Rochester, la Green Bay del soccer che sogna la MLS

Nella National Football League, la massima espressione del football americano, c’è una Cenerentola che da quasi cento anni fa la parte della regina. È la franchigia dei Green Bay Packers, ultima delle “small town team”, può vantare il maggior numero di campionati vinti tra tutte le squadre della NFL, ben tredici, nonostante abbia sede in una cittadina del Wisconsin, regione dei Grandi Laghi, di poco più di novantottomila abitanti, che hanno soprannominato la città Titletown proprio in virtù delle conquiste dei Packers. Per gli amanti dello sport Green Bay è un po’ la realizzazione del sogno americano, rappresentato da quella popolazione rurale, lontana dalle grandi metropoli, da sempre ago della bilancia delle elezioni presidenziali e spesso snobbata dai sondaggi, ma non solo.

I Packers rappresentano infatti l’unico esempio nelle massime leghe sportive statunitensi di franchigia interamente di proprietà dell’intera comunità senza alcun grande azionista di riferimento nonostante, tra merchandising e diritti, la rivista Forbes indichi il suo valore in oltre due miliardi di dollari, ventiseiesima al mondo tra le società sportive.

Nel più economicamente modesto soccer a molte miglia di distanza, sempre nella macroregione dei Grandi Laghi, c’e una città il cui paragone con Green Bay non sembra azzardato. Il contesto è quello dello Stato di New York, sponda lago Ontario, e gli abitanti sono più del doppio di quelli di Green Bay anche se non possono contare di certo sulla stessa fama. La città è Rochester, seconda area metropolitana dello stato dopo quella della Grande Mela, divenuta economicamente importante grazie alla confluenza di vari corsi d’acqua che l’hanno resa uno snodo commerciale significativo. Frederick Douglass, schiavo afroamericano che scappato dal proprio padrone divenne un campione delle lotte abolizioniste, fondò nella città il giornale North Star e la sua tomba è fra i luoghi simbolo della città.

Un solo acuto nelle quattro leghe maggiori dello sport statunitense grazie ai Rochester Royals che nel 1951 vinsero un titolo Nba prima di traslocare qualche anno dopo a Cincinnati e approdare, dopo varie peregrinazioni, in California dove sopravvivono sotto il nome di Sacramento Kings. Una città comunque votata allo sport con numerose compagini nelle serie minori dei maggiori sport nordamericani tra i quali spicca il Rochester Red Wings, venti titoli nell’International League di baseball e che rappresentava un terreno fertile per il soccer, in pieno boom nell’America degli anni ‘60. Venne creata la franchigia dei Rochester Lancers che militò due anni nell’antica America Soccer League, perdendo il titolo del 1968 in finale contro i Washington Darts e vincendo l’anno dopo la classifica della Northern Division.

Il 1970 è l’anno decisivo per il rapporto tra i “rochesterians” e il gioco del calcio. I Lancers lasciano l’Asl per passare alla Nasl, la neonata lega che dopo varie vicissitudini con campionati concorrenti cercava di rilanciarsi come lega nordamericana di prima categoria. Con sei sole squadre ai nastri di partenza i Lancers vinsero la Northern Division e riuscirono ad alzare anche la coppa del campionato in una doppia finale che segnò la vendetta contro i Washington Darts. L’anno dopo, con l’ingresso dei New York Cosmos e delle franchigie canadesi i Lancers si ripeterono in Conference ma furono battuti in semifinale dai Dallas Tornado. In quegli anni, prima di Pelè, il brasiliano ad incantare la Nasl fu un tesserato dei Lancers, Carlos Metidieri, soprannominato “Topolino” all’italiana per la sua bassa statura unita alla velocità che sapeva imporre alle sue gambe. Trentatré goal e 15 assist in due stagioni gli fecero fare incetta di titoli personali, grazie anche alle qualità del suo coach, Sal DeRosa, originario di Pignataro Maggiore, provincia di Caserta, e con un passato di allenatore nello staff tecnico della Nazionale Militare Italiana. Del resto la città di Rochester vanta una comunità italoamericana tra le più vaste degli Stati Uniti e il proprietario dei Lancers era un altro italoamericano, Charles Schiano, che per qualche tempo sostituì in panchina l’albanese Alex Perolli. Per i Lancers seguirono altre otto stagioni in Nasl abbastanza incolori con un ultimo acuto nel 1977 dove vinsero la finale della propria divisione.

