Cosa dice il rapporto di Sally Yates sulle molestie nel calcio statunitense

Dopo un anno di indagini, oltre duecento testimoni interrogati tra calciatrici, membri dello staff, proprietari e alti dirigenti della federazione statunitense, il team guidato da Sally Yates, ex procuratore generale aggiunto dell’amministrazione Obama, ha pubblicato il proprio report indipendente sui “comportamenti abusivi e la cattiva condotta sessuale nel calcio professionistico femminile” commissionato dalla USSF dopo che nel 2021, a partire dalla denuncia di Richie Burke fatta da Kaiya McCullough al Washington Post e da quella di Paul Riley raccontata da Mana Shim e Sinead Farrelly a The Athletic, un’ondata di rivelazioni sugli abusi commessi da allenatori in praticamente ogni angolo della lega aveva portato, tra le altre cose, alle dimissioni dell’allora commissioner Lisa Baird. Il report completo è lungo 319 pagine, di cui 7 di sommario, 172 contenenti i risultati dell’indagine, 53 di note e due appendici finali di evidenze fotografiche, e lo potete trovare qui, ma in questo pezzo cercheremo di fare una sintesi di quanto è emerso e delle nuove scoperte che hanno dipinto un quadro se possibile ancora più putrescente e disastroso di quanto le varie inchieste giornalistiche – inclusa quella sempre del Washington Post su Rory Dames – non avessero già rivelato.

 

Fin dall’executive summary siamo subito esposti al nocciolo della questione. Dopo aver aperto con un riepilogo di alcune dei casi più gravi di molestie sessuali, il team di Sally Yates afferma (p.2) che “la nostra investigazione ha rivelato una lega in cui gli abusi e le cattive condotte – di tipo verbale, emozionale e sessuale – sono diventati sistemici, colpiscono più squadre, allenatori e vittime. L’abuso nella NWSL è radicato in una cultura più profonda del calcio femminile, che inizia nelle leghe giovanili, che normalizza uno stile di coaching verbalmente abusivo e sfuma i contorni tra calciatrici e allenatori […] Le squadre, la lega e la federazione non solo hanno ripetutamente fallito nel rispondere adeguatamente quando confrontati con denunce delle atlete e prove di abusi, ma hanno anche fallito nell’istituire misure di base che potessero prevenirli o trattarli, anche se in privato alcuni leader hanno riconosciuto la necessita di protezioni sul posto di lavoro”. Non avendo il potere di forzare la partecipazione all’indagine delle parti coinvolte, l’equipe si è trovata davanti alcuni ostacoli, molti dei quali appositamente posti lì da persone e organizzazioni con molto da perdere. Nonostante avessero pubblicamente garantito trasparenza e l’intenzione di partecipare attivamente a qualsiasi indagine sul tema, Yates ha riportato che Portland Thorns, Chicago Red Stars e Racing Louisville hanno tutte interferito con l’indagine ritardando l’accesso a documenti rilevanti anche per vie legali o rifiutandosi di trattare certi argomenti per via di un non-disclosure agreement firmato con l’allenatore accusato di abusi – questo il caso di Louisville e di Christy Holly.

 

Alla conclusione delle indagini si è scoperto che:

 

  • Dalla fondazione della lega le squadre, la NWSL e la USSF hanno fallito nell’istituire misure di base per la sicurezza delle calciatrici (pp. 4-6)
  • L’abuso nella NWSL era sistemico (pp.6-12)
  • Le squadre, la lega e la federazione hanno fallito nel trattare adeguatamente le denunce e le prove di cattiva condotta (pp. 12-13)
  • Allenatori abusivi si sono trasferiti di squadra in squadra e anche alla USSF perché le squadre, la lega e la USSF hanno fallito nell’identificare e informare gli altri delle cattive condotte degli allenatori (pp. 13-14)
  • Una cultura di abusi, silenzio e paura di ritorsioni ha perpetuato le cattive condotte (pp. 15-16)
  • Le calciatrici mancavano sicurezza lavorativa e protezione dalle ritorsioni, scoraggiando ancora di più le denunce (pp 16-17)
  • Le squadre, la lega e la USSF dovrebbero supportare gli sforzi di SafeSport per tenere le calciatrici al sicuro (pp.17-18)
  • Il fallimento della USSF, della NWSL e di alcune squadre nel rispondere adeguatamente alle denunce e alle prove ha posto altre calciatrici a rischio, e ha imposto dall’alto una cultura tossica (p.18)
  • L’abuso nel calcio femminile sembra essere radicato a livello giovanile (p. 18)

 

Per avere un quadro completo della vicenda, dobbiamo, come fa anche il report stesso, tenere in considerazione le ragioni e le tempistiche della nascita della lega e le conseguenze che la fretta data dalla necessità di trarre profitto immediato dall’operazione hanno avuto sulla sicurezza di tutte le atlete. La NWSL nasce infatti nel 2012, poco dopo il fallimento della lega che l’aveva preceduta, la WPS, sulla scorta della popolarità ottenuta dalla nazionale in seguito all’oro olimpico di Londra. Con un forte interesse nel successo della lega, la federazione fece agli albori della lega “significativi investimenti di capitale nella NWSL, incluso il pagamento dello stipendio di alcuni tra calciatrici e membri dello staff. Sunil Gulati [presidente della USSF tra il 2006 e il 2017, oggi parte dell’organismo di controllo finanziario dei club della UEFA, ndr] reclutò i proprietari […] e la federazione accettò di supportare le operazioni della lega in alcuni aspetti chiave. A tutti gli effetti, senza la federazione e la sua leadership, la NWSL non sarebbe stata lanciata” (p. 33). L’ambizione di lanciare questa lega il prima possibile però ha portato la federazione a svolgere superficialmente alcune fasi chiave della pianificazione, tra cui controllare le finanze dei nuovi proprietari e “istituire le infrastrutture o le pianificazioni necessarie per supportare la lega sul lungo periodo” (p.33).

