Quella dei Timbers è la peggiore sconfitta nella storia della MLS?

Nella guida ai playoff MLS, avevo dato i Timbers come abbondantemente favoriti nei confronti dei Vancouver Whitecaps in quello che sarebbe stato il round di play-in della Western Conference. Accetto senza problemi gli spernacchiamenti che derivano dall’aver sbagliato con così tanto margine un pronostico – peraltro non l’unico sbagliato in questo round – ma in effetti, che Portland potesse crollare in casa 5-0 era difficilmente pronosticabile, e non solo perché questa rappresenta la peggiore sconfitta della franchigia nella post-season dagli anni ’80.

Quando si tiene conto dei precedenti con cui si è arrivati alla partita, della rivalità tra le due franchigie, delle conseguenze, anche pubbliche, del crollo casalingo di Portland, non è assurdo pensare alla sconfitta dei Timbers come, molto semplicemente, la peggiore sconfitta che la post-season della MLS abbia mai visto – e di conseguenza, l’intera lega, perché è nei playoff che si decidono le stagioni.

Che Portland e Vancouver siano rivali come parte della regione di Cascadia, è fatto noto, quindi partiamo con le premesse dell’incontro, quelle che, nonostante Vancouver avesse finito la stagione regolare avanti in classifica lasciavano sperare, e non poco, i tifosi Timbers: gli Whitecaps, una franchigia che in tutta la sua storia aveva vinto, prima di mercoledì notte, una sola partita ai playoff, vengono da un finale di regular season abbastanza difficile, con quattro sconfitte consecutive. Inoltre, il teorico fattore campo acquisito è svanito nel momento in cui lo stadio di casa della franchigia, di cui gli Whitecaps non sono proprietari, si è trovato indisponibile ad ospitare l’incontro di play-in a causa dell’arrivo in città del mondiale di Supercross, la cui gara si svolgerà nel weekend, costringendo Vancouver ad un umiliante rinuncia del fattore campo nella partita decisiva di un’intera stagione.

Proprio nella presentazione della partita, sottolineavo come la querelle legata al BC Place potesse avere eventualmente un effetto negativo sulla squadra dei Whitecaps. Ipotizzavo anche che potesse ottenere un risultato esattamente opposto, gasandoli in vista di un obiettivo importante reso ancora più difficile dalle circostanze, ma in realtà, non credevo poi così in fondo potesse succedere. Evidentemente o mi sbagliavo o la questione stadio non ha avuto alcun impatto sull’annichilimento dei Timbers per mano di uno dei suoi rivali storici.

La partita è stata senza storia. Gli Whitecaps non hanno dominato il possesso, non hanno sotterrato di tiri gli avversari, ma hanno controllato i duelli – soprattutto contrasti aerei e tackle – e hanno semplicemente costruito con più costrutto, eseguito con meno fretta. A parità di tiri, gli Whitecaps hanno totalizzato 2.48 expected goals contro i 0.70 dei Timbers – 0.2xG a tiro contro 0.005 – e se è vero che la distanza da cui si tira non indica necessariamente la qualità dell’occasione, è anche vero che se una squadra tira quattro volte nell’area piccola e una da fuori area mentre l’altra totalizza rispettivamente zero e sette conclusioni, la correlazione con il risultato finale sembra troppo grossa per essere identificata come casuale.

Quello che sapevamo essere il difetto più grande di Portland – la sua leggerezza difensiva – ha non solo impattato la partita, ma l’ha rivoltata completamente, risultando l’unico elemento veramente rilevante, l’unico dettaglio da cui partire per raccontare questo turno di play-in. Quelli dei Timbers non sono solo errori concettuali non forzati dei singoli, come il retropassaggio che porta al gol più spettacolare dell’incontro, il secondo di Ryan Gauld. È un totale disinteresse mostrato a livello sistemico da tutta la squadra nell’attività del difendere come gruppo. È una pratica costitutiva di questi Timbers.

Nel post-partita, Kaylyn Kyle di MLS Season Pass ha criticato la scelta di Neville di lasciare in panchina nazionali canadesi come Kamal Miller, acquisizione anche abbastanza costosa di questa off-season da Miami, ma anche fossero intervenuti alcuni singoli di livello magari più alto, non avrebbero potuto cambiare questioni fondanti di ogni discorso su questa squadra e che si trascinano da mesi. Kamal Miller sicuramente è un difensore in emergenza migliore di tutti quelli che hanno i Timbers, magari avrebbe potuto anche evitare un singolo gol con una sua giocata.

Sarebbe stato in grado di cambiare la portata della sconfitta? Avrebbe potuto fare in modo che quando ci viene chiesto di pensare alla peggiore sconfitta della post-season MLS, ci venga in mente più facilmente un nome diverso da quello di Portland? La risposta è realisticamente no, a meno di performance monstre che non è neanche corretto chiedere ad un singolo, soprattutto mentre i suoi compagni di squadra – anche un attacco al di solito effervescente pure di fronte a difficoltà difensive – si appiattivano sugli avversari.

