L’addio di Kris Ward e il silenzio di Washington Spirit
Quando sono andato sul profilo Twitter delle Washington Spirit per cercare il tweet con cui hanno annunciato l’esonero di Kris Ward ad una prima occhiata mi è sfuggito. Nelle immortali parole di Alan Tonetti durante Udinese-Panathinaikos: l’ho perso. Il mio errore – non l’unico su questa squadra, ma di questo ne parlerò più tardi – è però giustificabile. In una miriade di post consecutivi con immagini, link e meme di ogni genere, al tweet che ha ufficializzato l’addio capace nemmeno un anno fa di portare la franchigia capitolina al primo titolo NWSL della sua storia il social media manager delle Spirit – immagino non per sua iniziativa, ma sulla base di indicazioni provenute dall’alto – non è stato incorporato alcun comunicato stampa, nessun ringraziamento, neanche un tag al tecnico che pure su Twitter è molto attivo e che alla franchigia ha dedicato uno spazio nel suo handle, l’immagine di profilo e praticamente la totalità della sua presenza sul social media. In tutto, il testo dedicato da Washington a Kris Ward supera a malapena la singola riga. Undici parole, di cui due sono nome e cognome del tecnico quarantaduenne. Un trattamento del genere sembra eccessivo e fin troppo freddo anche per un allenatore la cui esperienza è stata segnata dalla mediocrità generale, figurarsi per uno che, al di là dell’andamento di questa stagione regolare, è stato in grado lo scorso anno di prendere una squadra scossa dallo scoppio dello scandalo molestie in NWSL che aveva avuto in Washington il suo primo epicentro e portarla all’anello.
Se questo fosse un articolo nostalgico dai toni moralizzanti sicuramente adesso starei iniziando una lunga filippica sulla perdita dei valori, sul calcio moderno che non ha più riconoscenza per i suoi protagonisti e ha la memoria corta, insomma, tutto il campionario delle cose che si sono dette dopo l’esonero di Claudio Ranieri dal Leicester, ma questa non è la mia intenzione, quindi mi preparo a girare al largo. Trovo solo utile sottolineare il trattamento che Gotham ha riservato a Scott Parkinson, che come Ward è subentrato in corsa lo scorso anno e come lui è stato licenziato nelle ultime settimane, ma che a differenza del tecnico delle Spirit 1) non ha alzato un trofeo e 2) ha allenato l’unica squadra in questa NWSL con un record peggiore di Washington. Un post d’addio con un comunicato stampa, seguito da un altro post con dichiarazioni di ringraziamento – e di circostanza – da parte della GM Yael Averbuch West e del proprietario Ed Nalbandian. Insomma, quello che sto cercando di dire è: come è possibile che si sia arrivati a questo punto? Come può un’organizzazione sfaldarsi in così poco tempo dopo un successo importante e in maniera così significativa? Come può una squadra cadere in un buco così profondo mentre la sua candidata al Pallone d’Oro continua a fare cose da “talento generazionale”, per usare la definizione, perfettamente condivisibile, dello stesso Ward su Twitter? Ma soprattutto, come ho fatto a sbagliare di così tanto la mia previsione dell’aprile scorso sul futuro di queste Washington Spirit? Per meglio dire, e giuro che questo è l’ultimo interrogativo: mi sono veramente sbagliato così tanto sulle possibilità di questa squadra, o magari facendoci prendere dal recency bias rischiamo di perdere qualche dettaglio?
Guardando brevemente la classifica, è facile accorgersi che, in effetti, un problema – e pure molto grosso – c’è: le Washington Spirit non sanno come vincere. Hanno ottenuto una sola vittoria in campionato, e quella è arrivata alla prima giornata della regular season. Non sono un completo disastro, questo è certo, e se possono dire di trovarsi al momento in penultima posizione pur avendo la squadra dietro di loro in classifica vinto quattro partite è perché 1) sono una macchina da pareggi, ben nove e 2) come logica conseguenza delle tante X hanno una differenza reti che è tutt’altro che disastrosa – in negativo, ma di soli cinque gol. Sempre dando uno sguardo alla classifica allora, si potrebbe provare a capire se i sintomi di questa pareggite vadano trovati nei dolori dell’attacco o della difesa, e l’occhio ci confermerebbe che, come in quasi tutti i casi di squadre che non riescono a fare altro che pareggiare, il problema non è da ritrovare nella difesa – ventuno è lo stesso numero di reti subite da squadre nel pieno della lotta playoff come Kansas City e Houston, mentre le sedici reti fatte rappresentano uno dei quattro peggiori dati della lega.
“Eppure… non è così :-)” (cit.)
Perché, a dirla tutta, questa è un’oversimplificazione del problema. Ashley Hatch non segnerà ai ritmi del suo 2021, ma è comunque tra le prime dieci della lega per reti segnate e le statistiche avanzate stanno apprezzando molto l’annata delle altre due stelle della squadra, Ashley Sanchez e Trinity Rodman – entrambe sono nella top 10 della lega sia per expected goals (xG) che per goals added (g+). E se è vero che su quei dati c’è l’asterisco della Challenge Cup – dopo la quale su queste pagine si pregustava il possibile spettacolo che ci avrebbe regalato questa squadra – è anche vero che con sedici partite di regular season ad aver arricchito la casistica a disposizione se Rodman e Sanchez avessero giocato in maniera disastrosa, il calo dovrebbe essere ben visibile. Invece non solo i dati da soli non possono spiegare da soli un calo del genere, ma anche il test dell’occhio non sembra parlarci di una squadra le cui stelle stanno affrontando un periodo di difficoltà. Quando Kris Ward ha definito su Twitter Trinity Rodman un “talento generazionale” lo ha fatto dopo la partita contro Portland che, pure se terminata con una sconfitta, ha messo in mostra una “performance sovrumana” e “speciale” di Rodman, capace di prendersi la squadra sulle spalle per “provare a spingerla verso la vittoria”. Insomma, far ricadere tutte le ragioni di una crisi su un singolo gruppo di giocatrici o su una singola fase di gioco rischia di essere limitante e di non farci vedere il quadro completo delle cose.