 

La USSF esercita la sua funzione di controllo sulle leghe professionistiche attraverso i Professional League Standards (PLS), che stabiliscono requisiti minimi per ogni aspetto, da quello finanziario a quello delle strutture richieste. Non ci sono però standard per quel che riguarda il comportamento dello staff tecnico e le squadre devono solo dimostrare “un continuato impegno alla promozione del calcio”, che un proprietario controlli non più di una franchigia e che certe posizioni nello staff siano sempre occupate. La lega può però cercare di ottenere dalla federazione un’esenzione e, anche se teoricamente queste vengono assegnate solo per una “giusta causa”, “in pratica, la USSF ha garantito qualsiasi richiesta di esenzione che ha ricevuto, portando alcuni in NWSL a vedere il processo come una formalità” (p.29). Sin dalla sua fondazione, ci dice il report, la NWSL è sempre stata gravemente carente sotto alcuni aspetti come la mancanza di staff e l’accentramento di molti ruoli in singole persone così da ridurre i costi, scarse strutture, standard minimi per l’alloggiamento e una cultura di lega profondamente misogina in cui la quasi totale assenza di diversità ai piani alti ha comportato razzismo, microaggressioni e una generale incapacità di comportarsi di fronte ad atlete nere.

 

Questo ha portato ad una totale assenza di direzione sul tema della sicurezza. Nei primi nove anni di storia, la NWSL ha istituito in tutto due sessioni obbligatorie sulla condotta lavorativa, “una nel 2017, durata solo trenta minuti per le calciatrici) e una nel 2019 (che ha esteso l’allenamento ad un’ora)” (p.36). Un aiuto potenzialmente utile per risolvere alla radice alcune problematiche era il sondaggio anonimo che la NWSL ha distribuito, sotto indicazione di Gulati, a tutte le calciatrici, in cui veniva loro richiesto di valutare la loro esperienza lavorativa su una scala da 1 a 5 e di fornire eventuali commenti, ma anche questa basilare struttura di sostegno non è mai stata implementata in maniera efficace, soprattutto perché i risultati non sono mai stati comunicati con la lega stessa. In questi sondaggi infatti già dal 2013 erano presenti prove, denunce e conferme dei comportamenti abusivi dei vari Paul Riley, Christy Holly e Rory Dames, e il consenso negativo era praticamente unanime. La USSF inoltre non ha implementato alcuna procedura perché le calciatrici potessero denunciare in sicurezza. Fino alla fondazione della NWSLPA nel 2017, ha trovato l’investigazione, le denunce erano presentate a allenatori o general manager – che spesso erano una singola persona, e in alcuni casi i perpetratori – e addirittura a calciatrici dello USWNT – e alcune di queste, come Alex Morgan e Christen Press, in moltissimi casi hanno rappresentato l’unico sistema di supporto che le vittime potessero avere all’interno del calcio, mettendo addirittura a rischio la propria sicurezza ed esponendosi a ritorsioni, come confermato dalle minacce subite da Press per mano di Rory Dames ai tempi del loro comune impiego presso le Chicago Red Stars.

 

All’interno di questo sistema azzoppato la violenza e gli abusi hanno trovato un ambiente fertile in cui riprodursi e in cui espandersi a livelli di una vera e propria epidemia. È praticamente impossibile trovare all’interno della lega un’organizzazione – tenendo dunque in considerazione anche le relocation – in cui non ci sia stato almeno un caso di abusi, cattive condotte, razzismo, sessismo, omofobia, e che non abbia visto almeno uno dei suoi elementi sospesi o comunque denunciati. In questo 2022, dopo la prima ondata di fuga di notizie, sono stati sospesi dai loro incarichi o licenziati, spesso per merito delle indagini indipendenti che sta conducendo la NWSLPA, i tecnici di Orlando Pride – Amanda Cromwell – Houston Dash – James Clarkson – e Washington Spirit – Kris Ward. Inoltre, grazie al report, abbiamo scoperto che Alyse LaHue, general manager di NJ/NY Gotham licenziata lo scorso anno per una non meglio chiarificata “violazione della policy anti-harassment della lega”, aveva molestato una calciatrice. L’obiettivo dell’indagine, comunque, come viene affermato nel testo, non era quello di redigere un rendiconto completo di tutte le situazioni di molestie e abusi all’interno della NWSL, ma di evidenziare i macro-temi che rendevano queste situazioni possibili ed identificare delle possibili soluzioni. Per farlo, l’equipe di Sally Yates si è concentrata su tre esempi di violazioni fin troppo egregi, sulle figure di tre allenatori la cui traiettoria permetteva di evidenziare i nove punti sottolineati in precedenza, dimostrando come ad ogni singolo step del processo alcune gravissime mancanze dell’intero sistema calcistico avessero permesso ai perpetratori di continuare a danneggiare la carriera e la vita delle calciatrici. I casi sono quelli di Paul Riley tra Philadelphia Independence nella WPS, Portland Thorns, Western New York Flash e North Carolina Courage, quello di Rory Dames nei suoi oltre dieci anni alla guida delle Chicago Red Stars – e nel suo ventennio alla testa di uno dei settori giovanili di maggior successo nella Windy City, i Chicago Eclipse Select, di cui è ancora proprietario – e di Christy Holly tra Sky Blue e Racing Louisville.

