Esiste solo un Darlington Nagbe
Se chiedessimo a Darlington Nagbe quale è il trofeo preferito della sua carriera, risponderebbe quasi sicuramente con una di quelle banalità che solo gli atleti professionisti riescono a dire con una faccia seria e credendoci veramente: il mio trofeo preferito è il prossimo. E forse è proprio questo che separa chi riesce a raggiungere quel livello in una singola disciplina dal restante 99% della popolazione: riescono a cogliere qualcosa dietro l’apparenza della banalità che fa diventare un piattume movimentato, vi trovano un senso sincero, un’oncia di verità che possano instillare nel loro cervello e che vada oltre i libriccini motivazionali e l’anticamera di uno schema piramidale. Anche se dovessimo insistere, comunque, anche se lo incalzassimo con un “sì, ok, ma *sul serio*, qual è il trofeo preferito della tua carriera?” strappargli una risposta di bocca sarebbe tutt’altro che facile, e non per una sua riservatezza personale.
Il punto è che Darlington Nagbe ha scritto una discreta serie di pagine nella storia recente del soccer statunitense e non lo ha mai fatto con un posto in seconda fila, e d’altronde la storia familiare – il padre Joe è recordman di presenze nella nazionale liberiana, anche davanti al suo compagno di nazionale e futuro presidente del paese George Weah – sembra avergli indicato da sempre la via maestra da seguire. È dal 2010, quasi quindici anni, dal campionato NCAA vinto con gli Akron Zips, la sua università locale, che Darlington Nagbe vince trofei d’importanza nazionale, eppure francamente non sarebbe così assurdo dire quanto sta vivendo negli ultimi mesi rappresenti, se non il suo picco, quantomeno la prosecuzione del suo prime.
Sono lontani i tempi in cui quella che è forse la più forte squadra di college soccer nella storia recente – Caleb Porter come allenatore e oltre a Nagbe una serie di veterani MLS come Scott Caldwell, Zarek Valentin, Darren Mattocks e Perry Kitchen – alzava il trofeo, il primo nella sua storia, in finale contro Louisville. All’epoca Nagbe era un giocatore molto diverso da quello che è oggi. Sarebbe entrato in MLS, seconda scelta assoluta al SuperDraft 2011, come un’ala destra, e qui avrebbe speso la sua prima parte della sua carriera. Tredici anni dopo il suo ingresso nei professionisti, Darlington Nagbe è un centrocampista centrale, forse il miglior mediano di tutta la Major League Soccer, ha vinto quattro MLS Cup – uno di dieci giocatori nella storia ad aver raggiunto questo traguardo – e, ad oggi, è partito titolare in 107 partite consecutive di regular season MLS – oltre che in tutti gli scorsi playoff, e nella recente avventura dei Crew in CONCACAF Champions Cup.
Decent goal by Darlington Nagbe for Columbus Crew #CLBvCHI pic.twitter.com/hFW42FNtS4
— James Nalton (@JDNalton) August 21, 2020
Incidentalmente, ha anche una collezione di gol da fuori area invidiabile
La continuità, la quasi totale assenza di partite passate in panchina o in tribuna, la correttezza di un giocatore quasi mai squalificato e la solidità di un fisico quasi mai infortunato sono un tratto che caratterizza la carriera di Nagbe fin dall’inizio, tanto che ancora oggi è lui a detenere il record di partite consecutive giocate ai Portland Timbers, squadra che ha lasciato nel 2017. Quello che rende particolare, unico, e forse capace di eccellere anche rispetto a tutte le sue versioni precedenti il Darlington Nagbe del 2023/2024 è il suo inserimento all’interno di un contesto del tutto nuovo, il sistema tattico forse più innovativo dell’intero panorama calcistico, quello di Wilfried Nancy.
