MLS, Head Coach da formare: una strada obbligatoria

L’evoluzione che la Major League Soccer ha vissuto negli ultimi anni tocca sia aspetti manageriali, con una grandissima attenzione alla gestione da parte della Lega di città, squadre e calciatori, sia tematiche di natura tecnica, con una migliore qualità delle rose a disposizione degli allenatori. Tuttavia, senza grandi guide non nascerebbero stelle, motivo per cui il Top Management della MLS ha mosso passi importanti anche in questa direzione, sponsorizzando progetti funzionali alla formazione di allenatori professionisti, piccolo tassello dell’obiettivo principe per il Soccer: competere a livello mondiale. Abbiamo cercato di estrapolare i profili più interessanti tra gli head coach delle franchigie MLS, facendo un mix tra Nord America e Resto del Mondo.

Partendo dagli “indigeni”, c’è un gruppo di sei nomi che hanno in comune il periodo in cui sono stati protagonisti sul campo, osservando da dentro il processo di cambiamento del campionato nordamericano: Dominic Kinnear, Ben Olsen, Greg Vanney, Gregg Berhalter, Mike Petke e Pablo Mastroeni. Accomunati da buoni successi come calciatori a livello locale, questo gruppo ha vissuto da vicino il processo di nascita e prima trasformazione della MLS, quella in cui a New York c’erano i Metrostars, dove alla spavalderia di Eric Wynalda subentrò il talento di Claudio Reyna, quella che promuoveva inconsciamente il 14enne Freddy Adu, fenomeno social da Televideo, in cui si accumulavano le tante voci di un mercato in cui la spuntò il Benfica. Tuttavia, l’aver vissuto quasi dall’inizio questa evoluzione li ha aiutati sino ad un certo punto nel raggiungimento di vittorie come allenatori: 3 MLS Cup, 2 Supporter’s Shields, 1 US Open Cup, con il condimento di qualche playoff, non sono probabilmente il bottino che si aspettavano, e la professionalizzazione dell’attività può essere una marcia in più nella ricerca dei successi.

In particolare, alla ricerca della prima gioia c’è Pablo Mastroeni, passato da essere un buon difensore ad un allenatore che ancora deve trovare la quadra dei suoi Colorado Rapids: una mano in questo senso potrebbe trovarla nelle sue origini latine, visti gli esimi colleghi sudamericani. L’argentino Tata Martino e il colombiano Oscar Pareja hanno esperienza e qualche coppa in bacheca. In particolare, il primo può vantare una grande carriera, che l’ha visto pluricampione del campionato paraguagio, guida della nazionale albirroja e allenatore del Barcellona per una stagione: i suoi United di Atlanta sono partiti fortissimo, nonostante ora stiano vivendo una flessione di rendimento; El Generalito Pareja ha avuto un periodo di gavetta più lungo di quello del Tata, ma negli ultimi anni alla guida di Dallas ha colto i frutti, con la soddisfazione del conseguimento del maggior numero di punti nella regoular season e la vittoria nella coppa nazionale.

Per completare il giro del mondo, bisogna spostarsi verso l’Europa, e qui sono quattro i nomi che troviamo: Adrian Heath, Veljko Paunović, Carl Robinson e Patrick Vieira. Se dell’ultimo si conoscono i successi da calciatore e le motivazioni per cui sia l’allenatore dei Citizens di New York, meno note sono le storie degli altri tre. Accumunati dalla ricerca a fine carriera di un’avventura americana, Paunović e Robinson hanno trovato la sedia, rispettivamente, a Chicago e Vancouver. Il primo ha iniziato la propria nuova vita da allenatore a casa, guidando dal 2012 al 2015 le giovani nazionali serbe sino all’under 20, dopo aver messo via gli scarpini a Philadelphia: la vittoria del Mondiale U20 l’ha messo in luce e spinto la dirigenza di Chicago ad affidargli il roster. Il gallese Robinson, invece, ha convinto Steve Nash e soci dopo un paio d’anni come assistente allenatore: i risultati ad oggi non sono ottimali ma certamente reggere la rivalità con le agguerrite Montreal e Toronto non dev’essere semplicissimo; l’attuale quinto posto in Western Conference è comunque di buon auspicio per la conquista dei suoi primi playoff.

Infine, nell’ormai lontano 2006 Heath era convinto di poter allenare il Coventry per qualche anno: tuttavia, dopo essere stato scavalcato da Iain Dowie alla guida del club, nel 2008 decide di accettare l’offerta americana degli Aztex di Austin, oggi Orlando City, che lascia dopo la prima stagione in MLS per accettare la corte di Minnesota. Che sia la scelta giusta?

di Luca Innocenti


 

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