Intervista: i tifosi di LAFC ci spiegano la loro scelta

Quando, nel 2014, il Chivas USA, squadra dell’area metropolitana di Los Angeles affiliata al messicano Club Deportivo Guadalajara, cessò la sua attività abbandonando la MLS, parecchi tifosi persero il punto di riferimento della propria passione calcistica. Alla “città degli angeli”, però, fu garantita la possibilità di creare e iscrivere al campionato una nuova compagine. Per cui, dalle ceneri dei Chivas nacque il Los Angeles Football Club.

Il LAFC ha debuttato in MLS proprio quest’anno. Sin dalla prima gara, ancor più che per i buoni risultati conseguiti sul campo con due vittorie nelle prime due trasferte, la nuova squadra di Los Angeles è balzata agli onori delle cronache – soprattutto quelle del vecchio continente – per la straordinaria partecipazione del suo pubblico. Un vero e proprio fenomeno che ha portato a chiederci: cosa motiva una tale passione per una squadra nata solo di recente, apparentemente dal nulla? Per soddisfare la nostra curiosità abbiamo quindi deciso di andare direttamente alla fonte intervistando alcuni dei supporter nero-dorati.

Gli ultras del LAFC si chiamano 3252. La scelta del nome è molto suggestiva e sta a indicare che ci sono 3.252 posti nella sezione dello stadio a loro riservata. Inoltre, la somma dei quattro numeri è 12, numero che è la metafora dei tifosi come dodicesimo uomo in campo al fianco dei calciatori. Sul loro sito scrivono di voler unire sotto la propria bandiera tutti quei tifosi che, con il loro incessante supporto durante le partite, vogliono garantire alla squadra “un impareggiabile vantaggio quando il nostro Los Angeles Football Club scende in campo”. Ricardo Escutia è vicepresidente dei 3252 e fa parte dei District 9, uno dei gruppi affiliati. Quando indossa i colori della sua squadra del cuore, baschetto in testa, pronto alla “battaglia” fatta di cori e inni da stadio, lo chiamano “Lord Commander”. “La città di Los Angeles ha una grande popolazione di tifosi di calcio, che è in continua crescita – ci racconta – Prima del LAFC, ero stato da sempre un supporter dei Chivas USA. Quando la squadra cessò di esistere, sin da subito noi tifosi fummo accolti a braccia aperte dal LAFC che mostrò immediatamente di voler sposare la nostra cultura e passione”.

I District 9, in effetti, si formarono dieci anni fa ed in origine erano ultras dei Chivas USA. “Dopo la loro dismissione – continua Ricardo – abbiamo deciso di mettere la nostra esperienza e la nostra passione al servizio del LAFC”. Un altro dei principali rappresentanti del gruppo, Julio Chiva Mayor Ramos, ci spiega che il loro nome deriva dalla zona “dove si sta costruendo lo stadio, cioè il nono Distretto di Los Angeles, e vogliamo che si identifichi con la squadra al 100%”. Sin dall’inizio, secondo Julio, il LAFC ha avuto il merito di cogliere “un’opportunità unica per cominciare da zero qualcosa di completamente nuovo e sorprendente, presentando un progetto di squadra che, per gli ‘angelinos’ che amano il calcio, è davvero promettente”.

La prevedibile obiezione che viene fatta – anche da chi vi scrive – ai tifosi della neonata compagine è che in realtà la città avrebbe già da tempo una squadra a rappresentarla nella MLS, cioè i Los Angeles Galaxy, che sono oltretutto uno dei dieci membri fondatori della lega. Per cui, perché invece non tifare Galaxy? Julio e Ricardo, ricordando l’accesa rivalità ai tempi dei Chivas, sono concordi nell’affermare che i Galaxy, che prima giocavano in casa a Pasadena e adesso nella città di Carson, “hanno sempre avuto Los Angeles solo nel nome, non avendo mai rappresentato, di fatto, la cultura calcistica della città, mentre il LAFC è stato inclusivo sin dall’inizio e ha capito perfettamente che la demografia di Los Angeles è molto diversificata”.