 

L’analisi del report parte da Paul Riley. “Fino al 30 settembre 2021 [data della pubblicazione dell’articolo di The Athletic contenente le denunce di Mana Shim e Sinead Farrelly, ndr] Paul Riley era considerato ‘invincibile’ nel calcio femminile statunitense” (p. 49). Dell’allenatore più vincente nella breve storia della NWSL, nonché proprietario e allenatore di uno dei settori giovanili più importanti del paese, con l’uscita dell’inchiesta di The Athletic venivano rivelati gli abusi prolungati e continuati, i comportamenti che ne avevano caratterizzato la carriera su entrambe le coste del paese per oltre dieci anni e che, all’interno dei circoli del calcio statunitense, erano di fatto già conosciuti e tollerati, tanto da far dire ad un proprietario “se tutti sanno [i suoi comportamenti] e nessuno fa niente, quanto brutti possono essere?”. Oltre alle accuse già pubbliche ma comunque corroborate di Shim e Farrelly, l’indagine è riuscita a far uscire anche nuovi dettagli, tra cui l’esperienza di due calciatrici, rimaste anonime, che furono molestate da Riley ai tempi rispettivamente delle Philadelphia Independence e delle North Carolina Courage.

Una gran parte dei comportamenti abusivi di Riley erano conosciuti in giro per la lega e in alcuni casi tollerati vista l’eccezionalità dei suoi risultati sul campo. Testimoni da ogni ramo della NWSL hanno confermato nelle loro interviste di essere a conoscenza delle relazioni sessuali che Riley intraprendeva con le sue calciatrici, mentre la sua condotta violenta, le urla, gli insulti, “l’erosione dei confini” tra allenatore e giocatrici e le sue manie di controllo su ogni aspetto della squadra, dai contratti agli infortuni, esercitando il suo potere per convincere calciatrici a giocare pure se infortunate o ad accettare contratti meno remunerativi per stare in squadra con lui, venivano considerati come “parte del pacchetto”. Specialista nella “manipolazione emozionale” (§ 4.3.2, pp.58-59), gli insulti personali ed estremamente pubblici di Riley vennero denunciati dalle calciatrici già nel sondaggio anonimo del 2014. Eppure il sondaggio non fu revisionato, o comunque quei commenti non furono notati, da nessuno degli alti dirigenti della USSF sul cui tavolo il sondaggio ebbe modo di finire, né nessuno in federazione pensò di notificare la dirigenza Thorns dell’accaduto.

 

Le distanze a cui Portland, comunque, sarebbe arrivata per silenziare ogni voce accusatoria ed evitare uno spargimento di notizie che avrebbe potuto regalare alla franchigia una cattiva pubblicità è comunque, tra le tante violazioni che hanno reso possibile la continuata esistenza di questi bubboni di violenze e abusi all’interno, sono certamente le più notevoli – e non solo nei confronti di Riley, visto come la franchigia ha gestito il caso di Andy Polo e visto che Mike Golub è ancora al suo posto pur avendo, come confermato da Cindy Parlow Cone nella sua intervista, molestato l’allora tecnico delle Thorns e oggi presidente federale. Sappiamo per certo infatti che sin dal 2014 Portland fosse a conoscenza dei comportamenti di Riley dal momento che la USWNTPA riportò a federazione, NWSL e Thorns un feedback in cui il tecnico veniva accusato di aver creato “un ambiente ostile per le calciatrici” (p. 61). Abbiamo anche imparato dalle indagini che il GM Gavin Wilkinson era stato informato dal preparatore atletico sui commenti impropri fatti da Riley sul peso delle atlete, senza però far seguire delle azioni alla sua promessa di indagine sul caso (p.62). Ma è stata la gestione dell’addio di Paul Riley dalla franchigia a rendere il comportamento della dirigenza, dal proprietario Merritt Paulson al GM Gavin Wilkinson, ancora più colluso con il continuo ciclo di rigenerazione di queste violenze e abusi in tutto il paese.

 

Il 16 settembre 2015 Mana Shim inviò a Paulson e Wilkinson una mail in cui dettagliava gli abusi subiti dal tecnico. Sette giorni dopo il direttore delle risorse umane delle Thorns completa il suo rapporto di sette pagine sulla denuncia di Shim. Il rapporto omette alcune informazioni chiave dell’accusa di Shim, non usa le parole “sessuale” e “molestie” e non cita “1) la denuncia di Shim delle ritorsioni e la sua paura di future ritorsioni, 2) la denuncia di Shim sulla diminuzione dei minuti giocati per scelta di Riley dopo la mail del 5 luglio 2015 in cui chiedeva di tenere la loro relazione professionale, 3) la denuncia di Shim dei messaggi in cui Riley dice di volerla ‘fottere’ e che lo ‘arrapava’ istruendola successivamente di eliminare i suddetti messaggi e 4) l’incoraggiamento da parte di Riley a Shim e Farrelly affinché si baciassero nel suo appartamento” (p. 65). Nonostante le molte omissioni che riducevano il caso a dei semplici “comportamenti inappropriati”, comunque, il rapporto decise che alcuni dei comportamenti di Riley costituivano una violazione del contratto d’impiego, e, il 23 settembre 2015, annunciavano al tecnico la fine del loro rapporto lavorativo.

 

Al di là della NWSL, che era stata informata del fatto dalla stessa Shim, i Thorns non annunciarono a nessuno, non allo staff, non alle giocatrici – Shim inclusa – e nemmeno alla stampa, le vere ragioni dell’addio di Riley, e di conseguenza lo resero immediatamente uno dei nomi più desiderati nel mercato allenatori della NWSL. Se però le Sky Blue si tirarono indietro dopo che Lisa Levine, allora consigliere generale della lega, informò la franchigia della denuncia per molestie sessuali – “penso che questo ci faccia cambiare direzione” (p.70), il GM della franchigia Tony Novo scrisse nella sua risposta a Levine – l’interesse di Western New York Flash si fece sempre più forte, e se la USSF decise di non intervenire, pur ritenendo una sua possibile assunzione “non una buona notizia” (p. 70), dirigenza di Portland, richiesta di referenze, nascose attivamente la gravità delle accuse. Wilkinson fece riferimento ad un solo incidente con una calciatrice scontenta la cui indagine interna non produsse prove di malaffare, e via telefono parlò di Riley come di “un buon allenatore” che “assumerebbe di nuovo” (p.70), mentre Paulson si congratulò con Western New York in seguito all’assunzione.