Il soccer dovette attendere altri sedici anni per ripresentarsi in grande stile a Rochester seppur partendo dalle serie minori. Correva l’anno 1996, prima stagione della Major League Soccer. Lo Stato di New York è rappresentato in condominio con il New Jersey dai Metrostars ma nel nord della regione la passione non è sopita. Ai lancieri si sostituisce il corno del rinoceronte, nascono i Rochester Raging Rhinos, dal 2008 solo Rhinos. Il giallo viene mantenuto mentre il blu è sostituito dal verde, anche se per le divise useranno anche il nero e il bianco. Lo stadio è il nuovo Frontier Field, casa dei Red Wings di baseball. L’impianto viene però inaugurato col soccer e quattordicimila rochesterians assistono all’incontro con gli Impact de Montreal. È l’inizio di una storia d’amore e grinta che dura ancora oggi.

Partiti dall’A-League in pratica hanno seguito tutte le denominazioni che ha avuto la serie fino a quella attuale, la United Soccer League, recentemente promossa a seconda categoria della piramide del calcio nordamericano. Vincono quattro campionati nel 1998, 2000, 2001 e 2015, quattro conference e due classifiche generali, ma è il 1999, l’anno dell’eclissi totale di sole, che la stella dei Rhinos comincia a splendere dal buio delle serie minori. La U.S. Open Cup è il torneo più antico e duraturo dell’universo calcistico statunitense, storie di pionieri, grandi campioni, dilettantismo e agonismo. Tre anni dopo aver perso la finale contro i D.C. United a Columbus, Ohio, i Rochester Rhinos diventano l’unico club dopo la fondazione della Major League ad aver vinto il trofeo pur non facendo parte della lega. Il 13 settembre due goal siglati da Doug Miller e Yari Allnut, in campo anche l’attuale coach dei Montreal Impact Mauro Biello, condannano i Colorado Rapids che possono contare su giocatori del calibro di Marcelo Balboa, Jorge Dely Valdes e Peter Vermes, attuale allenatore degli Sporting Kansas City.

“Se non puoi unirti a loro, battili”, recita una scritta sulle t-shirt dei tifosi dei Rhinos ma la febbre del calcio cresce così come la voglia di raggiungere l’Mls. Primo step da conquistare è uno stadio proprio destinato al soccer. Arriva nel 2006 e per qualche anno ospiterà anche gli incontri delle Western New York Flash, compagine del calcio femminile americano tra le cui fila ha militato anche la rochesterian Abby Wambach, due volte campionessa olimpica e vincitrice di un mondiale con la nazionale statunitense.

Purtroppo però il sogno di giocare nella Major League non si è ancora concretizzato e l’incertezza economica porta i Rhinos a cambiare varie proprietà, l’ultima nel 2016 quando a prendere le redini societarie sono David e Wendy Dworkin, azionisti di minoranza di quei Sacramento Kings che proprio a Rochester vinsero il primo e unico titolo Nba.

Un sogno, una speranza, un invito. Ad oggi i Rochester Rhinos sono più titolati delle due franchigie presenti in Mls a rappresentare lo Stato di New York che possono contare soltanto su due Supporter’s Shield conquistate dai Red Bulls. La città di Rochester è sicuramente più piccola delle realtà presenti nella lega, ma ha un tessuto economico importante, un’area urbana estesa e una storia fatta di voglia di emergere. È vero, spesso il tifo è influenzato dal fattore geografico, ma la simpatia e con essa il merchandising travalica tutto. Un invito, il paragone con i piccoli e nobili Green Bay Packers, ai dirigenti della Major League Soccer di non scartare a priori una expansion insolita ma legata ai risultati maturati sul campo facendo memoria che prima del Leicester, prima del Montpellier, prima del Wigan vincitore in FA Cup, ci furono quei ragazzi del ‘99 che dalle rive del Lago Ontario seppero sconfiggere le rapide del Colorado.


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