Le mire espansionistiche di MLS e USL

Se dovessi scegliere una parola per definire il percorso che ha caratterizzato il calcio statunitense lungo tutto il corso della sua storia, quella parola sarebbe “incertezza”. Nulla è mai stato garantito. Non si è mai potuto dare niente per scontato, né il successo, né la longevità, ma a dir la verità neanche la sopravvivenza. Quando si parla delle sliding doors che hanno caratterizzato la storia di questo sport a tutti livelli sul territorio dei cinquanta stati non ci stiamo occupando semplicemente di sottili linee che dividono una vittoria da una sconfitta, una gioia da una delusione, ma di baratri che avvicinano o allontanano a volte di anni, se non addirittura di decenni, i potenziali traguardi del movimento.

Cosa sarebbe potuto succedere alla American Soccer League se la Grande Depressione non fosse intervenuta proprio quando i soldi, l’attenzione del pubblico e i grandi campioni davano l’impressione di poter regalare una solidità ad un movimento statunitense che era tutt’altro che ere geologiche dietro alle rivali europee e sudamericane (l’anno dopo il crollo della borsa di Wall Street, al primo mondiale della storia, gli Stati Uniti raggiunsero la semifinale)? Quanto sarebbe lontano lo USMNT oggi dalla Golden Generation che sembra essere stata in grado di produrre e che ha appena vinto il suo primo trofeo nell’edizione inaugurale della Nations League CONCACAF se nel 2001 la MLS fosse fallita e avesse deciso – come effettivamente aveva fatto, seppure per poche ore – di chiudere i battenti, lasciando per l’ennesima volta gli Stati Uniti senza una prima divisione di calcio professionistico? Cosa sarebbe successo se la WPS non fosse mai fallita e se avesse trovato proprietari più affidabili e meno megalomani di Dan Borislow, un uomo che ha letteralmente chiamato la sua franchigia “magicJack” dal nome della chiavetta USB prodotta dalla sua azienda?

La leggenda metropolitana del soccer come “lo sport del futuro” che abita puntualmente i media statunitensi da almeno un centinaio di anni, unita alla figura mitologica del trailblazer creata e celebrata in un paese che mitologia altrimenti non ne avrebbe ha naturalmente portato il soccer statunitense a funzionare attraverso meccanismi diversi rispetto al resto del mondo, a scherzare maggiormente col fuoco, a mostrare sempre ambizione, sicurezza nei propri mezzi, spinta innovatrice, tutte caratteristiche ammirabili ma non sempre bastanti per tenere in piedi sul lungo periodo una lega professionistica con le gambe sottili di un undicenne cresciuto venti centimetri nel corso di un’estate.

Nel corso dei decenni il numero di leghe che hanno provato a ritagliarsi un proprio spazio, preferibilmente quello principale, all’interno del professionismo calcistico statunitense sia maschile che femminile è cresciuto e si è arricchito di sempre nuovi acronimi, quasi tutti fallimentari con, come “Giudizio Universale” accentratore di attenzioni della propria Cappella Sistina di disastri, la fragorosa doppia caduta della doppia NASL, prima sogno ad occhi aperti crollato sotto il peso delle proprie stesse stelle e poi, più recentemente, auto-contortasi in una spirale distruttiva di polemiche vuote e annunci sensazionalistici che hanno fatto fuggire quei pochi investitori veramente da Major League che la lega aveva coinvolto inizialmente nel suo progetto.

Non è un caso che in questo panorama le uniche leghe che abbiano dimostrato di poter regalare una stabilità all’intero movimento, e che in questo 2021 hanno al loro interno un numero record di squadre professionistiche per la storia del soccer a stelle e strisce siano quelle che han deciso di non fare il passo più lungo della gamba, di preferire la costruzione di un ambiente stabile e capace di resistere a qualche turbolenza finanziaria al vivere al di sopra delle proprie possibilità nella speranza che un miracolo potesse reggere in piedi tutto quanto.