 

Nel 2017 le Flash si trasferirono in North Carolina diventando le Courage. Alla ricerca di referenze sul tecnico da confermare o meno, il proprietario Steve Malik telefonò a Merritt Paulson chiedendo nello specifico per quale ragione lo avessero lasciato andare, e Paulson fece riferimento a questioni di campo, a risultati non soddisfacenti e alla difficoltà nel gestire le calciatrici impegnate con le nazionali, citando un “incidente” che coinvolgeva due calciatrici solo per affermare come fosse uscito pulito da quella situazione. Stando alle testimonianze di Malik e del GM Curt Johnson durante l’intero processo di assunzione e le conversazioni con Thorns, USSF e NWSL, i problemi di Riley con gli arbitri e i suoi comportamenti esagerati in panchina ricevettero più attenzioni dei suoi abusi. Al di là delle mistificazioni di Portland, comunque, il caso di Riley è forse la più notevole evidenza dell’omertà che gli ambiti istituzionali hanno riservato in questi anni ai casi di abusi, lasciando le vittime a dover navigare da sole attraverso il trauma mentre il loro molestatore raccoglieva successi. A partire dal sondaggio anonimo del 2014 ogni singolo anno la USSF è stata notificata dei comportamenti di Riley.

 

Nel 2015 c’è stata la denuncia di Mana Shim, nel 2016, 2017 e 2018 i rapporti presentati dalla USWNTPA, l’associazione delle calciatrici, alla federazione, i primi per allertare la USSF viste le assunzioni di Riley a WNY e North Carolina, e l’ultimo un duplice rapporto che conteneva anche le denunce a Rory Dames. Sempre nel 2018 una denuncia anonima su un tecnico del settore giovanile gestito da Riley che avrebbe toccato in maniera appropriata una minorenne rivelava la paura di ritorsioni da parte dello stesso Riley, mentre nel 2019, in seguito alle voci che volevano il tecnico come un potenziale sostituto di Jill Ellis sulla panchina dello USWNT, la presidente federale Cindy Parlow Cone fu avvertita da un agente e ancora una volta dalla USWNTPA sulle accuse rivolte dalle calciatrici nel corso degli anni. Nel 2021 alla nuova commissioner della lega Lisa Baird arrivava una denuncia da parte di Mana Shim, Sinead Farrelly e di una calciatrice anonima che dettagliava gli abusi di Riley, ma Baird rispose che la lega aveva “revisionato i suoi file” e determinato che l’argomento era stato “investigato fino alla conclusione” (p.83). Entrambe scrissero di nuovo a Baird, stavolta separatamente, entrambe dicendosi disponibili ad essere intervistate per aiutare le indagini e con Shim che allegò anche la sua denuncia del 2015, ma Baird rispose ad entrambe la stessa esatta risposta della prima volta. Completamente silenziate, con Farrelly a cui sembrava di “non poter condividere la sua storia” e Shim “sbalordita” dalla risposta della lega, le due calciatrici si rivolsero a Meg Linehan di The Athletic, dando inizio alla storia da cui poi è nata tutta l’indagine odierna. Come affermato da Farrelly durante l’investigazione: “non ero sicura se semplicemente non sapessero o se non gliene importasse proprio” (p.87).

 

Il profilo di Rory Dames è molto simile a quello di Paul Riley. Entrambi allenatori nella NWSL sin dalla sua nascita, entrambi tra quelli con maggiore successo sul campo – la striscia di qualificazioni consecutive ai playoff delle Red Stars guidate da Dames è la più lunga nella storia della lega – entrambi reucci indiscussi del calcio giovanile, grazie a cui si sono arricchiti e costruiti una reputazione nel mondo del calcio – il rapporto Yates definisce quello dei Chicago Eclipse Select come un “monopolio” sul calcio giovanile nei sobborghi nordovest di Chicago – entrambi responsabili nelle loro squadre di abusi verbali, di una sessualizzazione estrema dell’ambiente e delle discussioni con le calciatrici, di manipolazione e di aver instaurato una sorta di regno del terrore in cui ogni decisione passa sotto il loro controllo, anche Dames è stato mandato via dalla sua squadra dopo che un rapporto esterno ne aveva certificato l’inidoneità e anche lui ha ricevuto nel comunicato stampa dell’addio un trattamento di favore teso a nascondere le vere ragioni dell’allontanamento. Nel caso dell’ex tecnico delle Red Stars però quel rapporto è arrivato per mano di una psicologa assunta dalla franchigia, sotto la spinta della NWSLPA, in seguito allo scoppio del caso Riley e che certificava come Dames avesse “creato una cultura di paura rendendosi protagonista di abuso verbale ed emozionale che è psicologicamente e emozionalmente dannoso per le calciatrici e per lo staff”.

 

La differenza – terrificante – con il caso Riley è però la data delle prime testimonianze dei suoi comportamenti. Nel 1998, infatti, la polizia di Arlington Heights aprì un’indagine su Dames dopo che una senior alla St Viator High School – di cui Dames ha allenato a lungo la squadra di calcio femminile – lo denunciò per averla toccata in maniera inappropriata sulla coscia. In quell’anno la polizia interrogò 150 calciatrici ed identificò tre incidenti: “Dames 1) aveva toccato la parte superiore della coscia di una ragazza, 2) aveva pizzicato una calciatrice dopo che si era rifiutata di fargli un massaggio e 3) aveva dato un pugno nello stomaco di un ragazzo durante un allenamento” (p.99). Inoltre, tutti gli elementi della cultura tossica e abusiva che Dames avrebbe impiantato più di dodici anni dopo e per quasi un decennio con le Red Stars erano già lì, nelle deposizioni alla polizia, eppure nel mese di aprile un impiegato del Dipartimento dei servizi infantili e familiari ritenne “infondate” le accuse contro Dames, con il suo conseguente ritorno al lavoro di allenatore, anche per la squadra liceale.

