Galderisi ricorda gli anni in MLS: “Esperienza unica e Valderrama…”

Negli ultimi anni i giocatori italiani in MLS sono sempre stati protagonisti. Dalla MLS Cup di Giovinco con Toronto all’esperienza al NYCFC di Andrea Pirlo, passando per l’amico di MLSSoccerItalia.com Paolo Tornaghi tra Chicago e Vancouver, poi il “portiere dell’anno” Vito Mannone a Minnesota e Antonio Nocerino a Orlando nonché Mancosu a Montreal. Giocatori che, per motivi diversi, hanno scelta l’America nel momento in cui il soccer è in forte crescita dopo la fase da campioni a fine carriera scelta anche dai vari Nesta, Corradi e Di Vaio sempre a Montreal.

C’è anche chi la storia del nuovo soccer, quello rilanciato nel 1996 con la Major League Soccer e con il Mondiale di Usa ’94, l’ha voluta fare all’inizio. Stiamo parlando di Walter Zenga, Roberto Donadoni, Caricola e Giuseppe Galderisi. Proprio l’ex attaccante di Juventus, Verona e Milan tra le altre ha parlato dei suoi anni in MLS, nel 1996 e nel 1997, nella diretta twitch di Calciomercato.com.

Galderisi ha ricordato quei momenti tra New England Revolution e Tampa Bay Mutiny agli albori del soccer: “Bellissima esperienza. Ero ancora giovane, avevo 32 anni, ero nel pieno delle mie forze e della mia carriera. E’ stata un’esperienza meravigliosa, grazie ad Alexi Lalas, che ha giocato con me a Padova. Una sera mi chiamò: ‘La Mls riprende, dopo tanti anni, a marzo. Vieni con me?’. Era il ’96, prima di dicembre, lui era l’uomo immagine. E ho fatto una scelta meravigliosa”.

Scelta che lo ha portato a vestire la maglia dei New England Revolution proprio insieme all’ex compagno al Padova, Alexi Lalas: “Ho vissuto a Boston, giocavo per i New England Revolution, ma le cose non andavano benissimo. E poi sono andato a Tampa Bay. Perfetto, per il clima un affare. Come passare da Torino a Catania, due mondi opposti. Mi sono divertito. Avevamo una grandissima squadra: Thomas Rongen come allenatore, che ora è uno showman, e poi c’era Carlos Valderrama“.

Il campione colombiano è un’icona ricordata in tutto il mondo sia per il talento che per quella capigliatura inconfondibile che proprio a Usa ’94 lo rese ancora più celebre: “Ogni volta che lo vedevo giocare dall’Italia pensavo ‘Ma va a due all’ora’. E in effetti andava a due all’ora, però quando giocava dietro me e Roy Lassiter, che poi andò al Genoa, ci mandava in porta. Io cercavo la testa bionda, gli davo la palla e mi muovevo di conseguenza. E la palla mi tornava con il contagiri. C’era anche Steve Ralston, tra i giocatori più forti d’America all’epoca. Perdemmo in semifinale con DC United. Ma fu un’esperienza unica, una cultura completamente diversa e avevo pensato anche di prendere la green card. E con Zenga, poi iniziai a fare l’allenatore: lui allenatore giocatore, io in seconda. E iniziai con lui”.

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