e all’allenamento dei prospetti di interesse nazionale sparsi per gli Stati Uniti. Pur essendo una comunità più ristretta rispetto ad altre che organizzano camp per giovani talenti negli USA come Messico e Honduras, infatti, l’Argentina sta investendo in maniera ancora più sensibile delle altre nazionali centroamericane, forse anche spinta dal successo di talenti di passaporto argentino come il già citato Cremaschi e il classe 2008 Maximo Carrizo, il più giovane giocatore a firmare un contratto da professionista in MLS.

In Florida, come in molte altre parti degli Stati Uniti, la vittoria dell’Argentina ai mondiali è stata non meno festeggiata che in Sud America

 

La storia del soccer statunitense è in primo luogo una storia di grandi e formidabili trasferimenti. In origine, quasi un secolo fa, fu il caso dello scozzese Alex McNab, il primo di una lunga lista di talenti arrivati dall’Europa alla ricerca di stipendi migliori e che portarono la FIFA ad intraprendere una guerra contro i club statunitensi per preservare la superiorità del movimento europeo. Poi, ovviamente, arrivarono i nomi che conosciamo tutti. Da Pelè, a Cruijff, a Beckham. Fino ad arrivare, oggi, a Lionel Messi. Si potrebbe dire che sono mosse inseribili perfettamente all’interno del nostro stereotipo di cosa siano gli Stati Uniti. Movimenti di immagine, buoni come una cipria di alta qualità, utili per coprire i grossi buchi piuttosto che dare sostanza. Almeno parzialmente, almeno per alcuni di questi, la descrizione potrebbe corrispondere ad una verità. Ma è vero, ed è evidente, che il trasferimento di David Beckham abbia sensibilmente migliorato la MLS, una lega che non sarebbe possibile immaginare come la conosciamo oggi se non fosse stato per l’arrivo del fenomeno culturale inglese. Ci sono abbastanza evidenze lasciate come tracce negli ultimi anni, che quando la MLS decide di essere ambiziosa, riesce grossomodo a portare a casa il risultato. Con la consapevolezza che Don Garber non è in possesso di una bacchetta magica, e che lo storico non conta niente se non si è in grado di trascinarlo nel presente ripetendo le buone azioni che ti hanno portato fino a quel punto, dunque, credo sia legittimo, da appassionato di MLS, guardare con fiducia al futuro che viene prospettato dall’arrivo di Lionel Messi. E nel frattempo cerchiamo di godercelo al meglio, e di non dare mai per scontato il suo talento.

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