Se questo non fosse già grave, se non dipingesse un quadro desolante sui potenziali esiti di questa squadra, amplificati da una conferenza stampa di Phil Neville che ha ricordato, per chi seguisse altre leghe professionistiche statunitensi, quella recente di Jerod Mayo – con il tecnico inglese che ha infarcito il suo discorso di stereotipi sulla squadra che ha mollato, che non è scesa in campo, che non ha mostrato la giusta mentalità, e pochissime chiacchere sul calcio visto in campo – ci ha pensato Evander ad accendere i fuochi d’artificio sul destino a lungo termine di questa squadra con un thread polemico su Twitter, con pesanti critiche alla dirigenza.

L’attacco alla proprietà – per altro con un bagaglio estremamente pesante di copertura di abusi, da quelli del tecnico delle Portland Thorns Paul Riley a quello dell’ex giocatore Timbers Andy Polo – ha anche l’obiettivo di galvanizzare la tifoseria e incendiarla ancora di più contro una proprietà che stanno invitando a cedere la franchigia da qualche anno, e rappresenta un importante atto di leadership da parte del brasiliano. In casi come questi potrebbe essere facile chiedere la cessione e starsene in silenzio, ma facendo fede al suo nome Evander ha risposto con la lingua di un grande pugile, capace di picchiare quanto i suoi pugni.

Ad aggiungere profondità ai tweet di Evander ci ha pensato la principale fonte giornalistica per quel che riguarda i segreti della lega, Tom Bogert, che su GIVEMESPORT ha pubblicato un recap della situazione tesa tra il brasiliano e la franchigia. Quella tra il brasiliano ex Midtjylland e Portland è principalmente una querelle di tipo salariale, mentre le due parti sono ancora impelagate in delle trattative per un rinnovo contrattuale che, pur offrendo Portland un significativo aumento degli emolumenti a quattro milioni l’anno, cifra che sarebbe un record per la franchigia e da top 10 in MLS, si sta arenando sulla richiesta del giocatore di inserire una clausola rescissoria abbastanza bassa, sui quindici milioni.

A rendere ancora più difficili le trattative, oltre che probabilmente ad incoraggiare il brasiliano ad insistere su una clausola su cui in condizioni diverse avrebbe anche potuto abiurare, ci sta pensando la poca, se non nulla fiducia che Evander ha nella dirigenza. Dopo la partita contro Vancouver, riporta Bogert, Neville e Grabavoy, il GM della franchigia, hanno parlato alla squadra negli spogliatoi. Evander avrebbe scosso pesantemente la testa durante il discorso con Grabavoy – a Neville lo lega invece un rapporto di grande amicizia – e avrebbe incolpato direttamente il General Manager per la stagione negativa della squadra.

Da parte sua, il brasiliano sostiene che la franchigia abbia più volte tradito la sua fiducia non tenendo fede ad alcune promesse fattegli mentre, nell’inverno tra il 2022 e il 2023, trattava per il suo arrivo nell’Oregon, anche se le fonti interne alla franchigia non hanno rivelato a Tom Bogert di che tipo di promesse si stia parlando.

La faida tra Evander e i Timbers ha dunque delle radici più profonde, ma nei momenti immediatamente successivi ad una delle sconfitte più pesanti – per dimensione, contesto e storia fra le due squadre – nella storia della franchigia, si è incrinata in maniera possibilmente ancora più profonda, con uno scontro diretto tra le due parti nella piazza semi-pubblica dello spogliatoio, una storia peraltro filtrata immediatamente al di fuori dell’organizzazione, ad amplificare la pressione sulla franchigia per trovare una soluzione.

Non è chiaro se questa partita rappresenti la fine dell’era Evander a Portland, o se possa premonire ad un addio di Neville, o se siano solo schermaglie in vista di un rinnovo di contratto e neanche se un eventuale rinnovo, che a questo punto dobbiamo immaginare come più vicino alle condizioni presentate dal brasiliano, potrebbe facilitare un’uscita – costosa, certo, ma potenzialmente pesante e non ricca quanto potrebbe essere – del brasiliano. Non sappiamo, in effetti, quasi niente.

Quello che sappiamo con certezza è che di sconfitte per 5-0 nella post-season MLS ne abbiamo viste poche, nel migliore dei casi, che di squadre favorite e con il fattore campo sconfitte in questo modo non ne abbiamo mai viste, che tutto quanto di buono la stagione di Portland aveva lasciato intendere si è sciolto subito, come neve al sole, nel giro di praticamente un tempo di gioco. Qualsiasi ripartenza, con qualsiasi elemento alla guida, dovrà partire da principi molto diversi. Se anche i nomi non cambiassero, dovrebbe farlo l’approccio. Perché ripetere la stessa ricetta non può essere sostenibile, e non risulta neanche praticabile dopo che tutti i difetti della squadra sono stati evidenziati in maniera così lampante.

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