Tra i pali della Nazionale USA

La Nazionale Usa dall’inizio degli anni ‘90 è tornata ad essere protagonista nei grandi tornei internazionali (escluso purtroppo il Mondiale 2018, dove gli Stars & Stripes hanno colpevolmente mancato al qualificazione). In queste tre decadi si sono viste buone squadre e altre meno, ma in un ruolo  si è sempre potuto contare su soluzioni di alto livello: il ruolo di portiere.

Sul finire degli anni ‘80 la federazione Statunitense ha impostato una strategia particolare, in vista delle qualificazioni per il mondiale italiano del 1990: mettere sotto contratto diretto i migliori giocatori, come se fosse un club, in modo da ottimizzare gli sforzi ed ottenere una qualificazione fondamentale, che mancava dal 1950 (il mondiale della “Storica” vittoria 1-0 sui maestri inglesi, con Frank Borghi tra i pali). La qualificazione era fondamentale anche perché la FIFA minacciava di togliere l’assegnazione di USA ‘94 in caso di ulteriore fallimento.

La scelta di rendere la nazionale una sorta di club, era dovuta anche alla mancanza di un campionato Nazionale (dopo la fine della NASL), in quanto la Major League Soccer avrebbe visto la luce solo nel 1996.

Tra i pali di quella Nazionale, guidata dal CT Bob Gansler, si sviluppò un dualismo per il ruolo di portiere titolare. Inizialmente fu designato David Vanole, già titolare della Nazionale Olimpica del 1988, che giocò buona parte della prima parte del quadriennio che portava a Italia ‘90, ma nel corso del 1989, nonostante un rigore parato nel recupero di un match con la Costa Rica, a causa di attriti contrattuali con la federazione e alle difficoltà a controllare il suo peso, perse lo starting spot a favore di quello che diventerà una delle icone calcistiche statunitensi degli anni ‘90: Tony Meola, allora ventenne. Il momento decisivo per la scelta di Gansler fu una tournée giocata in Italia. Dopo un’amichevole con la Roma, vinta 4-3 in cui Vanole concesse tre gol evitabili, il CT designò Meola come titolare, non tornando più sulla sua decisione. Il terzo portiere della spedizione fu Kasey Keller, altra futura leggenda del soccer.

Il mondiale italiano si concluse in fretta con tre sconfitte, per una nazionale giovane che però riuscì a ritornare sul palcoscenico più prestigioso e pronta ad affrontare l’avventura del mondiale casalingo di quattro anni dopo.

Si arriva quindi a Usa 94 con Meola titolare inamovibile e capitano della squadra, con la sua iconica coda di cavallo. David Vanole è uscito dal giro della Nazionale, già nell’89 aveva partecipato ai mondiali di Futsal, con terzo posto finale, e poi si era dato al Beach Soccer, mentre Kasey Keller fu ignorato dal nuovo CT, Bora Milutinovic. Come backup di Meola furono convocati Brad Friedel e Juergen Sommer. Gli Usa disputarono un buon mondiale, superando il girone e uscendo agli ottavi, sconfitti 1-0 dal Brasile futuro campione.

Dopo il mondiale americano, Tony Meola prese però una decisione che di fatto porterà alla fine della sua titolarità in nazionale nonostante la giovane età (25 anni). Il portierone americano decise di passare all’altro Football, quello americano, tentando la carriera da Kicker nei New York Jets. La sua avventura dura solo l’arco di una pre-season, e poco dopo decise di tornare al Soccer, ma dopo le accuse di “tradimento” rivoltegli, non riguadagnerà più il ruolo di titolare indiscusso della Nazionale.

Durante il ciclo che portò al Mondiale Francese del 1998, la Federazione scelse come CT Mark Sampson, ex vice di Bora Milutinovic. La sua scelta tra i pali fu principalmente rivolta verso Kasey Keller, già backup di Meola nel ‘90, mentre i suoi vice furono Brad Friedel e Jurgen Sommer. Le riserve di Meola quattro anni prima. Francia ‘98 fu però un disastro per la compagine americana, con tre sconfitte, compresa quella con l’Iran, e nessun punto ottenuto. Al mondiale, Keller giocò le prime due gare, mentre la terza fu giocata da Friedel.

Dopo il fallimento francese, assunse il ruolo di CT Bruce Arena, uno dei migliori allenatori americani. Il dualismo tra Keller e Friedel continuò anche sotto il nuovo coach, ma stavolta il ballottaggio in vista del mondiale nippo-coreano del 2002 fu vinto da Brad Friedel. Come terzo portiere della spedizione tornerà una vecchia conoscenza: Tony Meola. Il mondiale 2002 si rivelò come una dei punti più alti della storia del calcio statunitense (esclusa la semifinale del 1930). Gli americani superarono a sorpresa il girone di ferro con il Portogallo dei vari Figo, Rui Costa e Vitor Baia, e la Corea del Sud padrona di casa. Gli americani sconfissero 3-2 i lusitani, pareggiarono 1-1 con i coreani e persero 3-1 con la Polonia, con Friedel che parò due rigori nelle ultime due partite, diventando il primo portiere nella storia dei mondiali a parare due rigori nei tempi regolamentari della stessa edizione. Agli ottavi ci fu lo scontro con gli arci-rivali del Messico, e gli statunitensi vinsero due 2-0 con gol di Brian McBride e Landon Donovan. Il sogno americano fu interrotto ai quarti di finale, non senza recriminazioni, contro la Germania, finalista del torneo, di Oliver Khan (miglior portiere della competizione) e Michael Ballack. I tedeschi vinsero 1-0, con rete dello stesso Ballack, ma gli americani dominarono gran parte della partita, con il numero 1 tedesco autore di una serie di parate incredibili e un fallo di mano sulla linea di Frings su spaccata di Gregg Berhalter.