Un aiuto per provare a capire allora cosa abbia portato a questa classifica e alla conseguente separazione tra le parti – e mi perdonerete se cedo per una volta anche io alla tediosa narrazione da #indiziosocial – può trovarsi anche questo nell’attività su Twitter dell’ormai ex tecnico di Washington, e in particolare la sua ultima attività, il retweet di un post che recita: “La competenza può essere misurata a distanza. Il personaggio si osserva meglio da vicino. Le qualità sono visibili nel lavoro che le persone producono. Non conosci i loro valori fino a che non vedi come trattano gli altri. Quello che le persone dicono riflette come vogliono essere viste. Quello che fanno rivela come sono”. Il mio potrebbe essere uno stretch anche abbastanza pesante, ma forse possiamo ricondurre questo messaggio, dopo cui il solitamente attivo Twitter di Ward è calato nel silenzio, alle ragioni che, sulla stampa, sono state utilizzate per spiegare la separazione tra le due parti e forse soprattutto la freddezza che l’ha caratterizzata.
Secondo quanto riportato da Steven Goff del Washington Post citando due fonti anonime interne alla squadra, le relazioni tra Ward e un certo numero di calciatrici sarebbero andate a deteriorarsi nel corso degli ultimi mesi e nel weekend, in seguito ad una discussione durante l’allenamento, lo stesso Ward sarebbe stato disinvitato da un ritiro del gruppo squadra, segnando un taglio netto in una relazione forse non più riparabile. In assenza di alcuna versione ufficiale da parte della franchigia, il reporting solitamente credibile di una fonte decisamente affidabile soprattutto per quel che riguarda le squadre capitoline è il meglio a cui ci possiamo aggrappare per provare a definire i contorni di questo addio. E il silenzio assordante non solo non svolge da smentita, ma sembra avere l’effetto contrario, specialmente se confrontato con il tono che la nuova direzione guidata da Michele Kang ha voluto imprimere alla franchigia. Ben Olsen, come presidente della franchigia ultima assunzione della vecchia proprietà e rimasto in sella anche meno di Kris Ward, è stato salutato con un comunicato che ne ha ricordato il ruolo da leggenda del calcio locale – anche se soprattutto nel campo del soccer al maschile – e addirittura all’ex proprietario Steve Baldwin sono state riservate molte parole di circostanza da Kang nonostante la loro durissima battaglia per il controllo della franchigia sia stata molto pubblica.
L’arrivo di Kang alla guida di Washington era stata fin da subito dipinta non solo come una vittoria della tifoseria – che aveva pubblicamente espresso il suo supporto per il cambio di proprietà – ma anche come un trionfo del player power, e il nuovo corso della franchigia avrebbe dovuto fin da subito rappresentare una nuova fase del rapporto tra dirigenza e gruppo squadra. Kang aveva conquistato la fiducia delle calciatrici supportandole nel periodo più difficile della loro storia ed era stata la prima, quasi agendo già come azionista di maggioranza, a scendere in campo con la squadra dopo la vittoria del NWSL Championship. In quest’ottica il silenzio nei confronti dell’addio di Kris Ward, pur non essendo ideale specialmente in una lega con la storia di abusi e violenze – non sto dicendo che Ward abbia avuto comportamenti abusivi, anzi, semmai sto dicendo che proprio per evitare certe illazioni sarebbe ragionevole un po’ più di chiarezza – nascoste alla stampa e al pubblico dominio come la NWSL, appare come una scelta quantomeno comprensibile – seppure non condivisibile.
Ma anche senza una conferma ufficiale da parte della franchigia l’aspetto relazionale della questione non può che essere il principale da cui analizzare l’addio di Kris Ward. È la spiegazione più logica e semplice da dare al suo licenziamento, e per di più alla freddezza con cui è arrivato, ancora prima dei risultati e della classifica. E questo perché, provando a dare uno sguardo più attento alla questione la classifica di Washington non è poi un problema così insormontabile per la franchigia e non dovrebbe essere particolare causa di preoccupazioni. Lo so che può sembrare strano parlare così di una squadra con una sola vittoria in stagione a oltre metà regular season, eppure è difficile non pensare che questo 2022 delle Spirit non si meriti quantomeno un asterisco fino a questo momento.
Come sottolineato da André Carlisle di Black & Red United, le Spirit hanno avuto un inizio di stagione spaventoso, dovendo arrivare a giocare metà dei loro incontri di stagione regolare in appena due mesi, con conseguente crisi di infortuni, più una lunga pausa in cui sette giocatrici della franchigia sono state coinvolte in tornei internazionali. Verrebbe da pensare, come affermato da Carlisle, che ad un tecnico che appena un anno fa ti ha portato al primo titolo della tua storia sia opportuno dare il beneficio del dubbio quantomeno fino alla fine della stagione, per poi fare le tue valutazioni. Non abbiamo modo di sapere se di qui a poco la franchigia avrà modo di chiarire la sua versione dei fatti sull’addio di Kris Ward, ma certo in una NWSL in cui le decisioni sorprendenti non sembrano mancare questa si qualifica molto in alto nella lista delle stranezze.
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