Intervista esclusiva a Thomas Dooley: un eroe di Usa ’94

Thomas Dooley è una vera e propria leggenda del calcio nordamericano. Nato in Germania da madre tedesca e padre soldato americano, fu una delle colonne portanti della nazionale statunitense guidata da Bora Milutinovic nel mondiale 94 giocato in casa e a Francia ’98 meritò i gradi di capitano. Una carriera spesa in Germania dove ha vinto una Bundesliga, una coppa nazionale e una supercoppa con il Kaiserslautern. Nel 1997, prima di trasferirsi in Mls dove ha vestito le maglie di Columbus Crew e New York/New Jersey Metrostars, vinse la Coppa Uefa con lo Schalke 04 in finale contro l’Inter. Dopo aver appeso le scarpe al chiodo ha coadiuvato Jürgen Klinsmann sulla panchina della USMNT e ha poi guidato la Nazionale delle Filippine alla storica qualificazione alla Asian Cup 2019. In esclusiva per Mlssocceritalia.com questa intervista a tutto tondo sulla sua carriera, la Major League Soccer, la nazionale statunitense e lo sviluppo del calcio in Asia.

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Lei ha origini miste, statunitensi e tedesche, qual è stato il suo primo approccio con gli Usa?
Ho sempre amato l’America, guardavo le olimpiadi, ammiravo le maglie, l’inno ed è una cosa piuttosto divertente in quanto non ero mai stati lì, non ho mai incontrato mio padre o nessuno che venisse dagli Stati Uniti e comunque non avrei potuto parlare in inglese. Riflettendoci questo amore deve essere stato nel mio sangue.

Come è nata la sua scelta di far parte della nazionale americana?
Mio padre era americano e mia madre tedesca. C’era una regola all’epoca in Germania, se eri nato lì credo fino al 1971 prendevi automaticamente la cittadinanza di tuo padre. Ciò significa che sono nato come americano. A causa della situazione della mia famiglia, mio padre se ne era andato negli Stati Uniti e non era più entrato in contatto con noi, mia madre decise che i suoi figli avrebbero dovuto ottenere la cittadinanza tedesca che abbiamo avuto quando io avevo nove anni.

Ha mai pensato di poter giocare con la Nazionale Tedesca?
Si, per ben tre volte sono stato vicino alla Nazionale Tedesca. Intendo dire che in un periodo in cui le mie prestazioni erano buone i mass media mi contattarono e mi dissero che avrei dovuto partecipare al successivo stage della nazionale. Risposi che si, sarebbe stato fantastico, che tutto sarebbe dipeso dalle mie prestazioni durante la prossima partita di campionato. Riportai un infortunio alla caviglia e mi dovettero operare, rimasi fuori tre mesi. La seconda volta, sempre quelli della stampa mi dissero: “Kohler e Buchwald sono entrambi infortunati, e tu sei il migliore marcatore del campionato in questo momento, dovresti essere lì“. La partita successiva ebbi lo stesso infortunio, questa volta alla caviglia destra, e altri tre mesi fuori. La terza e ultima volta fu quando la Germania voleva fare una tournée in Argentina e in Messico, volevano portarsi dietro più di trenta giocatori. In campionato giocai contro il Bayern Monaco e feci la migliore partita di tutta la mia carriera. Allora i media mi dissero: “Thomas è la tua ultima possibilità, se non ce la fai adesso non ce la fai più“. Due giorni dopo, in una gara amichevole contro il Cottbus, qualcuno mi saltò sul petto. Mi ruppi quattro costole e mi collassò un polmone. Fu in pratica il mio omicidio, ero fuori dalla Nazionale.

Che ricordi ha di Usa 94?
Abbiamo avuto un team perfetto, una grande unità nella squadra. Giocammo insieme un anno come se fossimo una squadra di club, nacquero grandi amicizie tra noi giocatori e tutti venivamo trattati e rispettati allo stesso modo. Una simile esperienza non è diversa da quella che si può vivere in una squadra di Bundesliga o di Premier League, o in una di un college americano. Eravamo proprio come una famiglia.

Che tipo di allenatore era Bora Milutinovic, il globetrotter del calcio?
Il miglior allenatore che avremmo potuto avere in quel momento. Un fanatico del calcio! Pensava al calcio ventiquattro ore al giorno per sette giorni alla settimana. Era sempre di buon umore, era divertente e rideva molto. Sul campo sapeva esattamente come portare sullo stesso piano tutti quei giocatori, con qualità diverse e provenienti da nazioni diverse. Sapeva esattamente come costruire il team giusto ed è riuscito a costruirlo. Era un allenatore onesto, rispettoso e molto attento ai dettagli. Per noi era come se Bora Milutinovic fosse un parente stretto, è davvero una persona fantastica!

