Perché i tifosi dei Galaxy stanno boicottando la squadra

Se avete seguito in diretta il derby di Los Angeles giocatosi la scorsa domenica sera, potreste esservi accorti di qualcosa di strano. Se non ve ne siete accorti, o se non avete seguito la partita, vediamo se riuscite a percepire qualcosa dagli highlights. Basandovi esclusivamente su ciò che sentite, chi direste che abbia giocato in casa? Già il fatto che sia difficile da comprendere potrebbe dirci che, in quello che dovrebbe essere una delle rivalità più accese della MLS, qualcosa di strano è successo. Quello in cui si è giocata l’ultima edizione di El Trafico non è il Rose Bowl, dal momento che quella partita è stata posticipata al quattro luglio dopo l’annullamento causa maltempo dello scorso febbraio, e basta guardare, e non solo ascoltare, i video della partita per riconoscere facilmente segnali evidenti del fatto che la partita si sia svolta al Dignity Health Sports Park, casa dei Los Angeles Galaxy. Eppure, nonostante uno stadio che ha registrato il tutto esaurito durante la partita si sono sentiti, nel miglior caso principalmente e nel peggior caso egualmente, i seimila tifosi di Los Angeles FC, uscito poi con la prima vittoria della sua storia in casa del nemico per 3-2 in quella che è sembrata tutto tranne che una trasferta. Il particolare calore della tifoseria di LAFC da solo non può bastare per spiegare come sia stato possibile un così significativo ribaltamento delle forze in campo, ma forse ci può aiutare a capirlo un aeroplano volato sopra il Dignity Health Sports Park durante il primo tempo del derby.

La mossa, che ha ricordato l’esperienza londinese del Wenger Out, nasce per dare voce, in quella che è l’evento più visibile a livello nazionale della loro stagione, ai gruppi organizzati del tifo dei Los Angeles Galaxy, assenti dallo stadio per via del loro boicottaggio nei confronti della franchigia. Il nodo della questione, come scritto in maniera molto chiara nello striscione, è il continuato impiego nella franchigia del presidente Chris Klein e del direttore tecnico Jovan Kirovski, padri padroni dei destini tecnici dei Galaxy ed in carica dal gennaio 2013 e che, dopo una MLS Cup nel 2014, con però il nucleo già costruito dalla precedente direzione, hanno gestito la franchigia lungo il suo decennio più difficile, fatto di numerose assenze ai playoff, tante scelte sbagliate e, soprattutto, nessun altro trofeo. In particolare, l’evento scatenante del boicottaggio è stato il rinnovo firmato da Chris Klein lo scorso inverno, nelle ore immediatamente successive alla decisione della MLS di multare e squalificare Klein per aver firmato l’ex Boca Cristian Pavon ad un contratto da Designated Player nonostante la franchigia non avesse più slot a disposizione. Come pena aggiuntiva per la franchigia, alla squadra è stato impedito di fare acquisti dall’estero nella finestra estiva, lasciando i losangelini in una situazione critica, specialmente adesso, con pochi giorni rimasti nel mercato MLS per fare affari fino alla ripresa delle contrattazioni in luglio.

 

Intervistato da Jeff Carlisle di ESPN, Andrew Alesana, presidente di uno dei gruppi del tifo organizzato, gli LA Riot Squad, ha spiegato le ragioni della tifoseria: “Non è stata una decisione d’impulso per la squalifica. Non è stata una decisione d’impulso perché LAFC ha vinto il campionato. C’è stato un lento gocciolare e una lenta erosione del nostro front office per dieci anni”. La protesta, dunque, non ha una singola ragione d’esistere, non è stata accesa da un singolo fuoco, ma da quello che viene definito come un processo lungo quanto l’erosione di una roccia, una serie di situazioni critiche che sommate tutte insieme dipingono uno stato abbastanza deprimente della situazione. I Galaxy non sono la peggiore squadra della MLS, hanno un roster interessante, con grosse pecche ma anche con molto potenziale, e non sono nemmeno il peggiore settore giovanile, pur non sapendo sfruttare al meglio una regione ricca di talento. Non hanno il peggiore stadio, non hanno mai coperto, come altre franchigie, azioni potenzialmente criminali dei propri giocatori. Non hanno nemmeno la peggiore mascotte, insomma, non sono disastrosi, questo è indiscutibile.

