I tifosi di Portland possono acquistare Timbers e Thorns?

Il 2022 non è l’anno del bipartisan nella politica statunitense (e mondiale). Eppure durante l’ultimo dibattito televisivo per le elezioni governatoriali dell’Oregon Merritt Paulson è riuscito nell’impresa di creare un fronte bipartisan — anzi, tripartisan — deciso a contrastarlo. Nonostante disaccordi su praticamente qualsiasi tematica possibile, la candidata democratica e progressista Tina Kotek, l’indipendente e moderata Betsy Johnson e la repubblicana e trumpiana Christine Drazan hanno tutte concordato sulla necessità che Paulson, insieme al padre Hank, segretario al tesoro del secondo governo Bush, venda le due franchigie in seguito alle scoperte del rapporto Yates sugli abusi generalizzati all’interno del calcio femminile statunitense.

 

Potreste dire che quella delle candidate sia solo una posizione di comodo alla ricerca di quel piccolo vantaggio che possa garantire loro l’incarico più importante nello stato, o che sia politicamente l’unica posizione che non rappresenti un suicidio, e probabilmente è vero. Ma se la situazione è questa è perché, evidentemente, nessuno che abbia anche solo idea di cosa siano Portland Timbers e Portland Thorns ritenga Merritt Paulson una persona adatta a guidare due franchigie professionistiche. E in particolare, a essere schierati contro la sua permanenza, sono i tifosi. Durante la semifinale del NWSL Championship ospitata dalle Portland Thorns contro San Diego Wave, decine di migliaia di tifosi si sono presentati al Providence Park con cartelli che incoraggiavano Paulson alla vendita, e questo dopo settimane di proteste inscenate al di fuori dei cancelli dello stadio con lo stesso esatto messaggio.

 

Detto che è improbabile che la MLS e la NWSL costringano Merritt Paulson a cedere, due potenziali gruppi di acquirenti hanno iniziato a farsi avanti, mostrando interesse per entrambe le franchigie. Da una parte c’è un gruppo di investitrici guidato dall’ex dirigente Nike Melanie Strong, uscita dalla compagnia in seguito a dispute sulla disparità salariale tra uomini e donne nella compagnia dello Swoosh, mentre dall’altra c’è il progetto della Onward Rose City. Questo gruppo, che ha il suo volto in Chris Bright, executive partner del fondo Elevate Capital, si pone come obiettivo quello di rendere Thorns e Timbers di proprietà dei propri tifosi ed ha già ricevuto l’endorsement sia del 107 Independent Supporters Trust sia dai gruppi organizzati delle due tifoserie, Timbers Army e Rose City Riveters.

Se la loro campagna avesse successo, rappresenterebbe un momento storico non solo per il calcio statunitense, ma per l’intero movimento sportivo nazionale, dal momento che tra tutte le leghe professionistiche solo una situazione storicamente particolare come i Green Bay Packers rappresenta un esempio di fan ownership nelle Major Leagues. Il problema è che si tratta di un’impresa veramente complessa. Affinché la loro missione possa riuscire, non basterà dimostrare di avere il capitale per completare un’acquisizione né convincere Paulson a cedere, ma sarà necessario cambiare alcune delle regole — sia a livello MLS che a livello federale — che al momento rendono impossibile un vero modello di azionariato popolare. A rendere interessante la questione però non è solo la premessa che il cambiamento avviene solo quando ci si organizza per attivarlo, ma anche il fatto che una vittoria per questo movimento non risulterebbe solo e necessariamente dal completamento della cessione.

Abbiamo detto di regole interne alla federazione statunitense e alla MLS che rendono una qualsiasi forma di azionariato popolare dal molto complesso al praticamente impossibile, e per capire cosa intendiamo partiamo dalla USSF e dai suoi Professional League Standards, da qui in poi abbreviati in PLS. I PLS governano l’assegnazione delle varie leghe professionistiche all’interno di un sistema di divisioni – non connesse tra di loro in un’unica piramide, ma, tecnicamente, questo non è uno scenario apertamente vietato – basandosi su una serie di standard minimi che vanno dal numero di squadre, al numero di fusi orari coperti. Questi standard però non stabiliscono solo i requisiti che le varie leghe devono poter seguire, mettendo all’interno anche dei paletti per la possibilità di singole squadre di accedere ad una lega di un certo livello. In particolare per poter essere un club di prima divisione, i PLS impongono che la proprietà sappia dimostrare di avere liquidità necessaria per competere – cinque anni per la prima divisione maschile, tre per quella femminile – e che ci sia un singolo proprietario che controlli almeno il 35% della squadra e che abbia un patrimonio personale di almeno quaranta milioni di dollari al maschile e di quindici milioni di dollari al femminile. Se queste regole non impediscono a priori la possibilità di un club a maggioranza di proprietà dei propri tifosi, ne complicano certamente l’implementazione, costringendo di fatto chiunque volesse lanciarsi in un’impresa del genere a trovare un ricco mecenate che sia disposto a sacrificare una consistente fetta di controllo per supportare una comunità di tifosi.

