Cosa sappiamo della morte di Grant Wahl

Grant Wahl è stato uno dei più grandi giornalisti della sua generazione. Non solo del calcio statunitense, non solo negli Stati Uniti. Entrato in Sports Illustrated subito dopo la sua laurea a Princeton nel 1996 – dove copriva per il giornale studentesco la squadra di calcio dei Tigers allenata da Bob Bradley – Wahl è diventato immediatamente una delle voci principali della celebre rivista sportiva. La sua prima cover story risale al 1998, anno del primo mondiale maschile coperto per Sports Illustrated, e dettagliava il crescente numero di figli illegittimi avuti dalle stelle dello sport statunitense.

 

Nel 2002, a ventotto anni, ha scritto una delle storie di copertina più celebri nella storia dello sport mondiale, quella su un allora adolescente LeBron James pronto a sconvolgere la pallacanestro NBA direttamente in uscita dal liceo. Del 2008 è invece The Beckham Experiment, un libro sull’avventura ai Los Angeles Galaxy di David Beckham che ha lasciato tracce anche in un feud, poi rimarginato, tra le due stelle della squadra, il leggendario inglese e Landon Donovan. All’epoca divenne il primo libro sul calcio ad entrare nella lista dei bestseller del New York Times. Nel 2011 addirittura provò a candidarsi alla presidenza FIFA, senza però ricevere alcuna lettera di sostegno da una federazione internazionale. Più recentemente Wahl aveva lanciato il suo substack e, in un podcast, aveva raccontato, con l’aiuto del protagonista, la storia di Freddy Adu.

 

Ma una lista dei traguardi ottenuti forse fallisce nell’identificare al meglio tutto quello che Grant Wahl è stato. Se anche non avete mai seguito il calcio statunitense, è possibile che abbiate letto anche solo una volta qualcosa di Grant Wahl, fosse anche solo un tweet. Era il volto di un movimento sportivo tanto quanto alcuni dei suoi atleti più rappresentativi. Ha spinto per tutta la sua carriera affinché i media mainstream statunitensi si occupassero di calcio, ha coperto tutte le storie più importanti dello sport rendendole un evento a cui prestare attenzione anche quando il soccer era infinitamente meno popolare di quanto lo sia ora.

 

Ha promosso, discusso, spinto il calcio femminile, sfruttando la sua visibilità per imporlo anche davanti agli occhi di chi non voleva neanche vederlo. Nel 2020 è stato licenziato dopo ventiquattro anni di servizio da Sports Illustrated per aver criticato i tagli allo stipendio dei giornalisti meno remunerati voluti dal CEO dell’azienda, ed è stato una parte importante nel fondare il sindacato dei lavoratori di Sports Illustrated. Aveva, incidentalmente, anche un senso dell’umorismo tale da mettere a lungo come propria immagine di copertina una sciarpa dei tifosi di Minnesota United che recitava “You know nothing Grant Wahl”.

 

Grant Wahl è morto nella notte qatariota, dopo essersi sentito male durante i tempi supplementari di Argentina-Paesi Bassi nella tribuna stampa del Lusail Iconic Stadium. Le circostanze della sua morte ancora non sono state chiarite, ma subito dopo le prime voci della sua scomparsa, teorie su un coinvolgimento del governo qatariota hanno iniziato a prendere forma, alimentate soprattutto dal messaggio di Eric Wahl secondo cui il fratello Grant sarebbe stato assassinato. Le ragioni di queste teorie sono basate principalmente sul lavoro e sulle dichiarazioni di Grant Wahl, apertamente critiche, e non solo in tempi recenti, sul mondiale in Qatar.

 

Durante la cerimonia d’apertura, Wahl ha definito come “allineata al regime” la copertura dell’evento del broadcaster statunitense FOX, la cui programmazione è stata finanziata e sponsorizzata da enti qatarioti come Qatar Airways. Poco prima di Stati Uniti-Galles, Wahl è stato momentaneamente fermato allo stadio per aver indossato una maglietta in supporto dei diritti LGBTQ. Nel suo ultimo post su Substack, Wahl affermava che al Qatar “semplicemente non importa” delle morti dei lavoratori edili quasi tutti attirati in Medio Oriente con metodi senza mezzi termini schiavistici.

