Intervista esclusiva a Gianluca Busio di Sporting Kansas City
Nome e cognome tradiscono il legame con il Belpaese e la MLS quest’anno – dopo aver perso prima Tornaghi e Pirlo, poi Donadel – si è riscoperta un po’ più italiana. Gianluca Busio si è ritagliato il suo spazio nello Sporting Kansas City, la miglior squadra della Western Conference nella regular season, con un gol e un assist in sole sette presenze. Un grande bottino per un semplice motivo: Gianluca ha 16 anni, compiuti durante la stagione.
Busio ha talento e si sta facendo strada con le nazionali giovanili statunitensi, ma ha chiare origini italiane con il padre – italianissimo – nato e cresciuto a Brescia. Lo seguiamo da tempo, da quando l’amico Giorgio Antongirolami – coach di Rockhurst University – ce lo segnalò nel 2016 e ora abbiamo avuto il piacere di realizzare questa intervista esclusiva con l’attaccante di SKC (che il giorno dopo l’intervista ha realizzato il primo gol da professionista ndr).
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Questa è la tua prima stagione da professionista a soli 16 anni: com’è stato l’impatto con la MLS?
Sta andando bene, sto imparando molto allenandomi con i ragazzi più grandi e giocando professionalmente. E’ stato un ottimo anno di apprendistato per me, ho avuto momento bellissimi e altri più complicati ma è normale se uno vuole essere un calciatore professionista. A volte può essere duro ma è proprio come affronti le difficoltà che ti fa crescere e per me questa è stata un’ottima stagione nel mio percorso di crescita.
La tua ascesa sta avvenendo rapidamente: quali sono i tuoi punti di forza e in cosa, invece, pensi di dover migliorare?
I miei punti di forza sono la tecnica palla al piede e certi passaggi filtranti per superare il muro difensivo avversario. Probabilmente non sono ancora formato fisicamente, di sicuro non sono il ragazzo più forte e veloce, ma ci lavorerò nelle prossime stagioni.
“Diventare un calciatore è un sogno che avevo da bambino” hai dichiarato l’anno scorso dopo il debutto: dove hai preso questo amore per il calcio e quanto la tua componente italiana è stata importante in questa decisione?
Le mie origini italiane hanno giocato un ruolo importante perché in Italia, come ben sapete, il calcio è lo sport principale. Tutti guardano ogni partita. Crescendo con mio papà italiano che guardava ogni partita mi ha spinto a voler diventare come i professionisti che vedevo in televisione, così avrebbe potuto guardare me un giorno. Ho sempre pensato che fosse spettacolare guardare la Serie A la domenica, per me e mio fratello è sempre stato un sogno poter diventare un giorno calciatore professionista.
Hai 16 anni e il futuro davanti: professionalmente credi che sia meglio allenarsi con una squadra MLS e fare più panchina o giocare titolare in una squadra USL?
Penso che la cosa più giusta sia un mix delle due cose. Essere nel roster di una squadra MLS e respirare l’ambiente professionistico nel giorno della partita e nella settimana di preparazione è sicuramente una gran bella cosa, ma c’è anche un momento in cui devi giocare, perché scendere in campo è la via migliore per migliorare. Essere nel roster è una cosa bella per te, ma crescere potendo giocare in USL è la cosa migliore per sviluppare il proprio gioco.
Cosa pensi del lavoro di coach Vermes e del suo rapporto coi giovani talenti?
E’ un ottimo coach e sta facendo un grande lavoro. Anche se è duro spesso con noi ragazzi, ha lavorato con molti e ha mostrato di investire molto sui giovani. Penso sia uno dei migliori tecnici per sviluppare i ragazzi perché ha fiducia in noi e sicuramente noi abbiamo fiducia in lui. E’ il nostro primo allenatore da professionisti, sicuramente è un grande tecnico da avere.
Qual è il tuo obiettivo principale per il futuro?
Giocare un Mondiale è qualcosa che ogni giocatore sogna. Rappresentare il proprio Paese nel più grande palcoscenico pensabile, giocando contro le stelle mondiali, è sicuramente un mio obiettivo. Pensando al Mondiale 2026 in casa…
Parliamo un po’ dell’Italia: qual è il tuo rapporto con il nostro Paese?
Mio padre è italiano ed è cresciuto a Brescia fino ai 18 anni quando poi si è trasferito negli Stati Uniti. Tutte le estati io e la mia famiglia andavamo in Italia e restavamo circa un mese con la famiglia ed è così che manteniamo i rapporti con l’Italia. Parlo un po’ di italiano, non fluentemente, ma lo capisco. Probabilmente non potrei risponderti in italiano, ma capirei molto bene.
Segui la Serie A?
Sicuramente seguo il campionato italiano e mio padre è un grande tifoso dell’Inter, ogni volta che la fanno vedere in tv la guardiamo. E’ bello sapere di avere un legame con quello che stai guardando e che la tua famiglia viene da lì. Mio papà è cresciuto guardando il campionato italiano, io anche. Ho un forte legame con la Serie A.
C’è un giocatore italiano che ti ha ispirato?
Un giocatore che mi è sempre piaciuto e che ho sempre guardato con ammirazione è stato Andrea Pirlo. Ho amato come si è creato una posizione in campo, un giocatore calmo, pulito, lucido. Mi ha ispirato e sul campo provo a essere lucido come lui e calmo il più possibile, anche se non sempre mi riesce. Vorrei essere come lui.
Oltre a te, puoi indicarci qualche talento da seguire con attenzione per il futuro?
Sicuramente direi George Bello di Atlanta United, è nella nazionale dei 2002; Gio Reyna, Efrain Alvarez – con cui ho giocato in nazionale. Ce ne sono molti promettenti. Jaylin Lindsey per esempio, ho giocato con loro e sto imparando anche dai loro movimenti. Hanno la mia età ed è fantastico perché hanno un brillante futuro davanti, ma stanno già facendo grandi cose.
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