Stiamo ovviamente parlando di MLS e NWSL, le due leghe di prima divisione, e la USL, che svolge nominalmente il ruolo di seconda e terza divisione al maschile. Queste leghe hanno provato sul campo di poter essere sostenibili e adesso stanno riscuotendo i frutti del loro lavoro, godendo di una crescita sorprendente in vari aspetti, primo su tutti la continua crescita di franchigie partecipanti. E siccome con questa crescita arrivano nuove ambizioni, potrebbe non sorprendere sapere che due delle leghe in questioni, MLS e USL, abbiano recentemente deciso di espandersi e di dare origine ad una nuova versione di loro stesse, nel primo caso una terza divisione maschile e nell’altro una seconda divisione al femminile.

Anche nelle posizioni comunque solide che le due leghe – peraltro a lungo partner, come vedremo – si sono guadagnate nel corso degli anni, però, queste decisioni non sono certo prive di rischi. L’incertezza, la scelta puntuale del percorso con meno impronte, il salto nel vuoto è ancora una parte consistente di ogni nuovo tentativo di dare inizio ad una lega nel panorama statunitense, e questo vale anche se sei una delle tre compagini nella storia della tua disciplina ad aver trasformato quell’incertezza in un successo – anche perché i precedenti tentativi da parte di entrambe le organizzazioni di creare qualcosa del genere nei tempi passati durarono giusto il tempo di un respiro e non lasciarono ricordi memorabili.

Partiamo in questo caso dalla USL, che sette anni dopo la chiusura della sua W-League – da non confondere con la prima divisione femminile australiana, che ha la stessa denominazione – ha annunciato la nascita di una nuova lega e degli otto membri fondanti della stessa che manterrà lo stesso nome della precedente e che servirà di fatto come seconda divisione del soccer al femminile. Gli otto membri fondatori saranno tutte squadre associate con proprietà della USL al maschile – si vocifera che Greenville Triumph e Hartford Athletic facciano parte di questo gruppo – con due significative eccezioni, una squadra in Minnesota, che secondo quanto riportato da The Athletic avrà una proprietà tutta al femminile e integrerà una qualche formula di fan-ownership, e una squadra nella capitale, con la proprietà di DC United, franchigia MLS che opera già una seconda squadra in USL, i Loudoun United, intenzionata a scendere di nuovo in campo nel mondo del calcio femminile, magari facendo dividere la squadra tra il Segra Field casa di Loudoun e l’Audi Field della franchigia MLS – curiosamente proprio tra questi due stadi si dividono già le operazioni di Washington Spirit, franchigia NWSL che ha una partnership con DC United ma con cui non condivide la proprietà.

Gli otto membri fondatori non saranno gli unici a scendere in campo nella stagione inaugurale, che è già prevista per il 2022. L’ambizione della lega, che sembra aver già trovato accordi con altre piazze interessate sia dalla USL maschile che indipendenti, sarebbe quella di iniziare già con trenta squadre, con i fantastici otto che verranno annunciati ufficialmente insieme alla lega che prenderanno semplicemente la definizione di “membri fondatori”. In questa prima fase la lega non sarebbe una competizione professionistica, ma avrebbe l’intenzione e la possibilità di diventarlo nelle stagioni successive, partendo sul modello della USL League Two al maschile – un altro inizio morbido alla ricerca di stabilità, insomma – dunque una lega amatoriale che da la possibilità ad atlete provenienti dal college di giocare ad un livello più alto lungo tutto l’anno senza perdere la propria eleggibilità NCAA. In questo senso, la lega andrebbe ad inserirsi in un panorama già confuso, che nel calcio femminile vede la presenza di almeno due competitor come WPSL e UWS, che potrebbero aumentare qualora il progetto della NISA di lanciare la propria WISL dopo il fallimento della partnership con la UWS riuscisse a decollare, ma il rapporto della USL W-League con tutte queste altre controparti non è esattamente chiarissimo.

