
Intervista a Marco Micaletto, la scalata nel Soccer!
Amici di MlsSoccerItalia.com, abbiamo avuto la fortuna, grazie anche al nostro amico Federico Pizzuto, capo preparatori dei Columbus Crew, di intervistare Marco Micaletto, trequartista della seconda squadra dei Crew che milita in Mls Next Pro e campioni in carica del primo campionato esistente di questo nuovo ramo della Major League Soccer dedicato (soprattutto) alle seconde squadre.
Marco ha passato tutta la carriera giovanile sui campi d’Inghilterra per poi partire per gli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio del sistema NCAA, trampolino per entrare nei professionisti, per di più in una nuova lega della United Soccer League: la League One. Campionato che gli ha poi dato la possibilità di mettere in luce le sue capacità e potersi confrontare con professionisti che ora giocano in MLS.
Gli abbiamo chiesto un po’ di tutto a partire dai primi calci e com’è stato il suo percorso:
Ciao a tutti amici di MLS Soccer Italia, sono andato in Inghilterra da piccolo quando è arrivata un’opportunità di lavoro a mio papà nella zona di Southampton dove sono stato dagli 8 a 13 anni e proprio nella loro scuola calcio ho cominciato a giocare a pallone. Poi mi sono trasferito al Bradford per 4 anni, dove ho quasi raggiunto la maggiore età e quindi età da contratto professionistico, che non mi è stato fatto, cosi per diverse ragioni sono arrivato in USA per continuare il sogno di diventare calciatore professionista.
Com’è avvenuto questo processo Oltreoceano?
Gli ultimi mesi in Inghilterra li feci al Nottingham Forest ma non ero nei piani del Mister della squadra per poter aver almeno un contratto con l’U21. Così un amico nella mia stessa situazione che era andato in America poco prima mi ha chiesto di seguirlo. In due settimane ho fatto i documenti e sono partito in questa piccolissima Università della Georgia, gli Young Harris Mountain Lions, dove c’era un allenatore scozzese con cui ci sentimmo su Skype che mi ha convinto a partire. Nonostante la nostalgia e le difficoltà ovvie di lasciare la famiglia c’era la prospettiva di una borsa di studio che sicuramente ha semplificato la decisione.
Sei passato dal Sud d’Inghilterra al quasi Sud degli Stati Uniti, in Georgia, com’è stato lo shock culturale?
Si stava bene e si viveva bene in Georgia, si riusciva ad avere una bella vita con davvero poco. La mia Università si trovava sulla punta di una montagna, dove chi veniva a trovarmi era al settimo cielo per come si stava. Per me invece era noiosissimo, tre anni là sono stati belli lunghi, non c’era niente. Per farti capire, circa 900 persone vivevano li come popolazione, dall’altra parte mi ha dato la possibilità di concentrarmi sul calcio e non su svaghi di altro tipo.
Come Mls Soccer Italia parliamo sempre del Draft e delle Academy e di questo dualismo, tu il processo di selezione non l’hai fatto e sei andato direttamente ai Tormenta?
Durante l’ultimo anno di college mi sono trasferito all’Akron, in Ohio, calcisticamente molto importante, dove siamo arrivati in finale di NCAA, perdendo contro il Maryland di Sinclair. Prima però di andare all’Akron ero già col Tormenta perché mi avevano già dato un contratto, indipendentemente dalle prestazioni con l’Akron. Dopo il torneo c’erano altri interessamenti, ma per evitare di perdere proprio questo contratto mi sono unito ai Tormenta, sfruttando anche una proprietà che mi ha voluto fin dall’inizio e coccolato tanto da convincermi a non cambiare la mia scelta.
Con South Georgia Tormenta è andato tutto piuttosto bene, soprattuto sei uno di quelli che ha cominciato da “zero” la USL League One, insieme alle nuove franchigie e hai visto il bello e il brutto di questa evoluzione.
E’ stata un’esperienza a 360°, cominciando il giorno “uno”, capisci come funziona o come non funziona una società fuori dal campo. La League One di per sé deve fare ancora dei passi avanti, a cominciare da centri sportivi e stadi per dare credibilità al campionato e far sentire i calciatori dei veri professionisti. Alcune squadre della League One e alcune squadre di bassa classifica di Championship hanno degli standard così bassi dove un ragazzo quasi non riesce a prendere la lega sul serio.
Al Tormenta sono stato benissimo, legame molto stretto con la proprietà, mi hanno responsabilizzato a tal punto da tenere a loro in campo e volevo dare il massimo, è stato proprio bello giocare con una società come quella.
La League One poi è divertente perché c’è tanta, tantissima qualità in campo ma non si vede mai, avevo alcuni compagni di squadra, alcuni avversari, giocatori davvero forti e posso dire che ci siano talenti che potrebbero far parte di una società di Major League, ma per un motivo o per l’altro non si vede. Sia che li stia guardando in tele, sia quando giocavo in campo non capivo come mai si giocassero così male.
