Colorado, Howard è tornato: MacMath ostaggio

Il 4 luglio è una data fondamentale negli Stati Uniti. E’ l’Independence Day, un giorno di orgoglio nazionale riconosciuto in tutto il mondo. L’ultimo 4 luglio, però, è stato un giorno ancora più particolare per la Major League Soccer (MLS) che ha riabbracciato tra le proprie fila un monumento del soccer americano come Tim Howard. Il 37enne annunciato a marzo ha iniziato la propria avventura con la maglia dei Colorado Rapids con gli uomini di Mastroeni primi nella Western Conference e soprattutto con la miglior difesa. Un evento per tutti, non solo calcistico, con la lega americana che ha deciso di trasmettere in streaming il ritorno “a casa” del portiere della Nazionale. Il “clean sheet” contro i Timbers è stato d’obbligo, poi a Vancouver è arrivato un 2-2 con un miracolo di Howard, ma in tutto questo c’è un ragazzo che ha perso il posto ingiustamente: Zac MacMath. Lui fino al 4 luglio era a difesa della porta dei Rapids e le qualità le aveva dimostrate sul campo.

COMMERCE CITY, CO - JULY 4: Colorado Rapids goalie Tim Howard yells a direction at a teammate during the first half of the game against the Portland Timbers on July 4, 2016 at Dick's Sporting Goods Park. (Photo by Michael Reaves/The Denver Post)

La mossa di portare Howard in Colorado può essere più o meno vincente, ma è chiaro che sia stata più una mossa di marketing della lega e non solo piuttosto che una necessità tecnica per la franchigia di Mastroeni. La MLS ha usato e userà il nome del portierone nazionale per cercare di vendere più biglietti della partita, più merchandising e chi più ne ha più ne metta. Tutto lecito con un 37enne che guadagnerà 2,3 milioni di dollari all’anno fino ai 40 anni (8 in tre anni). Contestabile, invece, la situazione del quasi 25enne MacMath.

Le qualità per essere un ottimo portiere di MLS e chissà, non solo, le ha dimostrate sin dal suo esordio nella lega americana nel 2011 con la maglia dei Philadelphia Union dove ha fornito ottime prestazioni nei quattro anni in cui è rimasto in Pennsylvania. Nel 2014 è diventato il portiere più giovane a raggiungere le 100 partite da titolare in MLS e nel 2015 ha sostituito Irwin ai Rapids. Poi la svolta con l’annuncio a marzo di Tim Howard: “Sono dispiaciuto sinceramente – ha commentato MacMath lo scorso marzo a Goal.com -. Ovviamente l’arrivo di Howard significa che la società non mi ritiene all’altezza di essere il loro portiere per il futuro. Giocherò meno.

Lavorare con Howard è un privilegio e imparerò molto da lui, ma alla fine dei conti vorrei giocare e migliorare ogni giorno in campo piuttosto che in panchina. Con Howard qui ovviamente non succederà”.

Una sincerità e un’onestà intellettuale che nel calcio europeo abbiamo perso da tempo che però non ha aiutato MacMath a prendere una strada diversa nella sua carriera, almeno non per adesso. Per quanto dimostrato in questi cinque anni, prima a Philadelphia e poi quest’anno coi Rapids, MacMath merita di giocare titolare altrove piuttosto che ristagnare all’ombra di Howard. Mastroeni dovrebbe consentirgli di andare via piuttosto che tenerlo ostaggio di una leggenda, ma molto probabilmente non accadrà. Dopo le prime sedici partite da titolare, con tanto di miglior difesa anche per merito suo, la società non gli ha concesso né un trade né un prestito, preferendo l’ingordigia di qualità in porta piuttosto che favorire la crescita di un giocatore importante. Un avvertimento scomodo anche per il futuro.


 

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