Dalla MLS alla CanPL: intervista con il coach Alan Koch
Dopo l’importante avventura a Cincinnati, finita soltanto successivamente all’ingresso della franchigia in MLS, e una avventura in Colorado nella USL coach Alan Koch (e non è uno scioglilingua) ha deciso di ripartire dalla Canadian Premier League prendendo le redini dell’FC Edmonton, la squadra ex NASL che nelle prime due stagioni della massima lega canadese ha sofferto e non poco.
Una sorta di ritorno alle origini per Alan Koch, sudafricano con una carriera da calciatore interrotta molto presto e un passato da mister nei campionati universitari e femminili spesa tra Usa e Canada, dove ebbe i primi approcci con le leghe maschili. Lo abbiamo intervistato in merito alla sua carriera, alla fine del rapporto con Cincinnati e alla sua attuale sfida.
Edmonton è la squadra più anziana della Premier League canadese. Nelle prime due stagioni ha incontrato alcune difficoltà e i fan aspettano sicuramente un riscatto. Qual è l’approccio che desideri condividere con il tuo roster?
Siamo una delle poche squadre che in Canada che hanno una storia. Noi vogliamo abbracciare questa storia ma anche evolvere sia a livello di club che a livello atletico, una strategia per avere successo nella CPL. Attualmente stiamo mettendo in piedi una squadra che, si spera, possa già lottare per vincere nel 2022.
Cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida?
La voglia di tornare in Canada. Edmonton per me rappresenta una eccellente sfida anche perché mi consente di essere vicino alla mia famiglia e perché posso contribuire a cambiare a volgere al meglio le fortune del club. Voglio far parte dell’attuale processo di evoluzione del soccer in Canada.
Nel corso della tua carriera hai allenato in Canada, sia a livello femminile che universitario. Come pensi sia cresciuto il movimento?
Quando ho iniziato ad allenare qui sia per gli atleti maschi che per le calciatrici donne c’erano soltanto determinate opzioni, ora sono aumentate e il soccer continua a crescere. Abbiamo però un cammino ancora molto lungo davanti a noi, certo, il successo di giocatori come Alphonse Davies che si impongono su scala globale ci aiuta in modo significativo.
Edmonton sta intervenendo in maniera massiccia sul mercato. Quale tipo di calciatori ti piacerebbe allenare?
Atleti affamati che abbiano sete di riscattarsi e siano motivati a venire e a rappresentare Edmonton. Raggiungere insieme sia gli obiettivi collettivi che individuali fa parte della nostra piattaforma.
Segui i vari campionati italiani? Pensi che si possa creare una joint venture tra l’FC Edmonton e una squadra della nostra nazione?
Ho sempre guardato e rispettato il calcio italiano. Tutti possiamo imparare dagli altri, quindi una affiliazione con un club italiano sarebbe la benvenuta.
Parliamo della tua carriera. Hai lasciato il Sudafrica e poi sei andato in Germania e Irlanda. Che ricordi hai?
Il calcio mi ha portato in tutto il mondo e sono grato per le opportunità che ho avuto. I miei più grandi ricordi ruotano attorno ai sorrisi che ho visto sui volti delle persone. Non c’è sensazione più bella di vedere le persone felici per qualcosa che hai fatto.
Come sei diventato un allenatore di college negli Stati Uniti?
Gli Usa forniscono molte opportunità sportive diverse così come molti percorsi di coaching. Ho avuto una carriera atletica di successo nei college e dopo ho voluto partecipare ai corsi per passare dall’altra parte. Grazie a questa scelta ho potuto allenare sia negli States che in Canada.
Pensi che il calcio universitario possa ancora dare un supporto importante a i grandi campionati?
Si, ogni anno ci sono calciatori che vengono dalla NCAA e hanno un buon impatto in MLS. Lo stesso sta accadendo nella Can Pl con la USPORTS. Io sono un grande sostenitore del passaggio degli atleti universitari a livello pro. Non c’è un solo modo per diventare un calciatore professionista, esistono molti percorsi.
Parliamo di Cincinnati. Hai vissuto sia il periodo in USL che in MLS. Qual è stata la differenza tra le due esperienze?
In USL sono potuto intervenire maggiormente nella progettazione del team e conoscevo ogni persona nel club. Nella transizione accelerata verso la Major League Soccer c’erano molte persone che volevano fare cose diverse. Il club ha dovuto crescere in maniera incredibilmente rapida in poco tempo e ha perso molto dell’anima precedente. i Cincinnati lottano ancora oggi per trovare una buona dimensione, ma spero che siano in grado di svoltare l’angolo quanto prima.
Il Sudafrica è uno dei paesi economicamente più sviluppati del continente africano e il calcio è uno sport molto popolare. Potrebbe sorgere una lega come la MLS o la Japan League, dove calciatori europei o sudamericani possono dare il loro contributo alla crescita del movimento?
La lega sudafricana ha fatto molti progressi, ma potrebbe essere molto meglio. A mio avviso le più grandi aree di necessità sono le infrastrutture e tutto ciò che ruota intorno all’allenamento. C’è grande talento che ha bisogno di essere sviluppato. Con le persone giuste al posto giusto la traiettoria verso l’alto potrebbe essere accelerata.
Un’ultima domanda. Secondo te, cosa manca a una nazionale africana per vincere un mondiale?
La stessa cosa che impedisce a ogni altra squadra di vincere la Coppa del Mondo: un insieme di elementi a disposizione al momento giusto. Si ha bisogno di giocatori di talento, di un allenatore giusto, di una federazione che ti sostenga e che tutti siano capaci di correre attraverso un muro di mattoni per la squadra e per il proprio Paese. Io spero che accada presto e che ovviamente la nazione sia il Sudafrica.
Si ringrazia Jessica Rogers del front office di FC Edmonton per averci aiutato a realizzare questa intervista.
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