Ma forse il punto vero della questione – ed è un qualcosa che sembra trasparire ascoltando anche le parole dei tifosi – è che questi sono i Los Goddamned Angeles Goddamned Galaxy, il brand più riconoscibile della MLS a livello internazionale, la prima franchigia ad arrivare a quota cinque MLS Cup, un simbolo di odio per tutta una generazione di tifosi delle altre squadre secondo cui la lega faceva le regole apposta per i loro figli preferiti con base a Carson, sobborgo della Città degli Angeli. La mediocrità, o anche solo il non essere un disastro, non può, o non dovrebbe, essere la loro dimensione definitiva – sia nel senso di non modificabile sia nel senso di definizione. I Galaxy non sono più il nemico di nessuno, se non dei loro rivali cittadini, non aggregano intorno a loro l’acredine dei tifosi del resto del paese che non aspettano altro che prendersela con le élite costali. Non sono i Lakers, non sono i Dodgers e non sono, soprattutto, Los Angeles FC, che ormai sembra aver preso il loro posto come villain della lega.

La ragione di questo crollo va cercata nei risultati sul campo – nelle otto stagioni dall’ultima MLS Cup i Galaxy hanno mancato l’accesso ai playoff in metà delle stagioni, senza andare più avanti delle semifinali di Conference nelle altre, e anche l’onta del primo cucchiaio di legno della franchigia nella stagione 2017 – e la spiegazione di questi risultati sul campo va spiegata con l’instabilità a livello di guida tecnica, a cui, però, nonostante le innumerevoli scelte sbagliate, non è mai seguita altrettanta instabilità nei quadri dirigenziali. Klein e Kirovski sono rimasti alla guida nonostante abbiano avuto modo di guidare ogni rivoluzione tecnica della franchigia, e lo hanno fatto godendo di poteri praticamente senza limiti o almeno mai adeguatamente precisati dall’organizzazione. Non è scritto da nessuna parte quali siano i compiti specifici di Jovan Kirovski, con fonti anonime che hanno riportato a Jeff Carlisle di ESPN che il direttore tecnico di fatto “faccia quello che vuole” e che nel corso degli anni abbia spinto per portare a termine acquisizioni contro il volere del proprio tecnico. Alla stessa maniera, non è chiaro a chi i due deleghino i compiti di osservazione e analisi dei potenziali acquisti, dal momento che i Galaxy ancora oggi non hanno un reparto di analytics e solamente un solo osservatore a tempo pieno sotto contratto, ed è risaputo che negli anni la maggior parte degli acquisti – come, ad esempio, i tanti giocatori francesi passati a Los Angeles negli ultimi anni, da Ciani e Alessandrini a Cabral e Grandsir – vengano fatti grazie alla rete di connessioni sviluppate nel corso degli anni da Klein con alcuni agenti.

Tutti questi elementi, la mancanza di trasparenza e l’incapacità da parte della dirigenza di prendersi le proprie responsabilità hanno portato i tifosi a chiedersi, come ha affermato Manny Martinez, presidente di un altro gruppo organizzato, i Galaxy Outlawz, “come possiamo andare avanti così?”. La risposta dei tifosi è stata che non è più possibile farlo. All’annuncio del boicottaggio è seguito un primo incontro con la dirigenza il diciassette gennaio scorso, incontro all’interno del quale Dan Beckerman, CEO di AEG, la compagnia proprietaria della franchigia, ha confermato la fiducia dell’organizzazione in Klein, che secondo lui farebbe “cose dietro le quinte che i tifosi non possono vedere”. La risposta, considerata insufficiente, ha dunque portato la tifoseria a rinunciare ad un secondo incontro con Klein in presenza e a prolungare il proprio sciopero anche all’inizio della stagione regolare. Alla prima partita casalinga della stagione, contro i Vancouver Whitecaps, fuori dal Dignity Health Sports Park è stata organizzata una dimostrazione, e anche se la presenza di pubblico allo stadio ha dimostrato che il tifoso medio non si identifica necessariamente con le istanze del tifo organizzato, l’assenza di atmosfera e il silenzio assordante sugli spalti ha dato la percezione che, se la situazione fosse andata avanti senza alcuna risoluzione, sul lungo periodo non avrebbe esitato a creare problemi alla franchigia.

 

Forse sentendo la pressione in arrivo dalla tifoseria, nei giorni precedenti alla prima edizione stagionale di El Trafico, Chris Klein ha inviato una lettera agli abbonati, di fatto riconoscendo per la prima volta l’esistenza di un boicottaggio in atto da parte della tifoseria e mettendo dei paletti ben precisi ad una sua eventuale riconferma, quasi come ad offrire un ramoscello d’olivo, un compromesso tra due posizioni estreme: nella lettera Klein parla di un presunto “piano quinquennale” iniziato con l’assunzione nel 2021 di Greg Vanney, affermando che qualora la squadra non riuscisse a raggiungere il traguardo previsto di “passare il turno” nei playoff 2023, lui rassegnerebbe le sue dimissioni. Il messaggio stesso però è estremamente vago dal momento che con il format ristrutturato dei playoff MLS in arrivo per questa stagione, di fatto il target indicato da Klein potrebbe non solo non coincidere con un miglioramento rispetto all’anno precedente, ma addirittura con un peggioramento. Non è chiaro, e l’impressione è che sia voluto, se per “passare il turno” Klein intenda anche solo vincere il play-in in gara secca tra la nona e la ottava in classifica della Western Conference – nel 2022 i Galaxy hanno terminato l’Ovest in quarta posizione, conquistando il fattore campo nel primo turno, poi passato, contro Nashville SC.