Prima del mondiale Germania 2006, ancora con Arena CT, Friedel lascia la nazionale e a contendersi il ruolo di primo portiere si ritrovano l’eterno Keller, e il nuovo che avanza, Tim Howard, portiere del Manchester United. Alla fine a spuntarla sarà il veterano alla sua quarta rassegna iridata, mentre il terzo portiere fu Marcus Hahnemann. Purtroppo gli americani non ripeterono l’exploit di quattro anni prima e furono eliminati già nella fase a gironi, racimolando un solo punto, tra l’altro contro l’Italia futuro campione.

Dopo la delusione Arena lascia l’incarico, sostituito da Bob Bradley. Con lui Howard diventa titolare fisso. E’ lui il numero uno nella Gold Cup del 2007 (vinta contro il Messico), e nella cavalcata americana in Confederations Cup 2009. Gli statunitensi realizzeranno durante il torneo uno dei più grandi upset della storia recente, sconfiggendo 2-0 la Spagna campione europea in carica e vincitrice del mondiale l’anno dopo. Purtroppo la corsa si ferma a pochi metri dal traguardo, in quanto nella finale del torneo contro il Brasile, dopo un primo tempo chiuso in vantaggio 2-0, furono sconfitti 3-2.

Al mondiale 2010 in Sudafrica, Tim Howard, ora all’Everton, è quindi il titolare, supportato da altri due portieri che giocano nella terra d’Albione: Brad Guzan, portiere dell’Aston Villa, e ancora Marcus Hahnemann del Wolverhampton. Gli Statunitensi superano il girone grazie a un gol negli ultimi minuti di Landon Donovan nell’ultima partita del girone contro l’Algeria. Il cammino si interruppe però al turno successivo contro il Ghana, con una sconfitta 2-1 ai tempi supplementari.

Nel quadriennio successivo il Ct Juergen Klinsmann punta ancora su Tim Howard, con Brad Guzan che continua nel suo ruolo di vice. Dal fronte Mls emerge invece come terzo portiere Nick Rimando, estremo difensore del Real Salt Lake. Nel 2014 in Brasile, gli americani sono inseriti in quello che molti definiscono il “girone della morte”, con la Germania, poi vincitrice del titolo, il Portogallo di Cristiano Ronaldo, che due anni dopo vincerà l’Europeo, e il Ghana, giustiziere proprio degli americani quattro anni prima. Gli Stars and Stripes riuscirono a passare il turno grazie alla vittoria sugli africani e al pareggio coi lusitani. Negli ottavi ci fu lo scontro con il Belgio. In questa partita Tim Howard entrò nella storia diventando il portiere con più parate in una singola partita del mondiale, con 16 interventi. Purtroppo lo sforzo non sarà sufficiente a garantire il passaggio del turno, con i belgi vittoriosi 2-1 ai supplementari. Come piccola consolazione il portierone americano diventerà oggetto di numerosi meme #things_that_Tim_Howard_can_save.

Dopo il mondiale Brasiliano, Howard fa un passo indietro (temporaneo) dalla Nazionale, consegnando le chiavi della porta a Guzan. Con il rientro dell’ex portiere dell’Everton nei ranghi della nazionale durante le fallimentari qualificazioni per il mondiale russo del 2018, i due si alterneranno sia durante la prima fase, con Klinsmann Ct, che durante la seconda parte delle qualificazioni con il ritorno di Arena, senza che nessuno dei due risultasse il chiaro vincitore del dualismo.

Dopo la mancata qualificazione, la Nazionale ha iniziato un periodo di rinnovamento della rosa, sia sotto il CT ad Interim Dave Sarachan, che sotto il nuvo Head Coag Gregg Berhalter.

Nell’ultimo periodo si sono affacciati alcuni volti nuovi anche tra i pali della Nazionale: Bill Hamid dei DC United, Sean Johnson dei New York City Fc e soprattutto Zack Steffen, ex portiere dei Columbus Crew, ora al Fortuna Düsseldorf, ma di proprietà del Manchester City. Steffen si è conquistato i gradi da titolare a suon di grandi prestazioni e la federazione spera che sia lui a raccogliere l’eredità dei mostri sacri che lo hanno preceduto nella difesa della porta Stars and Stripes. Le premesse ci sono, se riuscirà a rimanere in salute (durante la stagione in corso ha subito una serie di infortuni che lo hanno in parte condizionato) e continuerà a giocare con continuità (è importante che non si ritrovi a fare il secondo, ma che continui a crescere giocando, fattore importantissimo per un portiere di 25 anni), il futuro della porta della Nazionale Usa è in buone mani.


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