Michael Parker, un altro dei nostri interlocutori, confessa una timida simpatia, in passato, per i “cugini”: “li tifavo, sì, ma certamente non come tifo oggi LAFC. Anche perché i Galaxy sono nati nel 1996, quando il calcio negli USA non era neanche minimamente vicino al livello di popolarità che ha oggi. Mi interessavo ai loro risultati perché includevano Los Angeles nel loro nome ma non ho mai fatto l’abbonamento allo stadio. Oltretutto sentirai che molti di noi li chiamano ‘Carson Galaxy’ perché non giocano nemmeno qui in città. Poi non mi sono mai piaciuti i loro colori e, soprattutto, ho sempre odiato il nome ‘Galaxy’. Una squadra dovrebbe portare il nome della propria città, come in Europa, e non qualche stupido nickname come si fa qui in America”.

Pur cominciando a comprendere meglio le origini del tifo per il LAFC, a questo punto, chiediamo a Julio se la campagna di marketing messa in piedi dal nuovo franchise possa avere, anche minimamente, influito nella sua scelta e in quella dei suoi amici, ma lui lo esclude: “assolutamente no, ed il bello di questo progetto è che ci abbiamo creduto tutti sin dall’inizio ed abbiamo lavorato come una comunità per renderlo possibile! Io ed il mio amico Jose, per esempio, siamo gli unici fan della storia del club ad essere stati presenti alla conferenza stampa in cui fu annunciata la creazione del LAFC”.

Ad ogni modo, se è vero che la passione di questi tifosi è genuina tanto quanto quella di un fan della Serie A o della Premier League, è comunque altrettanto certo, e comprensibile, che qualcuno di loro si sia avvicinato alla nuova squadra grazie alle strategie comunicative del club. Per esempio, Michael dà merito ai dirigenti di “aver presentato il nuovo progetto alla perfezione e di aver reso il club facilmente accessibile. E’ difficile diventare un supporter di una squadra che non ha ancora una rosa di giocatori ma la dirigenza sapeva che Los Angeles è una città profondamente sportiva ed aver fatto sì che alcuni dei nostri più amati eroi dello sport, come Magic Johnson, Mia Hamm e Nomar Garciaparra [tutti facenti parte della cordata di investitori del club, nda], diventassero il volto del nuovo franchise è stato geniale. Hanno creato una grande aspettativa anche accettando degli acconti molto piccoli per l’acquisto dell’abbonamento stagionale”.

Marketing a parte, però, Michael ci dà anche un’interessante chiave di lettura sulle ragioni più affettive della scelta del nuovo club di Los Angeles da parte dei suoi tifosi: “prima di tutto perché siamo orgogliosi di questa zona della città, ‘Downtown LA’, dove vi sono alcuni dei posti più iconici di Los Angeles, come il L.A. Coliseum, il Museo di Storia Naturale e l’Università della California del Sud. Si tratta di un’area che per molti anni è stata infestata da criminalità e sporcizia e che è stata riqualificata, a partire dal 1999, con l’apertura dello Staples Center. E questo ha rafforzato il senso di appartenenza di chi è nato qui ma anche di coloro che hanno scelto questo quartiere per vivere”. Prendendo ad esempio proprio il senso di appartenenza che noi europei sentiamo nei confronti della squadra che, da bambini, abbiamo deciso di tifare, aggiunge: “adesso anche noi ‘angelinos’ possiamo avere, come voi, qualcosa che sentiamo davvero nostra. Per anni, chi è cresciuto in questo quartiere, sognava di essere parte integrante, in qualche modo, di questo bellissimo gioco. E con il LAFC abbiamo finalmente avuto la nostra opportunità. Poi, il fatto che lo stadio sia raggiungibile con un breve spostamento in metro rende le cose ancora più facili”.