Nagbe è sempre stato un giocatore che ha fatto della sua resistenza al pressing e della sua capacità di trattenere la palla sotto pressione il suo principale punto di forza. Il suo controllo in spazi stretti, la fluidità dei suoi movimenti con o senza il pallone – risulta difficile anche solo distinguere gli uni dagli altri – lo hanno reso fin dai suoi esordi un giocatore speciale. Anche prima dell’arrivo del tecnico francese, Nagbe era il segreto di tre reparti di centrocampo capaci di vincere la MLS Cup – ad Atlanta, luogo dove ha vinto il suo secondo anello nel 2018, è dal suo addio nella stagione immediatamente successiva a quella del titolo che stanno cercando un rimpiazzo, e forse solo adesso possono dire di aver trovato una soluzione – ma la collaborazione con Nancy ha saputo spingere il livello del nativo liberiano se possibile ad un gradino ancora superiore, anche se di solito, all’alba dei trentaquattro anni, un centrocampista dovrebbe calare. Una statistica, pubblicata dal CIES su dati di SkillCorner, piazza Darlington Nagbe al primo posto nelle principali leghe del pianeta per percentuale di ritenzione del pallone sotto forte pressione avversaria, davanti a nomi come quelli di Rodri e Frenkie De Jong, l’eccellenza assoluta nella sua posizione – e, qualcuno potrebbe sostenere nel caso dello spagnolo, forse il miglior giocatore al mondo in questo momento.
Darlington Nagbe of Columbus Crew tops this list of players for % of ball retention under high pressure, from @CIES_Football and @SkillCorner #Crew96 pic.twitter.com/fbp9sNk7Bw
— James Nalton (@JDNalton) February 7, 2024
Nagbe è non solo nell’élite MLS, ma in quella mondiale per quel che riguarda la gestione del pallone sotto pressione
Con Nancy allenatore, Columbus restringe sensibilmente il campo, cercando il possesso in spazi stretti così da far collassare la difesa avversaria intorno al pallone e liberare spazio per gli esterni sulla fascia opposta, che vengono spesso serviti con veloci cambi di gioco o filtranti a spezzare le linee avversarie di uno dei tre centrali. In questo sistema, il doppio pivot formato da Nagbe e da Aidan Morris – esploso proprio dopo aver sostituito Nagbe, positivo al Covid, durante la finale di MLS Cup 2020 – è fondamentale per tenere il pallone in quegli spazi stretti e creare praterie di campo per gli esterni, andando spesso ad occupare il mezzo spazio tra il difensore centrale e la linea laterale, quasi come un terzino a piede invertito. Sono spesso proprio Nagbe e Morris ad avere la responsabilità di azionare questo meccanismo atto a creare delle cose che assomigliano molto a dei contropiedi partiti da situazioni di possesso, con i loro cambi di gioco, specialmente quando ricevono la palla dai difensori centrali, a cui Nancy chiede di tenere il pallone con pazienza, rallentando fino a ridicolizzare il concetto stesso di velocità così da attirare la pressione avversaria e disorganizzare la loro struttura.
In questo sistema, Nagbe è usato meno come motore di transizioni offensive, per le sue capacità di progressione con la palla anche in presenza di pressione avversaria, e più per le sue qualità in possesso e la fluidità dei movimenti che permette di cogliere di sorpresa le difese avversarie. Columbus è anche una squadra molto attiva nel pressing, con entrambi i centrocampisti che svolgono un ruolo fondamentale come strumento privilegiato di recupero del pallone. Nagbe e Morris usano il primo passaggio verticale in seguito alla pressione alta dei Crew come trigger per il recupero del pallone. Anche se sono la penultima linea difensiva della squadra, Nancy chiede loro di pensare e difendere principalmente in avanti, che è anche la ragione per cui Columbus può essere vulnerabile su alcuni lanci in profondità o laser pass ben eseguiti.