 

Con l’attivazione immediata del dipartimento di stato degli USA, che è già in contatto con ufficiali qatarioti e con la famiglia di Wahl, tra cui la moglie ed infettivologa Celine Gounder, è legittimo attendersi che qualora ci sia dolo dietro la morte del giornalista statunitense, le indagini lo faranno venire alla luce. Ma anche se nella parte più recondita della nostra coscienza una vocina ci dice di coltivare il sospetto per un governo dittatoriale e che semplicemente non era preparato al numero di critiche che sarebbero arrivate, dobbiamo alla memoria di un grande giornalista e alla sua etica lavorativa il non cadere nella tentazione del gossip, delle teorie senza uno stralcio di prova e attenerci ai fatti.

 

 

Sappiamo che nei giorni precedenti alla sua morte, Grant Wahl è stato male. Lui stesso lo ha riportato in più momenti, sia sul suo podcast che su Substack: “Il mio corpo alla fine ha ceduto. Tre settimane di poco sonno, tanto stress e molto lavoro possono farti questo. Quella che era una febbre negli ultimi dieci giorni è diventata qualcosa di più severo nella notte di Stati Uniti-Paesi Bassi, e potevo sentire nel mio petto un nuovo livello di pressione e dolore. Non ho preso il Covid (vengo testato regolarmente qui), ma oggi sono andato in una clinica medica al media center e mi hanno detto che probabilmente è una bronchite. Mi hanno dato un giro di antibiotici e dello sciroppo per la tosse, e mi sto già sentendo meglio dopo poche ore. Ma comunque: no bueno”.

 

Sappiamo anche che molte nazionali hanno vissuto un’esplosione dei contagi di febbre nei loro ritiri e che molti tifosi si sono lamentati degli stadi troppo freddi per l’aria condizionata. Il New York Times ha riportato che Wahl stava seguendo un calendario molto aggressivo di articoli e podcast e che durante questo mondiale era oberato di lavoro.

 

Abbiamo anche testimonianze dirette dalla tribuna stampa dello stadio di Lusail, inclusa quella del giornalista argentino di Record Carlos Ponce de Leon, secondo cui il corpo di Wahl non sarebbe stato portato fuori dallo stadio fino alla fine dei rigori, quando era già in uno stato non responsivo, dicendo in modo conciso al corpo stampa che lo stavano portando in ospedale e che non ci sarebbero state altre informazioni ufficiali. Inoltre, in tutto lo stadio – capace di ospitare ottantamila persone e centro strategico di un mega progetto come quello della città di Lusail da quarantacinque miliardi di dollari – non era presente neanche un defibrillatore. Una tale impreparazione sembra fare il paio con molti report usciti in giro per il mondo riguardo alla scarsa organizzazione di questo mondiale e alle falle che neanche montagne di soldi hanno saputo coprire, dai fan villages nel deserto fino al fatto che il tanto pubblicizzato stadio modulare forse proprio proprio modulare non lo è.

 

Ancora una volta, fare giudizi definitivi su cosa abbia causato la morte di Grant Wahl sarebbe una speculazione che lui per primo rigetterebbe. Visto ciò che conosciamo, l’ipotesi più probabile e logica è che una serie di coincidenze tragiche, dall’eccessivo accumulo di lavoro all’incompetenza / impreparazione di chi dovrebbe garantire la sicurezza dei milioni di visitatori del paese mediorientale, ma non possiamo escludere che ci siano altri fattori da tenere in considerazione, fattori che, ad oggi, non possiamo conoscere.

 

Quello che resta è un vuoto incolmabile all’interno della comunità calcistica statunitense. Grant Wahl è stato il primo, e per molti anni l’unico, a trattare il calcio statunitense come un argomento di primo piano. Ha aiutato e supportato un’infinità di piccoli blog, nuovi autori, aspiranti giornalisti, e basta cercare il suo nome per leggere decine se non centinaia di storie del genere. Ha aiutato a costruire una comunità solida che prima del suo arrivo non esisteva. Era il volto più riconoscibile della passione USA per il soccer, uno statunitense che era riuscito a diventare uno dei volti più riconoscibili del giornalismo calcistico.

 

Ha tradotto quella che era un’occupazione secondaria nel suo primo lavoro, convincendo Sports Illustrated – in cui era l’unico giornalista a parlare di calcio – a farlo occupare dello sport a tempo pieno nonostante le pagine più note della sua carriera abbiano avuto come tema la palla a spicchi. Di fatto, ha creato da zero la professione di giornalista calcistico negli Stati Uniti. Come ha detto Grace Robertson, quando il mondiale maschile tornerà negli Stati Uniti trentadue anni dopo il 1994 lo farà in una situazione e in un ambiente completamente diverso ed è difficile pensare a qualcuno che si sia speso maggiormente per questo cambiamento di Grant Wahl.

Facebook Comments