Questo perché non c’è la capacità di mettere i giocatori in campo?
E’ strano, il Mister al Tormenta è molto competente e molto intelligente e secondo me avrà una bella carriera in USL, però ritorniamo forse al discorso degli stadi, quando vai a giocare a Greenville oppure a Madison, su un terreno artificiale brutto e/o piccolo, è difficile giocare a calcio, perciò le squadre si posizionano in una maniera per la quale sanno già che per metà anno dovranno giocare in un certo modo e di conseguenza chi ci gioca contro si adatta e si gioca male, o la classica “palla lunga”. Ora al Columbus Crew mi chiedono come fosse giocare in League One o com’è la USL, perché guardiamo le partite e ogni tanto non riusciamo a guardare più di 10 minuti. Ma i giocatori forti ci sono, anche quando mi fermo a guardare il Tormenta è “tosto” guardare tutta la partita.
Tu ti sei trovato in quella condizione lì, di avere difficoltà oggettive nel giocare in quel campionato?
Si, alcuni campi sono davvero ingiocabili, nell’anno del covid il Madison non aveva accesso allo stadio, che già è tra i più brutti della campionato, così siamo andati in un altro stadio dove c’era l’erba artificiale, ma non era col la gomma bensì con pezzetti di legno ed era anche pericoloso scivolare o cadere a terra. Quelle sono le cose che dico per quel campionato, devono aumentare gli standard per dare un prodotto più guardabile.
L’anno scorso hai vinto il campionato con Columbus Crew 2 e contemporaneamente l’ha vinto anche Tormenta, ma senza di te. Come ti sei sentito, c’è un po di rammarico?
E’ stata la situazione perfetta, ho sempre voluto vincere e vedere vincere il Tormenta quindi ero contentissimo. Venire qui al Columbus Crew 2 è stato proprio uscire dalla mia zona di comfort, proprio perché in Georgia ero tranquillo, ma l’anno scorso avevamo una squadra che non c’entrava nulla con il campionato, perché usavamo 4-5 ragazzi che adesso sono fissi nella prima squadra, più altri 4-5 che andranno in prima squadra o comunque possono giocarsi le possibilità. C’è anche da dire che poi trovavamo squadre avversarie che non erano attrezzate come la nostra, perciò ci sentivamo in dovere di vincere il campionato ma soprattutto la consapevolezza di poter vincere tutto. Il giorno della finale, ma anche quelli precedenti, eravamo veramente tranquilli e nonostante sia scaramantico, avevo portato tutto il necessario per festeggiare proprio per quella consapevolezza.
Quello che non avevamo imparato al Tormenta, perché non sono stati anni vincenti di squadra ma individualmente facevo il mio, è stato proprio questo spirito vincente di squadra. Sentire il successo come collettivo che mi ha aiutato anche come persona che fa parte di una società che vince. Si crea proprio un’energia diversa, che ti fa allenare in modo diverso, diventava quasi un’ossessione vincere.
Sei entrato nella fondazione della League One, sei entrato nella fondazione della MLS Next Pro, che differenze hai visto dal pinto di vista organizzativo e delle squadre?
Ovviamente prima di tutto gli stadi e quello che è un po il motivo della nascita della Next Pro, sviluppare giocatori per la prima squadra, quindi tutti si concentrano a giocare bene, non necessariamente a vincere, non sviluppi un ragazzo nel buttare palla in avanti e correre. E’ stato molto rinfrescante giocare questi ultimi anni a questo livello, perché ogni partita è bella e ti diverti a giocare, ovviamente, ripeto, giocando nei campi d’erba dove giocano le prime squadre, il terreno è perfetto.
La differenza più grande tra le due leghe, sarà anche questo ovvio, sono i soldi. Qua, in Next Pro investono, a partire dai viaggi, col Tormenta ti mettevano in autobus per 10-11 ore o col volo delle 6 del mattino perché era quello che costava di meno, qua nemmeno ci pensano, ti mettono sull’aereo col giusto riposo, il più conveniente per il giocatore. Stessa cosa gli hotel, molto buoni, cibo sempre buono, non si può paragonare nemmeno il budget perché il divario è troppo ampio, sembrano due sport diversi. Altra differenza è il centro sportivo, ovviamente sempre parlando di budget, lo sviluppo del centro sportivo è in linea col resto della MLS, al Tormenta avevamo una sorta di spogliatoio senza manco le docce, ti sciacquavi giusto dopo l’allenamento. Qua al Columbus hai di tutto.
Parlando di centri sportivi, ovviamente Dallas Fc e Real Salt Lake sono stati il fiore all’occhiello delle Academy e adesso tutti si stanno livellando, è così anche a Columbus?
Ai Crew quest’anno c’è una spinta enorme per l’Academy, hai parlato di Dallas, mi ricordo col Tormenta quando siamo andati a giocare con North Texas di Pepi, Reynolds e con loro hanno fatto il successo, anche monetario, di questi giocatori. Quindi tutti gli altri si stanno svegliando pian piano per sviluppare dei ragazzi che possono avere un successo incredibile.