Un gol di Nagbe, contro la sua ex squadra, nato dal pressing
A questo punto credo sia arrivato il momento di spiegare il mio hot take: Darlington Nagbe è il miglior centrocampista nella storia del soccer al maschile ed uno dei cinque migliori calciatori mai prodotti da questa nazione. Lo so, sembra quasi assurdo da dire di un giocatore che ha raccolto venticinque presenze e una rete con lo USMNT – Michael Bradley e Claudio Reyna, per dirne solo due, sono oltre quota cento – ma il percorso del centrocampista di Columbus con la nazionale ha vissuto delle condizioni estremamente specifiche e di cui non si può non tenere conto che rendono qualsiasi paragone puramente numerico insostenibile. Intanto Nagbe non è diventato cittadino statunitense fino al settembre 2015 quando, per capirci, aveva l’età di Weston McKennie, che di presenze in nazionale ne ha cinquantuno. La seconda questione, e decisamente la più importante, è che a partire dal 2019 Darlington Nagbe ha incominciato a rifiutare le chiamate della nazionale, tirandosi fuori volontariamente dalla contesa, con l’intenzione di spendere la pausa FIFA prestando maggiore attenzione e passando più tempo con la sua famiglia.
La scelta è una che ha profondamente senso per una persona come Nagbe, cresciuto figlio di un calciatore, nato in Liberia ma fuggitovi a cinque mesi, insieme alla madre, come rifugiato, impegnato a seguire il padre nella sua carriera da calciatore fino agli undici anni e poi stabilitosi negli Stati Uniti mentre Joe Nagbe terminava la carriera, soprattutto in Indonesia. L’esperienza diretta di cosa possa comportare per dei figli vedere il logo genitore partire ogni mese per andare in nazionale, o anche solo per giocare a livello di club, lo ha spinto a privilegiare sempre la famiglia. La mia impressione è che un giocatore di questo livello, ancora oggi, se solo lo volesse, sarebbe facilmente titolare in questa nazionale statunitense. Può suonare controverso, ma per quanto siano talentuosi e giochino sempre bene con lo USMNT, non riesco a sostenere che Weston McKennie, Tyler Adams, Giovanni Reyna, Yunus Musah e tutti i centrocampisti nella rosa di Gregg Berhalter siano, alla pubblicazione di questo pezzo, giocatori migliori di Darlington Nagbe, e la scelta di essere sempre rimasto in MLS anche e soprattutto per le questioni familiari sopra citate non può essere considerata una sua colpa.
Quando finirà la sua carriera Darlington Nagbe sarà sicuramente un hall of famer al primo turno di eleggibilità, e credo si possa dire già da adesso, senza aspettare qualsiasi altro colpo possa tirare fuori, che quando parliamo di lui parliamo del miglior giocatore nella storia della MLS, per longevità, continuata eccellenza e, banalmente, anche solo per il livello del suo picco, oltre che per la durata. Se ha pochi riconoscimenti individuali – tra cui, comunque, un Hermann Trophy come miglior giocatore NCAA nel 2010 – è perché sia il Best XI – zero apparizioni – sia l’All-Star Game – due convocazioni – sono pesantemente orientati verso centrocampisti più offensivi, non riconoscendo l’impatto di giocatori come lui – l’ex compagno Diego Chara ha un solo ASG e un solo Best XI.
Per il resto, i trofei di squadra possono raccontare solo una parte, molto più piccola di quanto il numero comunque consistente di anelli possa far pensare. Anche senza volerne fare una questione di graduatorie: gli Stati Uniti non avevano mai prodotto un tipo di centrocampista con le caratteristiche di Darlington Nagbe. Dopo di lui, anche grazie all’aumento degli investimenti nello sviluppo dei settori giovanili, dalla US Soccer Developmental Academy alla MLS Next – investimenti di cui comunque Nagbe non ha mai potuto beneficiare, essendosi sviluppato in un sistema scolastico che dopo di lui non ha saputo toccare vette altrettanto alte – sono usciti tanti centrocampisti che qualcuno potrebbe definire moderni, estremamente press-resistant e abilissimi nello stretto, da Keaton Parks al compagno di reparto di Nagbe Aidan Morris, fino ad arrivare a prospetti in uscita dai settori giovanili come Jude Terry e Matthew Corcoran. Sono passati ormai quasi quindici anni dal giorno in cui Darlington Nagbe è diventato un nome di rilievo nel panorama statunitense. Ancora oggi, lui non accenna a smettere, e in questo sistema, sembra anche difficile intravedere un orizzonte raggiungibile.
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