Secondo la sua opinione, quanto è cambiato il calcio nordamericano in questi oltre venti anni? Quali saranno le novità per il 2026 quando gli Usa torneranno a ospitare un mondiale?
Anno dopo anno il soccer sta diventando più professionale. E’ così bello vedere che il calcio è sopravvissuto e la MLS ha fatto un ottimo lavoro per mantenerlo ad alti livelli. Quelli che ci hanno creduto, Phill Anschutz e Lamar Hunt sono dei veri eroi. Entrambi furono i proprietari di tutte le squadre della lega quando è iniziata e quando ha rischiato di crollare. Quei due ci credevano, se lo sono tenuti stretti il calcio e avevano già in mente quello che sta accadendo oggi. Atlanta ha ottantacinquemila supporter, ci sono ventitré squadre e ce ne saranno altre ancora. Le novità nel 2026? Gli Stati Uniti sono tornati nel gotha mondiale e ci sono tornati più forti che mai.

Al Mondiale di Francia 98 hai indossato la fascia di capitano della USMNT. Come hai affrontato quella sfida? Quali sono i tuoi ricordi?
I miei sono brutti ricordi. E’ stata sicuramente una delle peggiori squadre in cui ho militato e io c’ero pienamente dentro. Nessuno spirito, nessun rispetto, nessun obiettivo, nessuna organizzazione, nessuna disciplina. Mancava tutto quello che è necessario per avere successo, qualsiasi cosa. Oggi, da allenatore, sono abituato ad analizzare ogni cosa, ogni partita. Ho avuto molti successi nei miei vent’anni di carriera da calciatore e in dieci anni da allenatore e ho anche avuto un fallimento, come tutti. Analizzando le partite, i tornei, in cui abbiamo avuto successo e quelli in cui abbiamo fallito ho capito che ci sono due strade nella vita: una è quella positiva e una è quella negativa. Il ’98 è stato progettato per fallire. Ripeto: mancava tutto ciò che serve per avere successo. L’unica cosa buona è che questa esperienza mi ha aiutato molto nella mia carriera di allenatore.

Se dovesse scegliere un portiere, un difensore, un centrocampista e un attaccante, secondo te quali sono stati i migliori nella storia della nazionale statunitense?
Portiere: Brad Friedel. Difensore: Thomas Dooley, naturalmente. Centrocampista: Claudio Reyna. Attaccante: Clint Dempsey.

Ha giocato per anni in Bundesliga prima di approdare in Major League Soccer. Quali erano le differenze tra i campionati europei e quelli del Nord America?
Come il giorno e la notte. Quando ho lasciato lo Schalke 04 e sono andato alla prima sessione di allenamento a Columbus avevo un osso rotto e non potevo allenarmi con la squadra. Me l’ero rotto prima della finale di Coppa Uefa e sono stato fuori per il resto della stagione. Non mi era stato dato ancora il permesso per allenarmi con la squadra, che si allenava su un parcheggio di erba irregolare nella parte posteriore dell’Ohio State Stadium. Pioveva, ricordo che io ero seduto su di una panchina o un tavolo e andavo con la mente alle strutture di allenamento che avevo allo Schalke o a Leverkusen e pensavo: “che sto facendo qui?” Ma quando ho iniziato a giocare e ad allenarmi nel centro sportivo di proprietà dei Crew le cose sono iniziate ad andare di meglio in meglio. La gente a Columbus era molto carina e stare lì mi piaceva sempre di più. Ovviamente ci sono un sacco di storie su quei giorni. Fuori c’erano 100 gradi (Scala Fahrenheit, più o meno 38 gradi Celsius, ndr) e il 90% di umidità, due ore prima della partita dovevamo scendere in campo e firmare autografi per quasi un’ora. Puoi immaginare che è una cosa che non potrà mai verificarsi in Bundesliga. In definitiva è stato facile giocare in MLS, nessuna pressione da parte dei fan e dei media, e ovviamente la velocità di gioco era molto più lenta rispetto a quella europea.

Come considera la sua esperienza in MLS?
Mi sono divertito, una esperienza perfetta per concludere la mia carriera, avrei potuto continuare a giocare fino a quando non fossi letteralmente caduto a pezzi. In quegli anni ho imparato molto sugli Stati Uniti, sui media e una cosa che reputo molto importante è che ho potuto imparare l’inglese, la terza lingua da me parlata dopo il tedesco e il francese.