 

Anche qualora però il gruppo Onward Rose City riuscisse a superare questo ostacolo, la missione non si farebbe più semplice, anzi, semmai sarebbe più complicata. Come in un videogioco di Super Mario, una volta superata la prima missione nuove difficoltà si imporrebbero davanti a chi volesse costruire qualcosa del genere nell’attuale panorama di prima divisione statunitense. Non sappiamo esattamente quale sia la posizione della NWSL sull’azionariato popolare, visto che lo statuto della lega non è pubblico, ma data la struttura da single-entity che la NWSL condivide con la MLS – oltre ad un numero consistente di proprietari con investimenti in entrambe le leghe – è possibile che il loro statuto non sia così differente da quello della lega maschile, che proibisce esplicitamente il modello di azionariato popolare. In primo luogo, essendo appunto un’entità singola, qualsiasi nuovo proprietario investa nella MLS e nella NWSL, come sottolineato in quest’ottimo spiegone sullo statuto della MLS riguardante le nuove proprietà, non investe nella singola squadra, quanto piuttosto acquista una quota della lega stessa e assume il controllo operativo di una delle sue franchigie. Per questa ragione, dunque, un qualsiasi passaggio di proprietà a qualsiasi entità deve essere votato da tutti gli investitori con una super-maggioranza – e, come nel caso di Dell Loy Hansen nel 2020, una consistente maggioranza può anche costringere un investitore a vendere. Per gli stessi motivi, nello statuto della lega viene proibita il trasferimento anche solo di una percentuale della proprietà ad agenzie governative o quasi-governative, e organizzazioni o fondazioni no-profit o di beneficienza, ed è estremamente probabile che una qualsiasi entità legale che volesse rappresentare i tifosi rientrerebbe in una di queste casistiche.

 

La speranza del progetto Onward Rose City, e la missione per cui si sono attivati, è che non è scritto da nessuna parte che le regole debbano essere per sempre quelle. In fin dei conti, tutte queste informazioni sono di dominio pubblico, come a scoraggiare chiunque decidesse di imbarcarsi in un piano del genere, eppure il gruppo, che ha pubblicamente riconosciuto l’attuale stato delle cose e le difficoltà che si pongono davanti al loro percorso, è stato fondato e sul suo sito aggiorna continuamente il numero di quote e dollari che i tifosi facenti parte dell’iniziativa si sarebbero impegnati a investire. Come ha sottolineato un tifoso coinvolto nel progetto ai microfoni della televisione locale KATU, questa non è la prima volta che la tifoseria della Rose City si ritrova a combattere contro dei regolamenti e non sarebbe la prima volta che riuscirebbe ad implementare un cambiamento. Dal divieto di utilizzare fumogeni all’interno del Providence Park alla battaglia sostenuta insieme alle altre tifoserie organizzate della MLS per l’esposizione del simbolo antifascista dell’Iron Front, la curva di Portland ha sempre rappresentato una delle forze più attive per il cambiamento nel calcio statunitense. E, almeno da un lato di questa loro battaglia, potrebbero presto trovare il supporto di cui potrebbero avere bisogno per portare sotto la loro proprietà almeno una delle loro franchigie.

 

All’interno di una lettera inviata ai propri soci/investitori, infatti, Minnesota Aurora FC ha annunciato di voler iniziare ad esplorare la possibilità di un passaggio nel professionismo. Il Minnesota Aurora è un club proprietà di oltre tremila soci con sede a Eagan, Minnesota, e che ha appena concluso la sua prima, esaltante stagione nella USL W-League, una lega pre-professionistica – che dunque ospita giocatrici del college durante la loro off-season – eppure in questa sua prima stagione ha saputo raccogliere una media spettatori eccezionale, superiore anche a quella di alcune franchigie NWSL. La prima divisione statunitense è al momento l’unica lega femminile professionistica, ed è dunque normale che le voci su un possibile arrivo di Minnesota in NWSL si siano moltiplicate. In quel caso, l’Aurora FC dovrebbe trovare, come afferma nella sua lettera, investitori con portafogli ben più profondi e capaci di sostenere i PLS, ma partendo con l’intenzione di mantenere la propria natura di club comunitario, delle eventuali trattative con la NWSL potrebbero anche facilitare il percorso per il gruppo Onward Rose City. C’è da dire, però, che la NWSL non rimarrà a lungo l’unica opzione per il professionismo nel calcio statunitense. Proprio la USL ha annunciato nel 2021 l’intenzione di fondare la sua Super League, una lega professionistica di calcio femminile che possa occupare il gradino oggi vuoto di seconda divisione nel panorama calcistico statunitense, e la data di partenza prevista è per il settembre 2023, con l’intenzione di avere un calendario allineato con i principali campionati europei.

 

Indipendentemente dal potenziale aiuto che il progetto possa ricevere dall’estremo Nord del paese, Onward Rose City andrà avanti. È ancora presto per capire se potrà veramente ambire ad acquisire la proprietà delle due franchigie, ma quello che appare sicuro – anche se nessuno dei responsabili lo ammetterà apertamente – è che il potenziale del progetto non si restringe solamente alla capacità o meno di riuscirci. Per quanto inflazionata possa essere la citazione di Eduardo Galeano sull’utopia, lo è perché in effetti è una descrizione efficace. Non ci sarebbe bisogno di un club completamente di proprietà dei soci per rendere questo progetto un successo. Che sia attraverso una golden share, attraverso una percentuale di minoranza o semplicemente tramite una nuova e migliore comunicazione con la nuova proprietà, qualunque essa sia, l’impegno profuso dalla tifoseria di Portland potrebbe dirsi un successo. Per certi versi, anche solo come tattica per mettere pressione a Merritt Paulson e spingerlo fuori dalla proprietà delle due franchigie potrebbe bastare. Perché alla fine, e questo è chiaro ormai fin dallo scorso anno, le azioni della proprietà hanno creato un solco incolmabile con la tifoseria, e solo un cambio alla guida potrebbe ristrutturare la fiducia del pubblico della Rose City con le due organizzazioni.

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