La risposta dei tifosi è arrivata per mano di Andrew Alesana, presidente della LA Riot Squad, e non ha assunto in alcuna maniera dei toni concilianti. “Dicono che ‘se ami qualcosa, devi saperla lasciare andare’. Io credo che, per te, quel momento sia arrivato”, afferma in apertura Alesana, rinforzando fin dall’inizio il messaggio della tifoseria e il rifiuto di qualsiasi compromesso. “Giocavi per i Galaxy quando l’aspettativa era vincere la MLS Cup, e così noi misuravamo ogni nostra stagione”, conclude Alesana nella sua lettera, “ora, hai abbassato quelle aspettative a semplicemente qualificarsi e ad ‘avanzare’ in essi. […] Se tu amassi veramente questa squadra, lo riconosceresti, e lasceresti a qualcuno il lavoro di alzare quegli standard dove una volta erano situati”.

 

Nella sua lettera, Alesana fa riferimento anche a “l’eccessiva pressione” che il traguardo identificato da Klein piazza sulle spalle di squadra e staff tecnico, legando il proprio destino a quello delle prestazioni dei suoi sottoposti. Colta nel mezzo delle due parti, la squadra allenata da Greg Vanney sembra soffrire pesantemente l’impatto di questa situazione. Non solo o non particolarmente sul campo, dove le difficoltà sono quelle endemiche mostrate dai Galaxy di Vanney nel corso degli anni, con l’inefficacia del 4-3-3 causata dal livello semplicemente mediocre degli esterni d’attacco a disposizione e l’insistenza del tecnico a non voler passare ad un 3-5-2 – con cui però aveva vinto una MLS Cup a Toronto – citando delle preoccupazioni dal punto di vista difensivo che non reggono visto che la squadra, ad oggi, è in uno stato di perenne urgenza in difesa.

Fuori dal campo, l’atmosfera per i losangelini sembra essere, se possibile, anche peggiore, e questo sta avendo effetti diretti sul gruppo, forzando alcuni dei membri più visibili della squadra ad intervenire per cercare di motivare i Galaxy anche in assenza dei tifosi. Nelle interviste alla stampa delle ultime settimane, molto spesso i tesserati della franchigia sono sembrati sprezzanti, hanno cercato di coltivare una narrazione da us vs them, forse sperando di riuscire a toccare qualche corda ancora mai vista all’interno dello spirito della squadra. In particolare il tecnico Greg Vanney si è spinto a definire i suoi stessi tifosi come “rumore dall’esterno” di cui la squadra non si deve preoccupare e le loro proteste “stronzate” con cui i giocatori non devono trovarsi a perdere tempo, un sentimento confermato dal Chicharito Hernandez, che ha dichiarato “ad essere onesto, sono stanco di sentire le voci che vengono da fuori, il rumore, e come ha detto Greg, la missione di quel rumore è di dividerci e questo non succederà”.

I Los Angeles Galaxy sono ancora oggi, con ogni probabilità, il brand della MLS più famoso e riconoscibile a livello mondiale. Ma a questo punto è legittimo chiedersi per quanto ancora lo possano essere. Ormai quasi un decennio di mediocrità assoluta hanno allontanato la franchigia più vincente nella storia della lega da qualsiasi aspettativa di titolo. Anche Klein, di fatto, e senza volerlo, ammette di aver fatto un lavoro molto meno che ottimale nel momento in cui stabilisce come asticella per il successo passare il turno ai playoff. Questa squadra, specialmente con una rivale cittadina che continua a riscrivere il concetto di ambizione in MLS, non può permettersi molti altri anni di silenzio senza diventare, di fatto, i Clippers rispetto ai Lakers o, per rimanere in tema calcistico, l’Everton rispetto al Liverpool. E anche volendo credere che Klein e Kirovski abbiano le capacità per fermare un processo di discesa che hanno messo in moto loro stessi, diventa dieci volte più difficile riuscirci senza il supporto della propria tifoseria e in una situazione di ambiguità che non può certo aiutare il gruppo squadra. Con i gruppi del tifo organizzato sempre più inscalfibili nella loro posizione, l’impressione è che presto Phil Anschutz, il proprietario ottantatreenne della franchigia fin dalla sua nascita, sarà costretto a prendere una decisione che potrebbe segnare il destino dei Los Angeles Galaxy per gli anni a venire.

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