Come reputa gli anni passati nei Columbus Crew e come considera il fatto che la franchigia possa essere spostata ad Austin, in Texas? Ha aderito alla campagna #SaveTheCrew?
Mi piacevano le persone a Columbus, mi piaceva vivere lì, ho amato il centro sportivo e lo stadio dei Crew. Siamo migliorati anno dopo anno e abbiamo avuto grandi giocatori. Penso molto ai Crew e a Columbus ho ancora tanti amici. Mi piacerebbe continuare a vedere i Crew in Ohio e non a Austin, il trasferimento mi renderebbe molto triste.

Hai giocato per un periodo con i New York/New Jersey Metrostars. Come fu quel campionato. Che rapporto hai avuto con Lothar Matthaus?
Mi è piaciuta anche quella esperienza. Io stavo per ritirarmi, ma l’allenatore (Octavio Zambrano, ndr) mi chiamò e mi chiese di giocare un altro anno per aiutare New York ad avere una buona stagione. La squadra era sempre in fondo alla classifica. Hanno sempre avuto una buona squadra ma non combattevano, cercavano soltanto di giocare bene e pensavano che avrebbero fatto grandi cose soltanto per il fatto di essere New York. Non puoi vincere o avere successo soltanto giocando bene. Devi lavorare duro, giocare duro e a volte sporco. Il lavoro duro paga. Avevo deciso di giocare un ultimo anno e il mio compito era di portare il gioco duro a New York. L’anno prima a Columbus aveva ricevuto il Premio Fair Play. Se c’era qualcuno che meritava quel premio quello ero io, avevo giocato per quasi vent’anni e non avevo mai ricevuto un cartellino rosso, ma ora ero a New York e dovevo dare un segnale e un esempio alla squadra. La mia prima partita con i Metrostars fu un amichevole in Florida contro i Crew, mia ex squadra. Durante il gioco credo di aver contrastato tutti quelli che si trovavano nella mia zona, al settantesimo ho giù di lì ho rimediato un cartellino rosso. Alla fine della stagione abbiamo vinto il campionato della Eastern Conference e abbiamo perso ai play off in semifinale contro Chicago. Questa è stata la mia ultima partita, ho rimediato un infortunio e un intervento chirurgico.

Lothar è un ragazzo eccezionale, mi è piaciuto giocare con lui. All’inizio la prendeva con disinvoltura e pensava che tutto andasse per conto suo, ma in seguito la stagione si è intensificata e tutti hanno potuto vedere che giocatore potente fosse. Ho avuto un buon rapporto con lui e sono contento di averlo avuto come compagno di squadra.

Secondo lei perché la città di New York non ha ancora vinto niente di importante in MLS?
Non i migliori giocatori, ma la squadra migliore vince il campionato. Tornando a Bora Milutinovic, è necessario costruire un perfetto spirito di squadra. Una squadra che funziona e che sa perfettamente cosa deve essere fatto per vincere il gioco. Ci sono due strade, e se non prendi il sentiero della strada del successo, fallisci. Guarda la Germania quest’anno, totalmente chiaro il motivo per cui hanno fallito!

Parlando di oggi, come ritiene il livello attuale del calcio in americano?
Ho visto un paio di partite in questa stagione. Non conosco tutto l’andamento dell’anno, ma le partite che ho visto non sono state quelle più tecniche o tattiche a cui io abbia assistito. Forse ero al posto sbagliato nel momento sbagliato. Comunque la tifoseria è grande e lo sviluppo dei giovani calciatori sta migliorando sempre più. Il cambio nella squadra nazionale era necessario e i molti giovani recentemente convocati hanno bisogno di sbagliare ora in modo che possano crescere fino al momento che conta. Non puoi concentrarti sul risultato, devi concentrarti sul compito! Persino il giocatore più forte, più veloce, più intelligente e più abile può essere soggetto a una prestazione scadente se si concentra sulla cosa sbagliata.

Che cosa ne pensa dell’attuale MLS? Quali cambiamenti apporterebbe?
Amo la MLS, chi non vorrebbe allenare lì. Personalmente implementerei quello che ho imparato nei vent’anni da calciatore e nei dieci da allenatore cioè che tutto accade per una ragione: perché i team hanno successo oppure falliscono? Lo spiegherei più e più volte perché mi consentirebbe di portare la squadre sulla strada giusta.

Quale squadra le piacerebbe allenare in Major League?
Qualsiasi.

Quali sono secondo il suo parere i calciatori più talentuosi della lega?
Ovviamente i giocatori della nostra squadra nazionale, mi piace Tyler Adams e ritengo Tim Parker un tipo tosto, Will Trapp e come portiere ammiro Zack Steffen. Sono sicuro che ce ne saranno altri ma non conosco tutto nei dettagli. Sai, vivo dall’altra parte del mondo, mi ci vorrebbero delle settimane per conoscere tutti!

