Anson Dorrance ha annunciato il ritiro
A poco più di una settimana dall’inizio della regular season NCAA, Anson Dorrance ha annunciato il suo ritiro immediato dalla panchina delle North Carolina Tar Heels, lasciando il suo ruolo in mano al vice Damon Nahas, curiosamente fratello di quello Sean già alla guida della squadra professionistica dello stato, le North Carolina Courage. La tempistica dell’addio, come detto a pochi giorni dall’inizio di quella che sarebbe stata la sua quarantottesima stagione alla guida di una compagine calcistica dell’ateneo, ha lasciato molti dubbi, anche perché la stagione di ACC sul punto di iniziare avrebbe fatto la storia, visto l’arrivo, come conseguenza del conference realignment forzato dal football maschile, di potenze assolute dello sport come Stanford all’interno della storica lega della costa est, ma alla fine la questione sembra molto semplice: a settantatré anni, Dorrance ha semplicemente capito di volersi godere la pensione.
Le tempistiche si spiegano con il fatto che la off-season, per un tecnico NCAA, è la parte più attiva dell’anno: si reclutano le nuove giocatrici e si deve dare l’immagine di un programma solido. Mollare in questo momento rappresentava la garanzia più ferrea che Dorrance potesse dare al programma che lui ha – letteralmente – costruito e di cui è stato l’unico organo di controllo. Quando Anson Dorrance, nel 1971, ha iniziato a giocare a calcio per la squadra universitaria dei Tar Heels, un programma femminile non esisteva. Non c’era neanche pochi anni dopo, nel 1977, quando Dorrance venne promosso capo allenatore della squadra di calcio maschile. Due anni dopo, sarebbe stato proprio lui a fondare una sezione di calcio femminile, comunque tre anni prima che la NCAA approntasse una divisione per la disciplina, e fino al 1988 avrebbe allenato entrambe le squadre, salvo poi concentrarsi esclusivamente sullo sport femminile.
Nelle quarantaquattro stagioni spese alla guida delle Tar Heels, Anson Dorrance ha vinto ventuno titoli NCAA, con un record di nove consecutivi tra il 1986 e il 1994, ha partecipato alla Final Four nelle prime ventidue edizioni della manifestazione, mancando la finale solo due volte, ha vinto oltre ottocento partite di regular season mantenendo una percentuale di vittorie vicina al novanta percento – .887 per la precisione – ha completato dieci stagioni in cui la sua squadra ha saputo mantenere l’imbattibilità, riuscendoci cinque volte senza neanche concedere un pareggio, tre delle quali in una mitologica striscia tra le stagioni 1991-1993 in cui le Tar Heels hanno totalizzato settantadue vittorie consecutive – nota a margine: sono dieci vittorie in più, e in questo caso in tutte le competizioni, dell’altrettanto leggendaria striscia di sessantadue vittorie consecutive del Barcellona, la squadra unanimemente riconosciuta come più forte del mondo. Non a caso Dean Smith, il luminare della pallacanestro che ha allenato la squadra maschile di North Carolina dal 1961 al 1997, verso la fine della sua avventura ha avuto modo di dire che quella in cui allenava “era una scuola fondata sul calcio femminile, loro stavano solo cercando di tenere il ritmo”.
Per costruire questa squadra leggendaria, ma sarebbe meglio dire queste squadre leggendarie – l’ultimo titolo NCAA risale al 2012, ma l’università è sempre una presenza fissa alle fasi cruciali del torneo NCAA, raggiungendo la finale, ad esempio, anche nel 2023 – Dorrance ovviamente ha potuto contare su alcune giocatrici straordinarie, tutte quante reclutate da lui, creando un circolo virtuoso per cui il successo pregresso rendeva sempre più attraente la prospettiva di indossare il tar heel blue ad altrettante giocatrici di enorme potenziale. Alcuni dei nomi associabili al programma guidato da Anson Dorrance sono quelli di Alessia Russo, Lotte Wubben-Moy e Lucy Bronze – campionesse europee nel 2022 con l’Inghilterra con allenatrice Sarina Wiegman, che era stata anche lei calciatrice agli ordini di Dorrance oltre venticinque anni prima – Crystal Dunn, Tobin Heath, Emily Fox, Meghan Klingenberg, Heather O’Reilly e molte altre.