Il nostro Sebastiano Trovato, a proposito di giocatori, ti chiedeva se pensavi che Farsi potesse far così bene in MLS e cosa pensi di Russell-Rowe.
Farsi si, perché sembra un motorino, lo vedi in settimana dove sembra rotto e poi il sabato o la domenica non smette di correre, ha una personalità e una voglia di vincere pazzesca ed è bravo. Giocare con lui è stato facilissimo, automatismi dal primo momento.
Russell-Rowe era infortunato quando sono arrivato, ragazzo molto timido e non si capiva cosa facesse durante gli allenamenti, tanto che chiesi al Mister informazioni su di lui e se mai avrebbe giocato. Pian piano, dopo l’infortunio, ha cominciato ad allenarsi con la squadra, non riusciva a fare nulla ma segnava, sempre. E’ iniziato il campionato ed è esploso, era sempre nel posto giusto al momento giusto, è stato tra gli attaccanti di movimento più impressionanti di tutto il campionato.
Parlando invece dell’atletismo del soccer americano, tu hai visto differenze tra la USL e la MLS, anche magari differenze con l’esperienza in Inghilterra?
Guarda, credo anche anche Federico Pizzuto mi darebbe ragione, noi come Crew 2, lavoriamo più della prima squadra, nella preparazione fisica. Giustamente la prima squadra deve vincere nel weekend e si devono sentire bene, non si devono infortunare, perciò i giocatori devono essere trattati con più riguardo. Noi veniamo “massacrati”, dal lunedì al venerdì, 3-4 volte in palestra a fare sollevamento pesi, un lavoro che ti fa dubitare della condizione fisica il giorno dopo per via della stanchezza e poi c’è allenamento sul campo. Loro non ci vogliono freschi il weekend quando andiamo a giocare, non ci sentiamo al top ma abbastanza in forma per giocare. Pure in USL non era così, ma anche dovuto al fatto che alcune squadre non hanno le palestre di proprietà, toglie quindi la possibilità ai giocatori di andare quando vogliono. Danno comunque tanta importanza al lavoro che si fa, analizzando tutto: chilometri percorsi, salti in alto e in lungo ecc.. Un aspetto del calcio americano che mi impressiona tantissimo.
Parlando di futuro, ci sono delle prospettive di vederti in MLS o hai altri piani particolari?
Non si sa mai nel calcio, ho fatto una bella impressione su Columbus, la questione qui non è quanto è bravo il calciatore, ma a cosa serve in quell’anno a quella società. Bisogna proprio trovarsi nel posto giusto al momento giusto, che va benissimo, bisogna essere pronti. Ci sono tantissimi ragazzi, anche miei compagni di squadra che in MLS ci giocherebbero ma non è che non vengano visti ma solo che queste squadre non ne hanno bisogno in un certo momento. La mia situazione, senza dare troppi dettagli, è questa qui: scegliere di rimanere nelle seconde squadre e aspetti (e speri) di essere il profilo giusto per fare il salto, oppure si torna in USL, in Championship a fare una bella carriera in un campionato che ormai sta diventando un campionato più serio.
L’avvento della MLS Next Pro ha reso il mercato interno molto più semplice tra prima e seconda squadra rispetto a com’era una volta tra MLS e USL, ci pensi quando parli di fare il salto oppure no?
Quello che ho visto, quando vedo Columbus ti dico che non calcolerebbe mai, o comunque non sarebbero le prime scelte, i ragazzi in USL perché ce li ha in casa, perciò quando si va in USL dev’essere una cosa speciale, che ti potrebbe in casi particolari portare in MLS. Il che va bene, anzi, alcuni ragazzi hanno rifiutato la MLS perché fanno più soldi in USL. Onestamente, pensando al mio futuro, se ritornassi in USL, mentalmente lascio stare la MLS, mi metto in pace con me stesso, lo dico davvero, per come sento dirigenti e scout, per come calcolano la USL, quando “scendi” in quel campionato, ci stai.
Ovviamente, il sogno, il desiderio è l’Europa, meglio in Italia, giusto qualche anno, per poter giocare davanti ai miei amici, parenti e quello è l’aspetto che cerco proprio per provare quel campionato. Sono andato via piccolissimo quindi non so come sia, sperimentare il paese, la mia preparazione fisica, tutti i fattori che mi intrigano.
Con l’expansion team di San Diego, ci stai pensando, saresti interessato ad andare?
Certamente, ci andrei a piedi! Questo è il bello dell’America, ciò che ha portato Messi in MLS, riesci a combinare il calcio con le città più belle e divertenti da viverci al mondo.
Magari visto l’amore per San Diego da parte di tutto lo staff di MLS Soccer Italia, organizziamo una macchinata per la presentazione così da non farti arrivare stanco dalla camminata.
A parte tutto, queste le parole di Marco Micaletto, è stata una piacevole chiacchierata con un grande professionista che ringraziamo per il suo tempo e auguriamo il meglio.
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