Quale franchigia credi possa vincere la MLS Cup 2018?
Atlanta United.

A breve iniziera la Usl D3 con promozioni e retrocessioni. Vedresti bene una simile innovazione nella Major League?
Non lo so, credo di no. Non cambierei qualcosa che funziona, abbiamo i migliori stadi, i migliori tifosi e consentiamo a nuovi proprietari di creare nuove squadre e costruire nuovi stadi. Nella seconda divisione e nei livelli inferiori penso invece che sarebbe fantastico, potrebbe renderli più interessanti ed eccitanti.

Secondo lei è importante il calcio universitario? Un sistema simile potrebbe esistere anche in Europa?
No, non lo ritengo molto importante. Giocare un anno in un club durante una stagione regolare lo reputo molto meglio per la formazione di un giovane calciatore.

Storicamente il calcio nordamericano è molto legato alla Germania e ai paesi scandinavi. Qual è la ragione dietro questo forte scambio di atleti?
La Scandinavia è un luogo dove i calciatori americani, che non ce la fanno a trovare un ingaggio in Bundesliga o nelle leghe inglesi, possono giocare e mostrarsi. E’ più facile scovare un giocatore in Scandinavia, o in Belgio oppure in Svizzera… ottimi posti per giovani atleti. Sono campionati meno forti rispetto al resto d’Europa. Se c’è un giocatore interessante gli scout possono andare lì più volte e vedere se è il calciatore giusto per il loro club.

Anche l’Italia è storicamente legata agli Stati Uniti, migliaia di soldati americani con le loro famiglie vivono qui, eppure non si è creato un interscambio di allenatori e calciatori. Qual è la ragione?
Perchè il calcio non è così vecchio negli Stati Uniti e, per esempio, lo sviluppo di un allenatore non si ottiene medianti i libri ma mediante l’esperienza nel giocare e nel vivere la propria vita in un ambiente calcistico. Il campionato ha solo ventiquattro anni, gli Stati Uniti non hanno la stesso storia dell’Europa o dell’America Latina.

La Canadian Premier League avrà inizio nella primavera 2019. Ritiene che questo campionato aiuterà la crescita del movimento calcistico in Canada?
Qualsiasi lega professionistica contribuisce allo sviluppo del calcio.

Sfortunatamente la Nazionale Usa non ha partecipato al Mondiale 2018. Secondo lei quali sono stati gli errori commessi?
Non conosco quello che è accaduto all’interno della squadra. La strada per il successo è comunque sempre la stessa. La farò breve: devi essere in grado di creare un team funzionale dove ciascuno lavori con e per l’altro. Devi saper creare un ambiente positivo e concentrarti sulla cosa giusta. Io sono quasi sicuro che nel caso della USMNT è mancata quella scintilla.

Coach Dooley, per un periodo è stato assistente di Jürgen Klinsmann sulla panchina dei The Yanks. Ritieni che fu un errore esonerare il tecnico tedesco durante le qualificazioni alla Coppa del Mondo?
Mi piace Jürgen e lo considero un buon allenatore. Io non ero lì in quel periodo e non so che cosa accadde esattamente. Personalmente posso dire che l’avrei tenuto e l’avrei lasciato finire il suo lavoro.

Quale allenatore le piacerebbe vedere sulla panchina della USMNT?
Thomas Dooley.

Se la USSF la chiamasse a guidare la Nazionale, quali cambiamenti apporterebbe?
Ci sono dei giovani calciatori fantastici che stanno intensificando le proprie prestazioni. Io riporterei in alto lo spirito di squadra, poi parlerei con i calciatori e gli spiegherei chiaramente perché la squadra vince e perché la squadra perde. Il momento in cui lo capiranno sarà fantastico.

La Francia ha vinto il Mondiale esattamente vent’anni dopo il primo e lo ha fatto entrambe le volte con una squadra multietnica. Ritiene che le recenti politiche sull’immigrazione portate avanti negli Stati Uniti possano danneggiare il sistema calcio, la cui crescita è particolarmente dovuta alla comunità latina?
No, non credo che questo possa accadere.

Che cosa ne pensa della disfatta della Germania in Russia? Crede che Joachim Low avrebbe dovuto dimettersi?
Si, li ho seguiti attentamente. Guardandoli sembrava ovvio che stessero andando verso quel risultato. Sono andati totalmente sulla strada sbagliata e hanno fatto quasi tutto quello che porta a un tale fallimento. La responsabilità in questo caso è dell’allenatore e dello staff.

