Il primo contratto collettivo nella storia della NWSL

Che il 2022 sarebbe stato un anno cruciale per il futuro della NWSL e soprattutto per le prospettive di crescita del movimento era evidente ormai da qualche tempo. Lega e NWSLPA, l’associazione giocatrici, erano da quasi un anno nel bel mezzo di trattative per la firma del primo contratto collettivo nella loro storia, un anno che per altro più andava avanti più continuava a svelare alcuni dei lati più oscuri nel rapporto tra calciatrici, staff tecnici e dirigenze. Proprio questo 2021 turbolento e ricco di abusi e violenze sotto il disinteresse generale dello proprietà svelato da un consistente numero di calciatrici sia in forma anonima che pubblicamente come Kaiya McCullough, Meleana Shim e Sinead Farrelly, ha probabilmente contribuito, dal lato della NWSLPA, a spingere per richieste più significative, a passi più lungi in avanti, a mantenere una linea ferma e irremovibile su alcuni principi, linea che infine ha pagato quando, due giorni fa, lega e associazione calciatrici hanno firmato la prima CBA nella storia della NWSL.

Quella della CBA è un traguardo fondamentale per stabilire una traiettoria di crescita della lega, per garantire condizioni di lavoro degne del professionismo per tutte quante le atlete firmate a contratti professionistici, atlete per altro reduci rispettivamente dalla stagione fisicamente più complessa da gestire – quella 2020 – e subito dopo da quella mentalmente più difficile da superare – il 2021, e per quanto si tratti sicuramente di un contratto migliorabile, con tante situazioni che necessiteranno di essere affrontate prima o poi da entrambe le parti, è un inizio fondamentale per una NWSL che ha bisogno di fare un salto al prossimo livello dopo aver garantito la sua sostenibilità sul medio-lungo periodo, scoglio che ha arginato nel tempo più di un progetto di lega professionistica negli Stati Uniti. E, come detto, a questa firma ci siamo arrivati grazie alla linea dura della NWSLPA, che ha stabilito un proprio picchetto e non si è mai distanziata dalle proprie posizioni, anche andando vicinissima a preannunciare il ritiro delle proprie prestazioni. Lo scorso venti gennaio infatti veniva riportata da fonti vicine alle trattative l’intenzione da parte delle calciatrici di non presentarsi al ritiro delle proprie rispettive franchigie senza un contratto collettivo ratificato da ambo i lati del tavolo. La linea dura si è rivelata un successo per le calciatrici, che appena un giorno prima della deadline ufficiosa per la fine delle trattative, ovvero martedì 1 febbraio, data prevista per l’inizio della pre-season, hanno così posto fine ad un anno di discussioni con la lega, ad oltre trentacinque sessioni di contrattazioni dallo scorso ottobre, quando, come riportato dalla direttrice esecutiva della NWSLPA Meghann Burke, anche i proprietari si sono seduti al tavolo per la prima volta.

Ma quali sono i contenuti di questo primo contratto collettivo con scadenza al termine della stagione 2026? Il traguardo principale, quello più rilevante ed evidenziato da lega, giocatrici e media come il più importante, riguarda i salari, e in particolare l’aumento del sessanta per cento – e non del centosessanta, come da errore di battitura nell’annuncio ufficiale da parte della NWSLPA – del salario minimo, che passerà dunque dai ventiduemila dollari l’anno precedentemente stabiliti ai trentacinquemila l’anno, destinati comunque ad aumentare del quattro per cento in ognuna delle cinque stagioni di validità della CBA. In aggiunta, alle franchigie spetterà anche il compito di supportare economicamente le calciatrici per quel che riguarda la casa, l’assicurazione sanitaria, i contributi pensionistici e altri bonus fino ad una compensazione totale minima intorno ai cinquantaquattromila dollari.

Altro traguardo importante è quello della free agency e di quantomeno un primo accenno di revenue sharing. Per quel che riguarda la prima situazione, dal 2023 tutte le calciatrici in scadenza di contratto con almeno sei anni di esperienza nella lega saranno in grado di scegliersi la propria destinazione, mentre dal 2024 basteranno cinque stagioni di servizio nella lega oppure anche solo tre in quella che è la restricted free agency, ovvero la possibilità di trattare liberamente un nuovo contratto con qualsiasi che però potrà essere pareggiato dalla franchigia da cui si è in uscita, che si riprenderebbe così i diritti alle prestazioni della calciatrice. Sul secondo argomento invece l’accordo tra lega e NWSLPA stabilisce che alle calciatrici spetterà il dieci per cento dei diritti televisivi della NWSL qualora questa chiudesse con dei profitti gli esercizi a partire dal terzo anno di validità del contratto collettivo.

Sostanziali passi avanti sono stati fatti anche dal punto di vista delle garanzie e delle condizioni di lavoro delle calciatrici. Viene stabilito un TFR di quattro settimane più un’assicurazione sanitaria e per la casa di trenta giorni per le calciatrici che venissero tagliate, garantiti sei mesi di permesso pagato per la salute mentale, oltre che otto settimane di permesso per maternità – anche in caso di adozione. Viene poi affrontata anche la questione del luogo di lavoro, ovvero dei campi da calcio. Le due parti concordano che non sarà più chiesto alle calciatrici di giocare su terreni che richiedano una sostanziale conversione per il calcio – con un particolare riferimento agli stadi da baseball, uno dei quali, il Cheney Stadium di Tacoma, non ospiterà più partite di NWSL dopo il trasferimento delle OL Reign al Lumen Field di Seattle, già casa di Seattle Seahawks e dei Sounders della MLS – che può suonare come un impegno di poco conto, ma che in fin dei conti sottintende anche l’intenzione della lega di aumentare l’investimento negli stadi e nelle strutture, magari con l’arrivo di sempre più strutture specificatamente costruite per la NWSL, come quella in arrivo a Kansas City.

La firma di un contratto collettivo è veramente un passo fondamentale per la lega e rappresenta anche un primo e certo non sufficiente segnale che le cose stanno cambiando, e che la NWSL può ambire a riconquistare la fiducia di calciatrici e appassionati che ha perso con tutte le rivelazioni arrivate nel 2021. Già c’erano delle possibili considerazioni etiche da fare su una lega con un sistema di trade che permette alle squadre di passarsi calciatrici-asset senza chiedere il loro permesso e priva di un qualsiasi contratto collettivo che potesse stabilire delle condizioni lavorative di un livello importante e uguali per tutte le franchigie, ma le condizioni di abuso sistemico a cui le calciatrici sono state sottoposte in questi anni praticamente in tutte le franchigie – solo tre delle dieci partecipanti alla stagione 2021 possono dirsi pulite da un certo tipo di pratiche, almeno sulla base di quello che sappiamo ad oggi – hanno reso evidente una situazione insostenibile, discriminatoria e fortemente dannosa per il futuro dell’intero movimento. E dunque questa CBA suona come una nuova pagina, possibilmente più felice e sostenibile, per il calcio femminile professionistico statunitense, che nonostante il successo ha sempre mancato degli investimenti – economici ma non solo – per potersi veramente garantire la statura che si merita. È solo un inizio, certo, ma senza sarebbe stato impossibile anche solo immaginare un futuro migliore.

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