Tim Howard: il ritiro del Segretario della Difesa
di Davide Antonioli
Lo scorso weekend si è giocata l’ultima partita di quello che, con ogni probabilità, è stato il miglior portiere della storia del calcio statunitense. Al termine della sconfitta per 3-1 dei suoi Colorado Rapids in casa dei Los Angeles FC, dominatori della regular season e vincitori del Supporters’ Shield, Tim Howard ha appeso i guanti al famigerato chiodo.
Tim sale alla ribalta nazionale nell’Agosto del 1998, con gli allora Metrostars di New York, debuttando a 19 anni (è nato il 6 Marzo 1979) in prima squadra. Negli anni successivi prosegue la sua crescita e nel 2001 si aggiudica il premio di MLS Golakeeper of the Year.
La crescita del numero 1 americano inizia a riscuotere interesse anche nel vecchio continente, portando il Manchester United, alla ricerca di una soluzione stabile tra i pali dopo l’addio di Peter “the Great Dane” Schmeichel, e il declino nel rendimento del portiere campione del Mondo con la Francia, Fabien Barthez.
Il debutto inglese di Tim è con il botto: vittoria del Community Shield contro l’Arsenal, con tanto di rigore parato. L’esperienza a Manchester però prosegue tra alterne fortune, con periodi di forma brillante, viene nominato nel Best XI della Premier League a fine stagione, e altri segnati da alcuni errori, come quello contro il Porto che costerà agli inglesi il passaggio del turno in Champions League. Al termine della stagione 2004-2005 Tim firma un rinnovo contrattuale, ma nel mercato estivo la squadra di Alex Ferguson ingaggia Edwin Van Der Sar che scavalca Howard nelle gerarchie del tecnico scozzese.
La stagione 2006-07 segna il passaggio di Howard tra le fine dell’Everton e qui il numero uno americano si afferma come uno dei migliori portieri al mondo, diventando uno degli idoli di Goodison Park. Howard rimane con i Toffees fino al termine della stagione 2015-2016, conquistando molti dei record dei Blues di Liverpool. Durante la stagione 2011-2012 segna persino un gol contro il Bolton Wonderers, rifiutandosi di esultare per empatia verso il collega Adam Bogdan.
Terminata l’avventura in terra d’Albione rientra negli States, tra le fila dei Colorado Rapids, dove giocherà fino al termine della stagione 2019 (miglior risultato la Finale della Western Conference del 2016, raggiunta grazie anche ai due rigori parati nel turno precedente contro i Galaxy).
Oltre alla carriera con i club, Howard è stato un pilastro della nazionale a Stelle e Strisce per oltre 15 anni, dalla prima convocazione del 2002, fino al termine dell’amaro ciclo di qualificazioni per il mondiale russo del 2018.
Dopo i primi anni nelle nazionali giovanili, con cui nel 2000 ha partecipato alle Olimpiadi di Sydney dome riserva di Brad Friedel, entra stabilmente nel giro della nazionale maggiore. Partecipa, da riserva di Kasey Keller, al mondiale tedesco del 2006, diventando titolare inamovibile dall’anno successivo, con la vittoria della Gold Cup 2007 ai danni del Messico. E’ sempre Tim il portiere della squadra americana che sconfigge la Spagna (campione d’Europa 2008 e campione mondiale 2010) nella Confederation Cup del 2009 e che si arrende solo in finale al Brasile, vincendo anche il guanto d’oro come miglior portiere della manifestazione. Disputa da titolare il Mondiale 2010, vince una seconda Gold Cup nel 2011 e supera le 100 presenze in Nazionale. Arriva al mondiale 2014 dove disputa una delle partite più memorabili per un portiere nella manifestazione; negli ottavi di finale contro il Belgio, batte il record di parate durante una partita: ben 16 interventi, che gli valgono il premio di migliore in campo nonostante la sconfitta per 2-1 ai supplementari.
La performance di Howard diventa anche virale su internet, con una serie di Meme e l’Hashtag #ThingsTimHowardCouldSave (cose che Tim Howard può parare). Inoltre la pagina Wikipedia del Segretario della Difesa Usa viene modificata, eleggendo Tim per quel ruolo istituzionale.
Oltre ai molti traguardi raggiunti tra i pali, va menzionato l’impegno sociale di Howard, premiato anche con il MLS Humanitarian of the Year Award nel 2001. Tim è infatti affetto dalla Sindrome di Tourette (Un disordine neurologico che provoca scompensi e tic motori e anche difficoltà nell’esprimersi), diagnosticatagli quando era un ragazzino ed è stato premiato per il suo lavoro con i bambini affetti dalla Tourette. Howard nel corso degli anni è stato portavoce delle persone affette dalla sindrome di Tourette, spiegando la malattia e dando coraggio con la sua esperienza a tantissime persone.
Lo stesso Howard ha raccontato che nel suo caso la malattia si manifesta con dei movimenti involontari molto frequenti. Ha inoltre spiegato che durante le partite, quando l’azione è lontana, i tic sono numerosi, mentre quando l’azione si avvicina e la tensione aumenta i tic tendono a scomparire.
Con il ritiro di Tim Howard si chiude un capitolo importante della storia tra i pali della nazionale Usa con il suo nome che tra qualche anno andrà a raggiungere quello degli altri grandi numeri 1 americani (Frank Borghi, portiere della nazionale che nel 1950 sconfisse l’Inghilterra ai mondiali brasiliani, Tony Meola, Kasey Keller e Brad Friedel) all’interno della Hall Of Fame del calcio a Stelle e Strisce.
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