Cosa aspettarsi dalla nuova USL Super League?

Mettere in piedi una squadra di calcio femminile professionistica negli Stati Uniti non è mai stata un’impresa facile. Può sembrare strano, visto che parliamo non solo di una potenza dello sport, con quattro titoli mondiali vinti, ma anche di una nazione che più di tutte ha saputo valorizzare l’intero sistema sportivo femminile grazie alla legge nota come Title IX, ma i tentativi di stabilizzare il professionismo all’interno dei cinquanta stati sono innumerevoli e quasi tutti, storicamente, hanno avuto poco modo di durare. Qualcosa sembra però essere cambiato in tempi recenti, dal momento che quella che è appena iniziata è la dodicesima stagione nella storia della NWSL, e la crescita vertiginosa di interesse verso lo sport femminile in generale sembra da sola rappresentare una garanzia contro il crollo di quanto costruito, prima ancora di considerare come la lega abbia fatto un ottimo lavoro nel garantirsi sempre nuovi investimenti.

La stabilità recentemente acquistata dalla NWSL, comunque, non è stata messa necessariamente a rischio quanto piuttosto in dubbio da un nuovo sviluppo nel calcio professionistico statunitense. In uno sviluppo che ha radici lontane, visto che parlavamo per la prima volta di una possibile seconda lega professionistica femminile nel 2021, la USL ha annunciato che la sua USL Super League ha ottenuto dalla federazione statunitense la licenza per operare un campionato di prima divisione, che possa dunque piazzarsi allo stesso livello della NWSL, nonostante iniziali report suggerissero si sarebbe limitata ad occupare lo slot, ancora libero, di seconda divisione professionistica.

Ovviamente, non è ancora chiaro cosa questo status, al di là di stabilire una parità sulla carta tra le due leghe, implichi, né è chiaro quale sia la strategia della USL dietro la scelta di perseguire un livello più alto. In fin dei conti, sono pochi nella storia del calcio, maschile o femminile, i casi di due leghe professionistiche entrambe con status riconosciuto dalla federazione in cima alla piramide e anche se la USSF si era sempre detta disponibile a sanzionare quante prime divisioni – a livello maschile e/o femminile – quante se ne sarebbero presentate capaci di soddisfare gli standard richiesti, molti esprimevano grossi dubbi sul fatto che la federazione potesse acconsentire ad una situazione del genere.

La USL Super League inizierà la sua stagione inaugurale con otto squadre – il numero minimo per ricevere lo status di prima divisione – divise tutt’altro che equamente tra costa Est degli Stati Uniti – Brooklyn, Washington, Fort Lauderdale, Tampa Bay e Carolina – il Sud del paese – Dallas-Fort Worth, Lexington – e il Pacific North-West – Spokane. Una parte delle nuove franchigie sono affiliate a società maschili già iscritte ai campionati professionistici USL, il Championship di seconda divisione – Brooklyn – e la League One di terza – Spokane, Lexington – ma una consistente parte di società è rappresentata anche da club indipendenti come i due della Florida e soprattutto la nuova squadra di Washington, che condividerà la proprietà con DC United, franchigia MLS che nel suo stadio già ospiterebbe una squadra femminile come le Washington Spirit della NWSL.

Inoltre, la lega ha già annunciato l’intenzione di espandersi, e molte franchigie delle due leghe professionistiche maschili hanno espresso l’interesse, e in alcuni casi annunciato ufficialmente i piani, di espandersi nel calcio femminile. Tra questi i Phoenix Rising, gli Oakland Roots, Forward Madison, Sporting Jacksonville, Indy Eleven e le future franchigie d’espansione a Palm Beach e in Arkansas.

Anche viste le dimensioni di molti dei mercati coinvolti e visto che parliamo di ownership groups sicuramente meno ricchi di quelli che compongono la nuova NWSL, sappiamo anche che le cosiddette expansion fees, ovvero la tassa necessaria per ottenere l’ingresso nella lega e che viene divisa tra tutte le franchigie già partecipanti, saranno considerevolmente più basse di quelle nella National Women’s Soccer League, che ha recentemente venduto uno slot nella lega per una cifra intorno ai cinquanta milioni di dollari. Inoltre, nel tentativo di massimizzare la monetizzazione dell’interesse intorno a questa nuova lega, i diritti televisivi non saranno inseriti all’interno dell’accordo già stipulato dalle leghe maschili della USL con la rete CBS, come ha confermato la presidentessa della lega Amanda Vandervoort in un’intervista con The Athletic, ma la loro vendita seguirà un processo indipendente che potrebbe anche portarli a finire su di un’altra rete.