 

Durante la sua carriera a livello giovanile Dames non affrontò mai una forza opposta al suo comportamento, probabilmente anche sfruttando il punto debole dello sport giovanile, quei genitori a cui vendeva il sogno di un “biglietto d’oro” (p.96) stile Fabbrica di Cioccolato, ovvero i trofei che avrebbe fatto vincere ai loro figli e le borse di studio per giocare a calcio all’università che avrebbe procurato loro, e che non hanno mai dubitato del suo stile, anche se nel rapporto Yates molti genitori e ragazzi che hanno assistito alle sue sfuriate a bordo campo ammettono di ricordarsele ancora oggi. A livello professionistico, invece, a garantire la sua sicurezza è stato il proprietario delle Red Stars. Arnim Whisler. Whisler, che pure nella sua intervista ha affermato di essere all’oscuro delle accuse contro Dames, non ha mai condotto dei background check prima della sua assunzione, e per anni ha avuto con lui una relazione che il rapporto definisce come “mutualmente benefica” (p.93). Dames non è mai stato un dipendente della franchigia, avendo lavorato come volontario nei primi due anni per poi diventare un libero professionista dal 2013 in poi.

 

Ogni volta che accuse di abusi e comportamenti inappropriati da parte di Dames venivano presentate alla USSF o alla NWSL, Whisler si è sempre rifiutato di collaborare, sminuendo le accuse, mettendo in dubbio l’autenticità e l’affidabilità delle testimonianze e rifiutandosi di prendere seriamente in considerazione qualsiasi tipo di provvedimento contro il suo allenatore. Quando Christen Press denunciò Dames a Sunil Gulati e all’allenatrice dello USWNT Jill Ellis, Whisler affermò che le giocatrici della nazionale “volevano far chiudere la lega” e avevano “un conto aperto” con Dames (p.94). Come già detto, Press avrebbe dovuto subire delle ritorsioni da Dames per le sue denunce, e la voce è sicuramente arrivata da Whisler. Quando le parole di Press arrivarono alla federazione, Dames offrì addirittura le dimissioni così da non rendere la situazione troppo difficile per la franchigia, ma lo stesso Whisler le rifiutò continuando la collaborazione. Samantha Johnson, invece, che nel 2018 informò la NWSL dei comportamenti del suo tecnico, venne definita da Whisler come una calciatrice che “stava cercando di fare fuori Rory” (p.94). Sei giorni dopo, Johnson venne ceduta via trade a Utah. Addirittura, ad una giocatrice che ogni anno informava Whisler dell’ambiente creato da Dames, il proprietario rispondeva ogni volta con un sarcastico “è stato un pochino meglio quest’anno?”

 

Nel 2018 sempre Christen Press, nel frattempo diventata capitana delle Red Stars, presentò di nuovo una denuncia contro Dames, stavolta chiedendo nello specifico l’apertura di un’investigazione e fornendo i nomi di giocatrici che avrebbero potuto testimoniare. Il compito venne affidato a Kristin Jones della Pepper Hamilton LLP e la sua fu un’indagine basata sulle interviste e senza alcuna collezione di documenti. Jones intervistò Press e aggiornò Wahlke, che le rispose di aspettare ad aprire un’indagine ufficiale perché non c’erano “accuse di cattiva condotta sessuale e non è ancora chiaro se questo sia cattivo management o qualcosa di più” (p.112). Lo studio Pepper Hamilton continuò comunque ad intervistare le calciatrici delle Red Stars giungendo alla fine a stilare una lista degli abusi commessi da Dames tra cui: “un ciclo di abusi emozionali in cui Dames era imprevedibile”, un “ciclo di manipolazione in cui Dames sviluppava relazioni strette con calciatrici per poi usare informazioni personali per manipolarle”, “l’incapacità di mantenere confini professionali con le calciatrici”, “urla eccessive, strilli, parolacce e un linguaggio che non serve alcuno scopo motivazionale”, “insulti personali”, “commenti razzisti”, “abuso di potere e comportamenti controllanti”, “isolamento e maltrattamento”, “ritorsioni contro le calciatrici e contro la squadra quando qualcuno esprimeva le proprie preoccupazioni” (pp.114-115).

 

Se il rapporto però è finito in un nulla di fatto, è anche perché Wahlke decise di non intraprendere azioni basandosi sui risultati preliminari, e non informò la lega o le Red Stars sul tema. Intervistata dall’equipe di Sally Yates, Jones, che condusse quell’indagine, ha affermato che pur ritenendo quelli di Dames degli abusi, “pensava che non ci fosse una definizione chiara di cosa costituisca una cattiva condotta per gli allenatori in NWSL” e che, pur riconoscendo che il comportamento di Dames violasse ciò che il codice di SafeSport definisce come “cattiva condotta emozionale” non sapeva se quella definizione fosse applicabile anche agli allenatori. Ancora oggi non è realmente chiaro come sia finita l’indagine – in pareri contrastanti, Wahlke crede che l’indagine non sia ancora chiusa, mentre Whisler ritiene che provi che l’ambiente delle Red Stars “stesse andando nella giusta direzione” (p.118) – ma quello che è certo è che nessun provvedimento venne preso, che ancora una volta la comunicazione a tutti i livelli del calcio femminile statunitense si rivelò deficitaria nel migliore dei casi ed inesistente nel peggiore, permettendo a Dames di perpetrare il suo ciclo di abusi fino alla fine della stagione 2021.