Se una fonte interna alla USL avrebbe definito la nascita della W-League a The Athletic come “un processo collaborativo durante il quale la USL è stata in contatto con CONCACAF, USSF e NWSL”, l’assenza all’interno di questa collaborazione delle altre leghe pro/am esistenti al momento come teorica seconde divisioni della NWSL fa pensare che la USL possa arrivare a destabilizzare le posizioni altrui, magari dando origine all’ennesima guerra fra leghe come tante altre che hanno caratterizzato il soccer USA in passato, e vista la forza economica di cui potrà godere senza dubbio la USL, che come detto in futuro avrà anche ambizioni di professionismo, sembra potersi definire fin da subito come la Golia di questa situazione, e non è affatto detto che si tratti dell’una situazione su centomila in cui Davide riesce a vincere. A guidare questa nuova iniziativa sul campo, dopo che l’ex USWNT Angela Hucles, inizialmente assunta dalla USL per esplorare la possibilità di un’espansione nel calcio femminile, ha lasciato il ruolo per diventare una delle proprietarie di Angel City, la franchigia NWSL losangelina in arrivo nel 2022, ci sarà Betsy Haugh, vincitrice nel 2018 del premio Rawlings come migliore executive donna nel mondo dello sport quando era GM dei Pulaski Yankees, minor della Rookie League dei New York Yankees. La nuova lega è nata anche grazie alla partnership che la USL ha stabilito con Women In Sport, organizzazione il cui mission statement è quello di “cambiare la cultura dello sport per eradicare il sessismo e le discriminazioni”, cercando di “dare a tutte le donne la possibilità di prendere parte ad attività sportive o di ispirarle a farlo”.

Ancora non abbiamo molta chiarezza su come questa lega sarebbe strutturata, ci troviamo ad una fase ancora antecedente ai primi annunci ufficiali, ma la certezza è l’intenzione dietro un’iniziativa del genere sarebbe quella di offrire ancora maggiori opportunità a calciatrici e membri dello staff, migliorando la qualità della formazione dei tecnici e garantendo un ambiente di maggiore qualità e professionalità alle atlete, principalmente a quelle che entrerebbero nella lega per riempire i lunghissimi tempi della off-season del college soccer.

Di diverso tipo l’iniziativa che coinvolgerebbe la MLS, a partire dal fatto che si tratterebbe di una lega professionistica a tutti gli effetti – come la League One della USL, dove già giocano molte formazioni di riserva delle franchigie MLS – che poco avrebbe a che spartire con il modello precedentemente tentato, quello della Reserve League. Tra il 2005 e il 2014, con un’interruzione consistente tra il 2008 e il 2011 infatti la MLS ha tenuto in piedi la propria Minor League, dove giocavano le formazioni Riserve delle franchigie presenti nella lega.

Entrambi gli esperimenti non funzionarono come probabilmente desiderato dalla MLS stessa. Nel primo caso una stagione da sole dodici partite non permetteva al roster delle riserve di fare una significativa esperienza che garantisse loro miglioramenti, senza contare l’assoluto disinteresse mostrato dal pubblico e sopratutto quanto fosse difficile mettere insieme un roster scegliendo nei bassifondi dei fuoriusciti del college soccer – tra questi, curiosamente, Chris Wondolowski, il miglior marcatore nella storia della lega, a dimostrare quanto sia fondamentale, al di là del fallimento di questo particolare esperimento, offrire una piattaforma per giocatori magari non prontissimi per la prima squadra di mettersi in mostra – visto che nessuna franchigia MLS avrebbe messo in piedi il proprio settore giovanile prima del 2007.