Tra tutte, proprio la squadra dei primi anni ’90 è quella con più nomi leggendari e forse, ancora oggi, una delle squadre più forti di sempre nella storia del calcio, e non a caso a quei nomi è associata un’altra impresa storica, oltre alle tre annate imbattute con tre titoli NCAA. Dal 1986 al 1994, infatti, Anson Dorrance è stato anche allenatore della nazionale di calcio statunitense, con cui ha partecipato – e vinto – al primo mondiale femminile organizzato dalla FIFA, svoltosi in Cina.
Nella rosa di quella squadra, fatta totalmente da giocatrici universitarie, North Carolina portava dieci giocatrici su diciotto – nessun altro programma ne aveva più di due – e tra di loro c’erano nomi leggendari come quello della capitana – e futura allenatrice della nazionale – April Heinrichs, Mia Hamm, Julie Foudy, Kristine Lilly e Carla Werden. In un dettaglio ancora più particolare: quel mondiale si svolse a novembre, mentre negli Stati Uniti si stavano giocando le fasi finali della stagione NCAA, il che vuol dire che la già ampiamente citata striscia di vittorie rimase tale pur non potendo contare sul proprio allenatore e su quasi l’intero undici titolare nella fase cruciale della stagione.
La storia di come Anson Dorrance sia arrivato al calcio è estremamente particolare. Figlio di una famiglia estremamente ricca, Albert Anson Dorrance IV è nato a Bombay, in India, nel 1951, perché il padre lavorava in città come imprenditore petrolifero. Proprio la carriera del padre lo avrebbe portato a crescere in giro per l’Europa e per l’Africa, nei contesti più vari. Ad Addis Abeba avrebbe conosciuto la sua futura moglie, in Kenya si sarebbe appassionato al calcio e in Svizzera, più precisamente nella squadra del collegio Villa St. Jean di Fribourg, avrebbe dato i primi calci in maniera organizzata, prima poi di trasferirsi definitivamente nel paese dei suoi genitori, prima per i St. Mary’s Rattlers, rappresentanti dell’omonimo ateneo a San Antonio, in Texas, per poi arrivare a Chapel Hill, luogo che avrebbe chiamato casa e mai abbandonato, al contrario di una gioventù spesa in giro per il mondo, per oltre cinquant’anni.
Addirittura, nei primi anni a North Carolina, quando stava costruendo il programma di calcio femminile, Dorrance chiese alla NCAA di organizzare un campionato, ricevendone un rifiuto. Di conseguenza, lui e il tecnico di Colorado Chris Lidstone approcciarono la Association for Intercollegiate Athletics for Women, che organizzò così i primi campionati universitari al femminile. La squadra fondata da Dorrance avrebbe vinto anche l’ultima edizione di quel torneo, nel 1981, in quello che rappresentò di fatto l’inizio della striscia positiva che sarebbe poi continuata, e diventata tale, con lo sbarco in NCAA.
Molti anni prima delle denunce del 2021 che portarono ad una rivoluzione all’interno del calcio femminile statunitense, Anson Dorrance era già stato protagonista di una causa legale presentatagli da una sua calciatrice, causa per cui, pur avendo ottenuto alcune sentenze favorevoli in tribunale, ha terminato con il patteggiare un risarcimento alla vittima. La causa, presentata dall’ex Tar Heel Melissa Jennings nel 1998, sosteneva che Dorrance le avesse rivolto battute a sfondo sessuale, classificabili come molestie, chiedendo alle atlete informazioni sulle loro relazioni sessuali. Nel 2008, Dorrance avrebbe pagato a Jennings trecentottantacinque mila dollari di risarcimento, più una lettera con le sue scuse, risolvendo la questione senza la decisione di un giudice.
L’università di North Carolina, dopo questa causa, assunse un professore di legge per costruire un ambiente lavorativo più tollerante e meno tossico, ma Dorrance, forse perché non era arrivato, come avrebbe fatto più di un decennio dopo, un momento di revisione collettiva degli standard di comportamento dell’intero movimento, o forse perché anche rispetto agli standard odierni la violazione era meno grave di quelle per cui altri colleghi sono stati licenziati, riuscì a tenere il posto, ma con sicuramente una grossa macchia che non si sarebbe mai più tolta dalla sua immagine, al di là dei continuati successi, quanto meno frammentandone la legacy di personaggio decisivo nella crescita del movimento femminile statunitense.
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