 

Quella che però rappresenta senza dubbio la più grande scoperta del rapporto Yates è l’esposizione dei comportamenti abusivi di Christy Holly sia ai tempi di Sky Blue che nei sei mesi alla guida dell’expansion team del 2021 Racing Louisville. Holly era stato in effetti il primo allenatore NWSL a perdere il lavoro a causa dei suoi comportamenti lo scorso anno, ma le cause del suo licenziamento erano sempre rimaste nell’ombra e mai Louisville si era spinta oltre il parlare di una “giusta causa”. La sua storia inoltre introduce un altro tema che, insieme a quelli sviscerati fino ad ora, aiuta a capire il perché le violenze e gli abusi siano così endemici nel calcio femminile statunitense, ovvero la sotto qualificazione. Christy Holly è arrivato in uno dei campionati di calcio più importanti del mondo dall’assoluta oscurità, senza alcun incarico importante alle spalle e soprattutto senza la Licenza A necessaria per allenare in NWSL. Eppure, nonostante questa sua così evidente mancanza di qualifiche per allenare alcune delle calciatrici più forti del pianeta, due franchigie hanno richiesto delle esenzioni per lui, e Holly ha trovato due lavori al massimo livello, venendo licenziato a causa dei suoi comportamenti inadeguati in entrambi i casi prima che potesse iniziare i corsi per la certificazione, e questo infilandoci nel mezzo anche un periodo a libro paga della USSF come analista dei prossimi avversari per lo USWNT e assistente per le nazionali Under 23 e Under 17.

 

Interrogato sul licenziamento di Holly, il direttore esecutivo di Racing Louisville – ed ex allenatore nel calcio maschile, brevemente anche in MLS – James O’Connor disse che la separazione era avvenuta “per proteggere la cultura” e, alla domanda successiva che sondava la gravità della cosa: “non so se direi illegale. Non so, è un punto di vista soggettivo e dipende da chi sta chiedendo e da diverse persone. Mi appello al quinto emendamento. Seguirò la linea da avvocato sulla questione” (p.154). Quello che O’Connor non aveva detto ad alta voce era che Holly era stato licenziato per aver molestato una calciatrice per mesi interi e in maniera aggressiva, iniziando prima ancora della sua assunzione a Louisville e continuando per tutta la durata del suo mandato. La calciatrice in questione, Erin Simon, è una ventottenne di Oakhurst, New Jersey, oggi al Leicester nella Super League inglese, passata professionista proprio con le Sky Blue di Holly nel 2016 dopo aver superato un provino aperto a tutte.

 

Durante i suoi primi anni da calciatrice, Simon aveva imparato a conoscere Holly come un mentore e anche come un amico, e nel 2018 aveva iniziato ad allenarsi con lui e la di lui compagna, Christie Pearce Rampone, ex calciatrice e leggenda dello USWNT. Proprio la relazione di Holly con Rampone era stata al centro del suo addio dalle Sky Blue qualche anno prima. I due, all’epoca allenatore e capitana, avevano provato a tenere nascosta la relazione, ma tutti quanti, e non solo in New Jersey, ma in giro per la lega, erano a conoscenza di un legame che evidentemente era nato in una situazione di squilibrio di potere. Nel secondo anno della sua avventura con le Sky Blue Holly, che si era presentato con grandi promesse che non aveva la capacità di mantenere – un assistente allenatore ha avuto modo di dire che Holly “diceva qualsiasi cosa di cui avesse bisogno per riuscire a sopravvivere i successivi cinque minuti” (p.137) – Holly esercitava il suo controllo e la sua posizione di potere sulla squadra in maniera crudele e meschina. Holly rifiutava di dire alle calciatrici chi avrebbe viaggiato per una trasferta o chi sarebbe stato nel roster di una partita casalinga, ritardando l’annuncio fino all’ultimo momento disponibile, “giocando con le loro speranze e risultando in calciatrici che lo pregavano pur di scoprirlo” (p.138), e in generale gli effetti della sua relazione nascosta risultavano tossici e una distrazione per l’intera squadra, con la coppia che spesso litigava in pubblico e con la relazione che ampliava sia l’ego di Holly – potendosi dire fidanzato di una delle grandi stelle del soccer – e la sua ansia di essere scoperto, aumentando sensibilmente la sua ira e la sua disorganizzazione.

 

Anche a Louisville Holly avrebbe avuto modo di intrecciare una relazione così disfunzionale, stavolta con un membro del suo staff, che acquisì immediatamente un potere sproporzionato e sviluppò manie del controllo, manie solo esaltate da un Holly che non faceva altro che concordare con qualsiasi cosa la compagna potesse tirare fuori. Pure questa relazione provocò una frattura immediata e irrecuperabile con l’intero gruppo squadra che, esattamente come successo con le Sky Blue, chiese la sua testa. Se però le Sky Blue optarono per rescindere consensualmente il suo contratto – perpetrando la tradizione dei comunicati stampa in cui agli allenatori viene permesso di uscire nel silenzio senza affrontare le loro colpe – a Louisville queste preoccupazioni furono inizialmente dismesse dalla franchigia. A far cambiare loro idea e a provocare il suo licenziamento però sarebbe arrivata la denuncia inizialmente anonima di Erin Simon.