Il secondo tentativo rappresentò di fatto l’inizio della partnership, tecnicamente ancora in atto, tra MLS e USL. Nelle stagioni 2011 e 2012, infatti, le formazioni riserve delle franchigie, smistate in tre Division, sfidavano sia le rivali del proprio gruppo in partite di andata e ritorno sia due avversarie dalla USL Pro, come era denominata la lega di allora terza divisione, ma è con il 2013 che il rapporto tra le due leghe inizia a farsi ancora più stretto, segnando di fatto con un paio di stagioni d’anticipo il destino della MLS Reserve League. Quell’anno infatti MLS e USL firmarono un accordo che avrebbe aumentato lo scontro tra squadre delle due leghe, mentre un numero di franchigie, tra cui DC United, New England Revolution, Philadelphia Union e Sporting Kansas City optarono per affiliarsi con una squadra USL e sfruttarla come fosse una seconda squadra – da notare come proprio questi ultimi scelsero come affiliati Orlando City, che appena due anni dopo sarebbe entrata in MLS.

Il 2014 fu infine l’ultima stagione del secondo tentativo da parte della MLS di avere una sua minor league, come forse avrebbero potuto far capire la decisione dei Los Angeles Galaxy di spostare la loro seconda squadra direttamente all’interno della USL, e l’aumento di franchigie MLS con affiliate in USL da quattro a undici – tra queste due, le storiche rivali Portland e Seattle, scelsero entrambe i Sacramento Republic, mentre Kansas City decise di affiliarsi, oltre che a Orlando City, anche agli Oklahoma City Energy. Dal 2015 infatti le franchigie MLS possono rivolgersi direttamente alla USL per far giocare del calcio professionistico ai loro prospetti non ancora pronti per la prima squadra.

La crescita della MLS, accompagnata però alle nuove ambizioni della USL hanno presto portato la relazione con mutui benefici tra le due leghe a diventare antiquata, rendendo una separazione sempre più ragionevole da entrambe le parti, con la MLS che da una parte può prendere completamente il controllo della propria pipeline dalle formazioni giovanili alla prima squadra, sopratutto in seguito alla nascita della MLS Next e con la USL che invece vede le formazioni riserva delle franchigie MLS sempre nei bassifondi delle classifiche di pubblico, dando sempre più l’impressione di essere ormai un blocco alla crescita della lega piuttosto che un supporto. Se nella stagione 2015 solo quattro delle ventiquattro squadre nel torneo non avevano alcuna affiliazione con franchigie MLS, con otto seconde squadre di proprietà delle stesse compagini di livello superiore, la stagione 2021 di USL Championship e USL League One, che insieme raccolgono quarantatré squadre – trentuno il Championship, dodici la League One – vedrà solamente sedici squadre affiliate a franchigie MLS – undici delle quali sono vere e proprie seconde squadre – e la bellezza dunque di ventisette squadre indipendenti, un numero destinato a crescere soprattutto nella League One, che sembra voler ambire a raggiungere almeno le dimensioni della divisione superiore – e una volta terminata l’espansione non è escluso che le attuali seconda e terza divisione del soccer maschile non possano aprire tra di loro un sistema di promozioni e retrocessioni.

Dunque, facendo un breve riepilogo storico, abbiamo chiarito cosa la nuova lega che la MLS ha intenzione di mettere in piedi a partire già dal 2022 NON sarà – e non sappiamo neanche la denominazione o il brand di questa nuova lega, che sembrano essere gli ultimi elementi da mettere a posto prima di un annuncio ufficiale.

Si tratta certo di un passo avanti, ma effettuato con una falcata breve che certo non rende meno nebulosi di fronte ai nostri occhi i contorni che questa nuova iniziativa della MLS avrà al momento del suo calcio d’inizio. Cerchiamo dunque di capire esattamente cosa sappiamo sulla lega di terza divisione che la MLS ha intenzione di mettere in piedi. Sappiamo ad esempio che, pur se in una prima fase la lega sarà composta unicamente da formazioni direttamente operate da franchigie MLS, con più di metà della lega coinvolta nella stagione inaugurale, in un futuro anche solo prossimo la MLS si aspetta di aprire le porte a squadre indipendenti, nate dal nulla o legate a club membri della MLS Next.

