Real Salt Lake fa sul serio

La dirigenza di Real Salt Lake lo aveva messo in chiaro dalla fine dell’ultima sessione di calciomercato, quella invernale terminata lo scorso aprile: solo perché la squadra era già di altissimo livello in MLS, questo non voleva dire che non avrebbero fatto tutto quanto in loro possesso per migliorare la squadra, soprattutto considerando l’arrivo delle nuove regole per la spesa salariale che avrebbero ammorbidito i margini del cap per le varie franchigie.

In questo senso, la cessione del talentuoso Fidel Barajas al Chivas andava letta non come un passo indietro, ma come una presa di tempo per completare uno sbalzo in avanti di ben altre dimensioni. Il giovane messicano-americano, arrivato appena pochi mesi prima dal Charleston Battery per poche centinaia di migliaia di dollari, è andato in Messico per una cifra nell’ordine dei quattro milioni di dollari, una plusvalenza sul breve periodo incredibile e che permetteva alla franchigia di usufruire del nuovo quantitativo di entrate da trasferimento convertibili in Allocation Money, passato da un milione per singolo trasferimento a quattro cumulabili tra tutte le cessioni.

Proprio grazie a questa mossa, per un giocatore che si aveva mostrato lampi enormi di talento ma aveva anche giocato relativamente poco, Real Salt Lake è riuscita a costruire ancora maggiore profondità in un roster che ambisce tanto al Supporters’ Shield quanto ovviamente anche alla MLS Cup. L’ex Orlando Benji Michel è tornato dopo un periodo in Portogallo a parametro zero, per dare minuti dalla panchina, mentre può ambire anche ad essere titolare uno dei difensori più solidi della MLS recente, il giamaicano Javain Brown, specialista delle rimesse lunghe con le mani e per questo arma tattica di non poco conto, per qualche ragione tagliato da Vancouver, mentre un giocatore come l’australiano Lachlan Brooks avrà necessità di adattarsi, ma offre un potenziale molto alto, da dodicesimo uomo.

Risolta l’annosa questione della profondità, sempre un tema critico all’interno della MLS, con le sue stringenti regole salariali, Real Salt Lake è tornata a preoccuparsi dell’high-end talent, dei giocatori in grado di cambiare la partita. La squadra, che già conta su due DP come Christian Arango e Carlos Andres Gomez, ha aggiunto il portoghese Diogo Gonçalves, quel numero dieci di altissimo livello forse unico vero pezzo mancante della franchigia e che dovrebbe andare a prendere il posto sia in campo sia a livello salariale di Matt Crooks, il cui impatto salariale è stato portato fuori dal range DP – anche qui grazie altra conseguenza virtuosa dell’uscita di Barajas – e che potrebbe essere anche lui un giocatore importantissimo come jolly di centrocampo o in uscita dalla panchina.

Con Diogo Gonçalves, dunque, Real Salt Lake acquisisce un numero dieci capace di giocare anche come seconda punta, un giocatore attivo per numero di assist ma anche in zona gol, un talento più accentratore del gioco, di quelli, per capirci, che hanno dominato la classifica degli MVP della MLS nell’ultimo decennio, da Hany Mukhtar a Diego Valeri a Luciano Acosta, giocatori che possono anche prendersi sulle spalle una squadra in difficoltà e funzionare quasi da soli come un sistema offensivo efficiente. A rendere ancora più esaltante la futura implementazione del portoghese in questo sistema, c’è il fatto che, a dispetto di alcune delle stagioni precedenti dell’era Mastroeni, Real Salt Lake è tutt’altro che una squadra in difficoltà dal punto di vista offensivo, anzi è una di quelle più dominanti a livello di creazione di gioco in tutta la MLS.

Questo cambiamento è conseguenza di una decisione presa nella off-season dal front office della franchigia che poteva essere letta inizialmente come una svalutazione o comunque un segno di poca fiducia nel lavoro del tecnico, ma che in realtà si è rivelata benefica per entrambe le parti, dimostrando ancora una volta come la cultura dell’allenamento negli Stati Uniti sia molto meno personalizzante e dittatoriale di come sia nello sport europeo. Nell’ultima off-season infatti Real Salt Lake ha cambiato interamente lo staff di assistenti allenatori di Mastroeni, assumendo e promuovendo tecnici con esperienza da capo allenatori e soprattutto abituati ad uno stile di gioco più offensivo e brillante. È stato prima promosso Jamison Olave, ex storico difensore centrale colombiano della RSL campione MLS, e allenatore negli ultimi quattro anni della seconda squadra, mentre dalla USL è arrivato Anthony Pulis, figlio del tecnico inglese Tony, e allenatore nell’ultimo biennio di Miami FC.

