Chi decide le magliette in MLS?

Circa 25 anni fa, con un evento organizzato al The Palladium di New York City, la MLS svelava al mondo le prime storiche divise delle franchigie pronte a ridare vita al campionato americano di calcio. Magliette sgargianti e per certi versi improbabili, alcune delle quali entrate nella storia e altre finite direttamente nel cestino dell’infamia. Oggi, nel 2020, la stessa lega americana per celebrare la 25a stagione del campionato ha voluto fare un salto nel passato, organizzando ancora una volta un evento mondano nella Grande Mela per presentare in un colpo solo tutte le nuove divise stagionali. Le critiche non sono mancate, ma quelle non mancano mai.

Piacciano o meno, de gustibus, su una cosa tutti gli appassionati del soccer americano non possono che essere concordi: nel corso degli anni le divise delle squadre MLS sono diventate noiose, ridondanti, classiche. Una ricercata tradizione che stride con un campionato giovane e in continua evoluzione, considerando anche l’unicità dell’accordo con un unico fornitore – adidas – per tutte le squadre della lega che permetterebbe a grafici e designer di sbizzarrirsi alla ricerca della rappresentazione dell’essenza di città e tifosi. Col passare degli anni si è passati dagli eccessi della maglietta dei Kansas City Wiz e l’improbabilità dei colori abbinati per i LA Galaxy, a una sorta di tradizionalità in direzione della maggior parte dei club storici di mezzo mondo, mascherata con gli aggettivi “clean” ed “elegant” per difendersi dalle critiche eccessive, che comunque non mancano.

Nella MLS 2019 per esempio, delle 24 società impegnate nella lega, solo quattro non hanno optato per una maglia da trasferta bianca. Un look total-white che ha generato diversi malumori tra tifosi e simpatizzanti di tutto il mondo.

Ma di chi è la responsabilità delle scelte nelle magliette? Quanto un club può realmente incidere nel processo decisionale? Questo è quanto si chiedono ormai da diversi anni gli appassionati.

Puntare il dito contro lo sponsor tecnico – unico per tutti come detto – è quanto di più facile e istintivo possa esserci. Ma è anche la via più superficiale. Il processo di produzione di una maglietta per un club di MLS, come per i club più quotati in Europa, inizia circa due anni prima dal lancio ufficiale. Per le divise della MLS 2020 presentate il 5 febbraio a New York il tutto è partito a metà marzo del 2018, quando le società si sono sedute a un tavolo con il fornitore con un report di una ventina di pagine con richieste e necessità. Una sorta di confronto tra club, lega e adidas per capire la direzione da intraprendere seguendo le linee guida stagionali dello sponsor tecnico. Libertà sì, ma fino a un certo punto.

Alcuni elementi della maglietta non sono stagionalmente negoziabili: per il 2020, per esempio, adidas ha scelto di onorare il 25° anniversario della MLS regalandosi un tocco di anni Novanta, reintroducendo le tre iconiche strisce sulla spalla destra, così come il “collo a v”. Prendere o prendere, il resto – come il livello di dettaglio e l’attenzione durante la creazione della divisa – varia da club a club. Certamente la difficoltà maggiore è quella di far combaciare le proposte dei designer delle franchigie americane, spesso giovani e ricchi di inventiva, con la tradizionalità dello staff di adidas, abituato da anni a lavorare anche con altri grandi club in giro per il mondo. Le stesse persone, come confermato dalla stessa società tedesca in passato.

Ma allora chi decide? E come?

La creazione finale è sicuramente il risultato di mesi di riunioni, rendering e progetti discussi tra tutte le parti chiamate in causa, ma l’ultima parola spetta al fornitore tecnico. Adidas, dopo aver approvato o meno le proposte arrivate direttamente dal club e negoziato una soluzione nella fase iniziale, prende la propria direzione seguendo le indicazioni aziendali a livello globale che, per esempio, per il 2020 rispondono al tema “unità e arte del calcio”. Arte mescolata col pallone che per il nuovo che avanza è spesso rappresentato da “pennellate”, come nel kit per Euro 2020 della Spagna. In MLS la stessa “pennellata” la ritroviamo nella maglietta dei LA Galaxy. La divisa più artistica però è sicuramente quella di Minnesota United, con un’ala del “Loon” (simbolo societario) disegnata “a mano” sulla parte frontale, che ricorda quelle usate in NASL negli anni scorsi. Volere è potere.

Quella dei Loons però può ritenersi un’eccezione per la lega, probabilmente per la bellezza oggettiva della scelta e per il combinarsi con la linea guida stagionale che la stessa adidas adotterà per tutto il mondo. Qualcosa che resta comunque limitante per i grafici di molti club, spesso frenati direttamente dai propri superiori prima ancora del no della casa produttrice a cui spetta l’ultima parola. Detto questo, nessuna maglietta entra mai in produzione senza il benestare della franchigia, come ha confermato Riley Mahoney di adidas.

Il “total white” delle magliette da trasferta avute nel 2019 quindi è stato approvato da tutte le parti in causa e, spulciando nelle pagine del regolamento MLS, trova anche una spiegazione. La lega, infatti, richiede espressamente che l’80% della superficie delle divise “away” abbiano una colorazione chiara. Il che, combinato con loghi, sponsor e tre strisce iconiche, rende quasi obbligatoria una scelta conservativa che non si scontri con l’identità della squadra, della città e della tifoseria. Il bianco sta bene su tutto, in questi casi.

L’accordo di fornitura unica tra l’azienda tedesca e la MLS è stato recentemente rinnovato e scadrà nel 2024, il che lascia poco spazio alle speranze di grandi rivoluzioni di design. Una soluzione potrebbe essere l’introduzione di una terza maglia sulla quale sbizzarrirsi, anche se per il momento le voci di corridoio parlano dell’intenzione della lega stessa di permetterla eventualmente solo ai club che vendono meglio nel bienno di vita della maglietta.

Un’altra limitazione che andrebbe a suddividere le colpe della “noia” tra tutte le parti in causa. Il club, reo di non insistere eccessivamente o di non credere nei propri disegnatori; l’adidas, troppo ligia all’inserimento dei propri elementi; e i tifosi – ovviamente in minima parte – forse troppo timidi nel far sentire la propria voce in maniera più efficace, magari comprando tutti la divisa di Minnesota che quest’anno è per distacco la più “americana” e la meno noiosa.


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