Come per ogni tifoseria del mondo, di fatto, anche per i fan del LAFC lo stadio rappresenta un fondamentale punto di aggregazione, il fulcro della propria passione ed il posto con cui identificarsi e in cui sentirsi a casa quando si indossano i propri colori. “Sin dal primo giorno, abbiamo sensibilizzato il Presidente sul fatto che uno stadio a Downtown Los Angeles sarebbe stato cruciale per il successo del club”, ricorda Julio. “Henry Nguyen, il proprietario del LAFC, mi chiese cosa potesse fare per far funzionare questo progetto – aggiunge Ricardo – e gli dissi che la posizione dello stadio sarebbe stata un fattore centrale del progetto, grazie al quale il LAFC sarebbe stato percepito come una vera squadra di Los Angeles”. Paragonandolo allo stadio dei Galaxy a Carson, che “è circondato da case e al massimo trovi un McDonald’s lì vicino”, Michael riconosce anche che il tempismo per la costruzione del Banc of California Stadium “è stato perfetto, dato che la metro è stata costruita solo qualche anno prima e oggi collega le spiagge con Downtown, dove puoi anche trovare ottimi ristoranti e locali di ogni genere”.

Per presentare una squadra competitiva alla prima stagione in MLS, i dirigenti del LAFC hanno ingaggiato l’esperto Bob Bradley, ex c.t. della nazionale statunitense e primo americano ad aver mai allenato nella Premier League. E, oltre ad aver assemblato una rosa di buon livello in cui spiccano, per esempio, la giovane promessa uruguayana Diego Rossi e il rodato attaccante messicano con esperienze in Inghilterra e Spagna, Carlos Vela, lo staff tecnico continua il lavoro di scouting alla ricerca di nuovi talenti. Un altro tifoso, Jude Bernard Perrin, ci racconta per esempio di suo nipote, scoperto dagli osservatori del LAFC e aggregato alla squadra da qualche mese: “sono venuti a vederlo ad un torneo a Trinidad dove è stato il miglior giocatore, vincendo la Scarpa d’Oro. La società lo ha trattato benissimo, sanno proprio come far sentire a proprio agio i calciatori. I dirigenti del LAFC sanno quello che fanno, questo è un gruppo di veri professionisti. E gli ultras sono sempre al loro fianco con la loro passione e il loro entusiasmo, mostrato persino alla presentazione dell’allenatore Bob Bradley”.

La stagione della nuova squadra di Los Angeles è iniziata con due vittorie fuori casa: un sorprendente 1-0 contro i quotatissimi Seattle Sounders, campioni nel 2016 e finalisti ai playoff del 2017, e un roboante 5-1 contro il Real Salt Lake. Ma cosa si aspettano i tifosi da questa prima partecipazione alla MLS? “Il LAFC è una società in crescita, per cui non abbiamo particolari aspettative, soprattutto in un campionato competitivo com’è oggi la Major League – ci dice Ricardo – ma, considerato l’investimento, la proprietà stellare del club, lo stadio all’avanguardia ed il progetto globale portato avanti dalla dirigenza, credo che arrivare ai playoff sia doveroso per una società come questa”. Gli fa eco Jude: “spero nei playoff, arrivarci significherebbe superare ogni più rosea previsione”. Michael, invece, sembra accontentarsi dell’emozione di poter vedere la propria squadra finalmente all’opera: “spero solo che giochino con passione e gioia perché vincere è certamente importante, soprattutto in questa città, ma a volte dipende anche dalla fortuna che è imprevedibile. Le cose che, però, il LAFC può mettere in campo ogni giorno sono il desiderio di prevalere, l’energia, l’amore e la passione per questo gioco”. Mentre Julio fa una previsione, quasi avesse un sesto senso: “mi aspetto una squadra di successo dentro e fuori dal campo, conscio che, però, la prima stagione è sempre difficile. Ma c’è qualcosa di questa squadra che mi fa pensare che sarà una stagione magica”.

E chissà che i Black&Gold non scrivano un altro capitolo “magico” della loro prima partecipazione al campionato già dalla prossima partita, che non è una qualunque. Sabato, infatti, si gioca il derby con i Galaxy. E i tifosi sono già sulle spine. Se passate da lì in questi giorni, fate attenzione: l’aria a Los Angeles è particolarmente elettrica.


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