Dal cambio di proprietà, quando Ryan Smith, proprietario degli Utah Jazz, e David Blitzer, investitore seriale tra leghe professionistiche USA e calcio europeo, hanno prelevato la franchigia da Dell Loy Hansen, costretto a vendere dalla MLS in seguito ai suoi commenti razzisti, Real Salt Lake è diventata una delle squadre più proattive nell’intera lega. Non più a seguire i trend imposti dalle altre squadre, non più al risparmio solo perché in un mercato più piccolo rispetto ad altre città, ma ambiziosi e decisi nel perseguire ogni strada offerta dalla MLS per imporsi, e proprio il cambiamento degli assistenti di Mastroeni mostra l’interesse della franchigia, e del GM Kurt Schmid, di adottare una strategia proattiva, anticipare i cambiamenti prima che possano rendersi necessari. Una strategia che ha i suoi rischi e le sue complicazioni, ma che fino ad ora sembra aver funzionato, anche perché i colpi sono stati effettuati nella direzione giusta e hanno avuto l’effetto desiderato.

Il colpo che ha completamente cambiato la traiettoria della franchigia, quello che ha reso una buona squadra, costruita con criterio e spazio salariale per grandi mosse, in una contender senza mezzi termini è ovviamente quello di Christian Chicho Arango. L’attaccante colombiano, ex LAFC, è arrivato in Utah dopo sei mesi al Pachuca, ottenendo finalmente quel contratto da DP che le sue prestazioni declamavano e che non era riuscito ad ottenere in California. Con finalmente un serio candidato MVP – forse il favorito in questa stagione – e un cannoniere come non se ne sono visti tanti in MLS nei tempi recenti, tutto il buon lavoro fatto dalla franchigia ha acquisito valore, ed è stato necessario per valorizzare colpi come lo Young DP Carlos Andres Gomez, forse il principale candidato al premio di giovane giocatore dell’anno, e la produzione di alcune gemme assolute da canali sotto-utilizzati del calcio statunitense.

In particolare, in questo senso, ci si riferisce a Emeka Eneli, ventiquattrenne del Michigan con un quadriennio da ala in NCAA con Cornell. Come molti esterni offensivi del college soccer, Eneli aveva inizialmente effettuato una transizione a terzino tra i professionisti, ma è da centrocampista centrale che quest’anno è veramente esploso imponendosi come un nome potenzialmente interessante anche per la nazionale statunitense. Centrocampista difensivo molto aggressivo, eccellente in tackle, Eneli è anche un passatore sicuro ma non sempre conservativo ed è dotato di buonissima mobilità e istinti di corsa, soprattutto con il pallone tra i piedi e progredendo in avanti.

Da citare, ovviamente, come arma segreta di Real Salt Lake, anche la creatività e la capacità di interpretazione degli angoli di campo del classe 2003 Diego Luna, ormai veramente salito alla ribalta e anche All Star nella più recente esibizione contro i pari grado della Liga MX. L’ambientamento di Luna alla MLS è stato duro, come per tutti coloro che arrivano dal livello molto più basso della USL, ma ha pagato i suoi frutti anche grazie ad una serie di azioni fuori dal campo, come prendersi un lavoro da barista part-time per aumentare la sua socialità e andare da uno psicologo per adattarsi a livello mentale ad una nuova sfida e togliersi qualche peso di dosso

Coach Pablo Mastroeni ha già costruito squadre competitive, soprattutto con i rivali storici di Real Salt Lake, i Colorado Rapids, ma l’idea era sempre stata che si stesse parlando di uno splendido leader di uomini, ma di un allenatore di campo un po’ sottotono, o comunque non particolarmente aggiornato. I suoi Real Salt Lake stanno dimostrando di essere una squadra solida, spettacolare, intelligente, guidata da uno spirito sottostante che è quello che Mastroeni ha sempre saputo coltivare, ma in maniera molto più divertente e più accessibile al grande pubblico. Difficile pensarli necessariamente come i favoriti per la MLS Cup, ma semplicemente perché questa è una delle annate più competitive ad alta quota mai viste nella storia della lega.

A Est Miami e Columbus sembrano appartenere ad un’altra categoria, ma anche Cincinnati è una squadra non peggiore di quella che lo scorso anno ha dominato la regular season. Ad Ovest c’è la solita LAFC, oltre a Real Salt Lake e ai redivivi Galaxy. Insomma, cinque corazzate che renderanno i playoff forse quelli più esaltanti degli ultimi anni. In questo senso, l’avventura è complessa, ma difficile pensare che quelli dello Utah non saranno lì a giocarsi le partite che contano, se non fino alla fine quantomeno andando molto in fondo.

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