 

Dopo quelle sessioni d’allenamento in New Jersey, infatti, i comportamenti, le battute e i doppio sensi a sfondo sessuale aumentarono a dismisura fino al maggio 2019 quando, a casa di Holly, il tecnico mise le mani sui seni di Simon mentre Rampone era girata dall’altro lato (pp.129-130). Dopo altri mesi di abusi, quando Louisville selezionò Simon nel corso dell’expansion draft, la calciatrice mandò un messaggio a Holly, verso cui all’epoca nutriva ancora sentimenti ambivalenti e che ancora vedeva come un proprio mentore, e che era appena diventato di nuovo il suo allenatore, in cui diceva “adesso sei il mio capo, immagino dovrai fermarti”. La risposta di Holly fu “Ho tempo fino al primo gennaio”. Non essendosi fermato con l’inizio dell’anno nuovo, Simon gli chiese personalmente di fermarsi. Da quel momento in poi Holly, prendendo in mano il playbook del coach abusivo, prese ad insultare apertamente Simon, a affrontarla in campo davanti al resto della squadra, a urlarle contro e a non farla giocare. Simon riuscì allora a sfogarsi con Taylor Starr, una cappellana in servizio a Racing Louisville che per prima portò avanti la denuncia di Simon, inizialmente in forma anonima per paura di ritorsioni.

 

Ancora una volta il silenzio istituzionale assordante e la tendenza a voler evitare a tutti i costi un danno d’immagine che possa danneggiare le fondamenta poco solide del professionismo femminile ha permesso ad un allenatore abusivo di non affrontare la conseguenza delle proprie azioni e anzi di riuscire ad ottenere altri profitti e avanzamenti di carriera dal suo comportamento. Il silenzio delle Sky Blue sulla relazione tra Holly e Rampone è stato causa di “confusione” per USSF e NWSL (§6.5.1, pp.143-144), con la lega e la federazione incapaci di decidere se dovessero fare qualcosa. Questa incertezza ha contribuito anche ad aggiungere la beffa al danno, visto che, come scoperto nel rapporto Yates, la situazione di Holly si è intersecata con quella delle Boston Breakers.

 

La franchigia del Massachusetts, andata in vendita, era stata adocchiata verso la fine del 2017 da un possibile compratore, rimasto anonimo, a cui era stato proposto proprio Holly come possibile assistente allenatore. Scavando nel suo passato però, il compratore aveva scoperto della sua relazione con Rampone, e in una mail alla direttrice delle operazioni NWSL e commissioner ad interim Amanda Duffy aveva espresso le sue preoccupazioni sul tema. Di lì a poco il gruppo avrebbe ritirato il suo supporto e di lì a tre settimane le Boston Breakers sarebbero fallite, lasciando a piedi più di venti calciatrici e uno staff mentre, di lì a poco, Holly trovava il modo di rimbalzare più in alto se non a livello di salario – l’incarico gli sarebbe fruttato diecimila dollari tra il 2018 e il 2019 – quantomeno a livello di reputazione, venendo assunto come scout e assistente part-time dello USWNT. Durante le interviste con l’equipe di Sally Yates, una gran parte dello staff dello USWNT non “ricordava precisamente” come Holly fosse entrato nello staff (p.148), ma tutti concordarono nell’indicare in BJ Snow la persona che spinse maggiormente per il suo arrivo. Comunque Jill Ellis, che finalizzò il suo contratto e che lo incaricò di sviluppare uno scouting network, non effettuò alcun background check né è stata in grado di definire chi nella federazione sarebbe dovuto essere responsabile per il loro svolgimento.

 

Terminato il suo incarico, la dirigenza di Louisville si presentò alla USSF con l’intenzione di chiedere referenze per la potenziale assunzione di Holly come nuovo tecnico. La GM e il tecnico dello USWNT, Kate Markgraf e Vlatko Andonovski, dissero cose positive sulle capacità di Holly come analista, anche se il tecnico di origine macedone incoraggiò la franchigia a scavare nel suo passato, affermando che “c’è una ragione se è stato licenziato da Sky Blue” (p.149). Temares, uno dei proprietari della franchigia, rispose al proprio collega di Louisville che pur considerando il “disturbo” causato dai “rumour” sulla relazione, avrebbe “al 100%” assunto Holly di nuovo (p.150), ritenendo la relazione con Rampone in sé e per sé non “predatoria”. Inoltre, la testimonianza di Mary Smoot, che di Sky Blue era stata a lungo dirigente, e di Ed Nalbandian, che di Sky Blue è stato proprietario, ha gettato ombre sul processo di vetting e sui controlli effettuati da Racing Louisville e dalla lega sul tecnico. Smoot ha affermato che nel suo incontro Louisville abbia introdotto per prima il tema della relazione tra Holly e Rampone, affermando come non ci fosse alcun problema per loro e non ponendo domande aggiuntive a cui pure Smoot era pronta a rispondere, mentre Nalbandian ha riportato di aver avvertito la commissioner Lisa Baird di come le calciatrici di Sky Blue non si sentissero a loro agio al pensiero che Holly potesse trovare lavoro e incoraggiando la lega ad approfondire meglio le sue credenziali.

 

Anche in seguito al suo licenziamento da Louisville, una scia di silenzio ha seguito il nome di Holly, con la franchigia che ha formalizzato un non-disclosure agreement con il suo ex allenatore, accordo che ha a tutti gli effetti silenziato ogni possibile sviluppo pubblico della situazione, impedendo ad ogni persona associata a Louisville di esprimersi sul caso, e che ha continuato a proteggere la reputazione del tecnico, permettendo anche alla franchigia di sviare dalle domande dell’equipe di Sally Yates sul tema. Brooke Hendrix, migliore amica di Simon e tra le prime ad aiutare la compagna nel difendersi dagli abusi di Holly, ha raccontato negli ultimi mesi di aver faticato a trovare una squadra negli Stati Uniti pur essendo molto desiderata e cercata all’estero anche perché Holly l’avrebbe definita come una “combinaguai” etichettandola negativamente agli altri allenatori. “Non sono stata in grado di entrare in una squadra recentemente e credo che parte della ragione sia perché [Holly] ha ancora una voce” (p.155).