Ma a differenziare la USL Super League da tutto il resto delle leghe femminili professionistiche apparse negli Stati Uniti d’America non sarà solamente la particolare storia del loro arrivo sul palcoscenico nazionale. La USL, infatti, che come organizzazione sembra molto interessata, anche a livello maschile, a scimmiottare lo standard “europeo” del calcio, forse col desiderio di attirare una fetta di appassionati calcistici statunitensi completamente disinteressati al calcio locale in favore di quello del vecchio continente, ha deciso per questa sua nuova iniziativa di adottare un cambiamento di cui si è spesso sentito parlare, ma che nessuno fino ad ora aveva mai provato ad implementare viste le difficoltà logistiche, ovvero cambiare il calendario e passare da una stagione che dura tutto un anno solare a quella dei principali campionati europei divisa tra il settembre di un anno e il maggio di quello successivo. Vandervoort ha spiegato questa scelta affermando: “Crediamo che la partecipazione nell’economia calcistica globale nel futuro sarà basata sull’allineamento delle finestre di calciomercato, rispetto per le finestre FIFA dedicate alle nazionali e prioritizzare il benessere e la salute mentale delle atlete con delle adeguate pause a metà e fine stagione”.

La scelta sul calendario è solo la principale di una serie di mosse che la USLSL ha preso per separarsi e rendersi unica non solo rispetto alla NWSL, ma anche in generale alla storia del calcio professionistico statunitense. La nuova lega non avrà un Draft per le giocatrici in uscita dal sistema universitario, e le giocatrici saranno considerate free agent alla stessa maniera in cui lo sono in tutto il resto del mondo qualora svincolate, eliminando così i vari sistemi dei players rights che vediamo in atto tanto nella NWSL quanto in MLS. Alla stessa maniera, non esisterà un salary cap anche se, per valutare quali siano gli standard salariali da mantenere per le giocatrici, la leadership della lega ha tenuto d’occhio con particolare attenzione il contratto collettivo firmato dalla NWSL con la sua associazione giocatrici.

Non è ancora chiaro quanto la nuova lega voglia espandersi, né se in futuro abbia piani di costruire un sistema di promozioni e retrocessioni, o se vorrà creare una seconda divisione che possa connettere la USLSL con la W-League, che si mantiene amatoriale o, come si definisce negli Stati Uniti, pre-professional, così da garantire alle giocatrici il mantenimento dell’eleggibilità universitaria e acquisire, fosse anche per un’estate, le migliori stelle del college soccer. Alla stessa maniera, non è chiaro se la nuova lega qualificherà delle squadre alla futura CONCACAF Champions League appena annunciata, né in quale rapporto entrerà con la NWSL, la lega di cui, di fatto, è diventata competitor nel momento in cui è stata riconosciuta dalla federazione statunitense come campionato di prima divisione. L’idea è che le due possano avere una rivalità acrimoniosa, ma l’impressione è che il gap, ad ogni livello, dal commerciale allo sportivo, tra le due realtà sia e si rivelerà essere così ampio da incoraggiare, almeno in questa prima fase, un rapporto più collaborativo tra le due realtà.

La storia dello sport americano a livello professionistico è fatta di leghe competitor e di merger di successo. Le quattro storiche major leagues – a cui recentemente, per valore economico e numero di appassionati, si è aggiunta anche la MLS – hanno tutte avuto, ad un certo punto della loro storia, una rivale che ha attentato al loro regno, ottenendo nel migliore dei casi, come la ABA per la NBA e la AFL per la NFL, solo una fusione caratterizzata dal passaggio di alcune franchigie da un lato all’altro. D’altronde, con le forti leggi di carattere anti-monopolistico degli Stati Uniti, sarebbe impossibile per una federazione imporre un’unica lega in cima, sia con un sistema aperto di promozioni e retrocessioni o una lega chiusa, senza incorrere in una serie infinita di denunce all’antitrust.

La MLS, fino ad ora, è stata priva di reali competitor, e anche la USL non sembra poter scalfire particolarmente il suo dominio, avendo come effettivo competitor per gli occhi degli spettatori più le minors del baseball che la MLS. Anche la NWSL sembra godere di un vantaggio enorme sulle proprie competitor, ma in primo luogo è giusto ricordare come questo vantaggio sia stato costruito solo in tempi recentissimi, e che fino ai tempi della pandemia era ancora legittimo chiedersi se la lega sarebbe sopravvissuta un’altra annata. In seconda battuta, per quanto grande possa apparire il gap con la USLSL, comunque la federazione ha garantito ad entrambe lo standard di prima divisione, creando automaticamente, volente o nolente, quella che sarà una continua comparazione tra le due realtà. L’impressione è che il massimo risultato a cui possa ambire questa nuova competitor è proprio quello ottenuto da ABA e AFL: una fusione con passaggio delle franchigie di maggiore successo ad una NWSL in espansione. Ma certo è che nei prossimi anni dovremo continuare a porci molte domande su quello che sarà il futuro dello sport negli Stati Uniti.

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