L’Italia come gli Stati Uniti non ha preso parte al Mondiale. Da allenatore e da ex calciatore, quali errori ritiene siano stati commessi?
Mi spiace ma non ho le conoscenze tali per esprimermi al riguardo. Qualcosa non andava e sono sicuro che molti errori siano simili a quelli commessi dalla Germania.

Lei ha guidato per anni la Nazionale delle Filippine, conducendola alla storica qualificazione alla Asian Cup 2019. Come considera quella esperienza?
Sono felice che i giocatori mi hanno ascoltato e hanno creduto in quello che gli ho detto: concentrarci sulle giuste cose ci porterà al successo. Abbiamo battuto undici record, abbiamo avuto un ottimo girone di qualificazione ai mondiali con tre vittorie e un pareggio e abbiamo chiuso le qualificazioni alla Asian Cup imbattuti. L’esperienza è stata sorprendente se si pensa che ho avuto otto preparatori dei portieri in quattro anni, sei assistenti e nessun vice allenatore negli ultimi due anni. Ciononostante siamo riusciti ad avere successo. Potrei scriverci un libro.

Crede che il calcio asiatico sia in crescita? Quali sono le prospettive per questo continente?
Si, sempre più club europei sono in cerca di joint venture con le corporazioni asiatiche. Le nazioni stanno cercando di avviare accademie di sviluppo da sole o con il supporto dei club internazionali. Ci vorranno un altro paio di anni ma il tipo di calciatore che puoi trovare qui è diverso da quello che puoi trovare in Europa o negli Usa.

Anche le Filippine sono storicamente legate agli Stati Uniti. E’ pensabile la creazione di una partnership per portar giovani calciatori filippini negli Usa?
Ci sono già milioni di filippini negli Stati Uniti. Io ho appena iniziato le attività della mia accademia nelle Filippine con l’obiettivo di far crescere i calciatori per raggiungere il grande obiettivo del 2026.

Ritiene che tra i calciatori che ha allenato negli Azkals ce ne sia qualcuno pronto per la MLS o per l’Europa?
Noi abbiamo in questo momento alcuni calciatori che giocano nelle prime divisioni europee. Neil Etheridge gioca in Premier League. Gli ho detto che doveva concentrarsi sul giocare piuttosto che stare seduto su di una panchina di una squadra di Premier. “Se pensi di essere un giocatore da Premier, mostralo in una serie inferiore e vedrai che poi te ne andrai da lì in men che non si dica“. Alcuni comunque potrebbero avere delle opportunità, Sato per esempio gioca in Romania, altri stanno giocando in Malaysia e in Thailandia. I loro campionati sono molto più competitivi rispetto a quelli che abbiamo qui.

Perché non è più il coach delle Filippine? Non sarebbe stato meglio per la Federazione affrontare la Asian Cup con lei al comando?
Questa è una bella domanda. Non so davvero che cosa è accaduto. Subito dopo la scadenza del mio contratto mi fu chiesto se avessi riportato Stephan Schröck  in nazionale! Ho detto di no, che non vedevo il motivo di farlo rientrare nel gruppo. Non segue le istruzioni, io decido qualcosa e lui non la fa mai, con Schröck in campo non abbiamo mai avuto un successo o una buona prestazione. Chiesi alla Federazione di nominarmi una partita, negli ultimi quattro anni, in cui Schröck aveva giocato e noi avevamo vinto. Non ne hanno potuta nominare una. E’ il preferito dai tifosi e dai media. Penso che questa è stata la ragione per la quale non hanno voluto continuare con me. Va bene così, se si è chiusa una porta se ne apriranno due. Ricordate: non avete bisogno dei giocatori migliori, avete bisogno della squadra migliore.

La Major League Soccer e la Chinese Super League sono due campionati in espansione con due modelli economici totalmente diversi. Quale tra questi due modelli pensi sia il vincente?
La Cina ha molto più denaro a disposizione nel calcio rispetto agli Stati Uniti. Il governo investe miliardi in infrastrutture per lo sviluppo di questo sport. Vogliono vincere presto la Coppa del Mondo, ma non puoi comprare il successo!

In chiusura, caro coach, quali sono i suoi progetti futuri?
Sono alla ricerca di una squadra, una squadra in cui possa portare le mie conoscenze ed esperienze per costruire un altro gruppo di successo. E poi sono impegnato nel lancio della Philippine Football Academy dove ci dedicheremo allo sviluppo dei calciatori di nazionalità filippina. Il sogno è la qualificazione alla Coppa del Mondo 2026.


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