 

In coda alla lunga ed importante inchiesta, Sally Yates e la sua equipe provvedono a raccogliere una serie di raccomandazioni stilate con l’aiuto di calciatrici, proprietari, allenatori, dirigenti di lega, associazioni giovanili e membri di SafeSport, l’organizzazione non-profit nata da un decreto legge emanato dal congresso in seguito allo scandalo di abusi nella nazionale di ginnastica artistica statunitense e che ha come compito quello di affrontare il tema degli abusi minorili nello sport, pur essendo stata criticata per la sua inefficacia da molte atlete tra cui Aly Raisman, una delle ginnaste che ha fatto scoppiare il caso contro Larry Nassar. L’equipe ha presentato dodici proposte generali – con alcune aggiunte – che affrontano otto macro-temi in cui la NWSL, la USSF e il mondo del calcio femminile statunitense dovrebbero migliorare così da evitare che questi meccanismi possano continuare a ripetersi.

 

Sul tema della trasparenza, “le squadre dovrebbero essere obbligate a riportare accuratamente le cattive condotte alla NWSL e alla USSF affinché gli allenatori abusivi non possano passare di squadra in squadra” (p. 158). Dal punto di vista della responsabilità, “la USSF dovrebbe richiedere un processo significativo di vetting degli allenatori e, se necessario, usare la propria autorità nell’assegnare le licenze per far rispondere chi sbaglia delle proprie responsabilità”, trasformando “il proprio sistema di licenze da un modello a diploma ad un programma di accreditamento che richiede una ricertificazione annuale” e dovrebbe applicare i requisiti di licenza per gli allenatori, garantendo esenzioni solo per un periodo limitato di tempo”. Inoltre, la USSF dovrebbe richiedere dalla NWSL la conduzioni di indagini tempestive nelle accuse di abusi, imporre una disciplina appropriata e immediatamente far circolare i risultati delle indagini” (pp. 159-160). Sul tema delle regole, sottolineando come le policies della USSF siano un “patchwork”, il rapporto consiglia “l’adozione di policies uniformi e chiare e codici di condotta che si applichino a tutti i membri dell’organizzazione e che si possano trovare in un singolo luogo sul sito della USSF” e che “la USSF richieda alla NWSL di condurre training annuali per allenatori e calciatrici sulle linee guida applicabili riguardo l’abuso verbale ed emozionale, le cattive condotte sessuali, le molestie e le ritorsioni”.

 

Il paragrafo sulla sicurezza e il rispetto delle calciatrici il rapporto consiglia a “USSF, NWSL e squadre di designare ciascuno un individuo all’interno dell’organizzazione responsabile per la sicurezza delle atlete” con il Player Safety Officer della federazione incaricato di lavorare con il Chief Legal Officer e il dipartimento delle risorse umane per garantire la sicurezza delle atlete, quello della NWSL incaricato di ricevere le denunce delle atlete e controllare l’implementazione delle pratiche a livello di ogni singola squadra (p. 163). Inoltre, la USSF dovrebbe rinforzare gli standard per la sicurezza delle atlete nelle leghe professionali, così che non si arrivi più alla situazione in cui alle atlete “viene detto di essere ‘grate’ per l’opportunità di giocare a calcio a livello professionistico” così da silenziare le loro denunce. Sul tema dei feedback da parte delle atlete, il rapporto sottolinea come i sondaggi anonimi fossero un metodo potenzialmente utile per identificare le problematiche ma che siano stati implementati in maniera insoddisfacente e non degnati della giusta attenzione, e afferma che “la USSF dovrebbe richiedere alla NWSL di implementare un sistema che solleciti e agisca annualmente sul feedback delle atlete” (p. 165). Pur ricordando come il calcio giovanile fosse solo parzialmente il tema dell’indagine, l’equipe di Sally Yates afferma che “la USSF dovrebbe collaborare con le proprie organizzazioni giovanili e altri stakeholder per esaminare se misure addizionali siano necessarie per proteggere le giovani calciatrici”, partendo dal presupposto che “l’abuso emozionale è comune a livello giovanile” e che “ha reso più difficile [alle calciatrici] determinare cosa costituisse dei limiti nella NWSL” (p. 166). Inoltre la “NWSL dovrebbe determinare qualora la disciplina sia garantita alla luce di queste scoperte e delle scoperte dell’investigazione di NWSL e NWSLPA” (p. 166).

 

Il penultimo lungo paragrafo è invece dedicato all’intersezione con SafeSport, sottolineando alcune delle gravi problematiche che limitano il potenziale dell’organizzazione – il suo non essere separata e indipendente dal Comitato Olimpico e dagli enti governativi dei singoli sport, e il fatto che la gran parte dei casi vengano chiusi senza alcuna risoluzione e che solo nell’8% dei casi si sia arrivati ad una decisione finale (pp. 169-170). Considerando anche la “significativa confusione” (p. 166) causata nel panorama calcistico dalle regole di SafeSport e dalla difficoltà nel comprendere quanto e in che maniera le federazioni avessero margine di manovra nell’indagare casi presentati a SafeSport, infatti, il rapporto consiglia a “le squadre, la NWSL e la USSF di non fare affidamento esclusivamente a SafeSport per tenere le atlete sicure e di implementare misure di sicurezza dove necessario per proteggere le calciatrici all’interno del panorama della USSF” (p. 171). L’ultimo paragrafetto è invece dedicato all’implementazione delle raccomandazioni: “La Federazione dovrebbe determinare i meccanismi strutturali più efficienti, che sia attraverso un comitato esistente, un comitato speciale o una task force, per valutare ed implementare le raccomandazioni, e alla stessa maniera considerare ulteriori riforme in supporto della sicurezza delle calciatrici.

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