Questa possibilità, unita all’assenza di un limite massimo per l’età dei giocatori schierabili in campo, nasce dalla necessità di garantire ai giovani calciatori provenienti dai settori giovanili una competizione vera in un ambiente professionale e non solo una versione più pubblicizzata di quello che potrebbe essere un campionato Primavera in Italia o una Premier League Under 23 in Inghilterra. Il modello evidente è quello della G League NBA, che presenta oggi un numero di franchigie o direttamente operate da organizzazioni NBA o con modello ibrido, dove la proprietà locale gestisce le questioni fuori campo e la squadra NBA fornisce i giocatori e lo staff tecnico, ma che in passato vedeva anche la partecipazione di squadre controllate in maniera indipendente. Il focus e la ragione principale per cui questa lega nascerà sarà quella di portare sotto uno stesso tetto l’intero processo di player development delle franchigie, e la produzione di giocatori pronti per la MLS e potenzialmente anche per il mercato europeo resterà sempre la stella polare che guiderà le decisioni della lega in materia, tanto che la USL stessa, che pure ancora non si è espressa sull’argomento, non sembra vedere questa nuova lega come una potenziale competitor per la stessa fetta di mercato – e intanto una fonte interna ha confermato a The Athletic come più di una seconda squadra MLS resterà in USL anche nel 2022. Tutto questo non vuol dire che la MLS non veda questa nuova iniziativa come una possibilità per espandere la propria impronta commerciale sugli Stati Uniti.

In primis, infatti, questa potrebbe essere un’opportunità per inserirsi anche in mercati di minori dimensioni, e non solo grazie al potenziale ingresso di squadre indipendenti, ma anche magari posizionando alcune seconde squadre direttamente operate da franchigie MLS in località più piccole con branding unici – non sarebbe una novità nel panorama calcistico statunitense, visto che in USL oggi troviamo squadre come Tacoma Defiance, operata dai Seattle Sounders, North Texas SC, formazione riserve di FC Dallas, e Loudoun United, come già detto in mano a DC United. In seconda battuta una nuova lega di questo tipo potrebbe offrire alla lega una quantità consistente di match aggiuntivi da poter inserire in pacchetti all’interno delle contrattazioni per la vendita dei diritti televisivi nazionali – il contratto attuale scade al termine della stagione 2022 – e non è un caso che, nonostante lo status come terza divisione permetterà alla MLS di avere costi operativi molto minori e di poter sfruttare stadi anche di piccole dimensioni – minimo mille spettatori – le partite della nuova lega si svolgeranno in strutture capaci di sostenere una trasmissione televisiva di alta qualità.

Come abbiamo visto, entrambi i progetti di MLS e USL sono ben lontani dal fornirci garanzie sulla loro struttura. Abbiamo dei principi su cui lavorare, ma il grosso dovrà ancora esserci chiarito dalle due organizzazioni. Questo non vuol dire che una volta che l’immaginaria prima pietra sarà posata al cospetto di un’altrettanto immaginaria cerimonia d’inaugurazione avremo la certezza su quello che sarà il futuro successo di queste due nuove leghe. Purtroppo non abbiamo la sfera di cristallo, e sopratutto non la hanno USL e MLS. Alla fine torniamo sempre a quel punto, all’incertezza, al mistero, all’ampia forchetta da low-floor-high-ceiling che caratterizza qualunque iniziativa in un mondo come quello del calcio americano che ha sempre dovuto guadagnarsi ogni singola possibilità di successo laddove risultava facile per chiunque altro prevedere un rapido fallimento. Queste due iniziative non saranno differenti. Il successo non è garantito dall’avere alle spalle due delle tre organizzazioni più solide che lo sport in questo paese abbia mai avuto. Guardando però il potenziale impatto che le due leghe potrebbero avere non solo per le singole organizzazioni che le metteranno in piedi, ma più in generale per il calcio americano, viene difficile resistere alla tentazione di quantomeno provarci, anche a costo di macchiarsi un poco la reputazione conquistata.

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