Dalla City of Champions alla MLS: l’evoluzione del calcio negli USA
Sono passati ben 24 anni dal mondiale negli USA, 22 dall’esordio della MLS. In tutto questo tempo, il calcio negli Stati Uniti si è evoluto sul piano tecnico e tattico e l’intero movimento ha fatto un vero e proprio salto di qualità, cambiando progressivamente anche la percezione del pubblico a stelle e strisce rispetto ad uno sport che, in precedenza, veniva spesso considerato solo al femminile.
Lisa è americana, di Brockton nel Massachusetts (conosciuta anche come The City of Champions per aver dato i natali alle stelle della boxe Rocky Marciano e Marvin Hagler), ma ha vissuto anche in Italia per qualche anno, sperimentando in prima persona la passione del bel paese per lo sport più seguito al mondo. Perché è matematicamente impossibile, quando si ha a che fare con italiani, non finire a parlare – prima o poi – di quale sia la propria squadra del cuore. “Il calcio, qui in America, non è certamente ancora a livello di football, hockey, baseball o basket – ci spiega – ma ho la sensazione che sempre più persone si interessino alle partite e vadano allo stadio, magari anche grazie al fatto che grossi nomi siano venuti a giocare nella MLS negli ultimi anni”.
Con lo stesso entusiasmo dei tifosi del nostro Paese, Lisa ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook la notizia della vittoria del campionato dello Stato del Massachusetts da parte del liceo della sua città, il Brockton High. “Quello che però non riesco a capire – continua – è perché gli Stati Uniti non siano ancora in grado di produrre calciatori professionisti di livello superiore, dato che molti giovani, sia maschi che femmine a partire dai 3 anni, praticano questa disciplina”.
Per rispondere a questo quesito, parlare della vittoria del campionato e, più in generale, dell’evoluzione del calcio negli USA, abbiamo intervistato proprio l’allenatore del Brockton High, coach Herminio Furtado, che ci ha dato un’interessante chiave di lettura: “il calcio americano sta crescendo e sta diventando molto popolare tra i fan. Tuttavia, negli Stati Uniti, la più grande sfida per questa disciplina è il fatto che il calcio sia diventato un passatempo di periferia per quei bambini che, per lo più, non possono permettersi i costi che gli altri sport comporterebbero. Di fatto, oggi il calcio non è ancora molto diffuso fra i giovani dei centri urbani da cui provengono storicamente i più grandi atleti delle altre discipline”.
In riferimento alla vittoria del Brockton High, Lisa ci aveva segnalato come la cosa più interessante fosse che molti dei ragazzi della squadra provenissero da famiglie originarie di Capo Verde. E coach Furtado, nel confermare la tendenza del calcio a stelle e strisce ad essere uno sport praticato ancora prevalentemente da immigrati, ci spiega che “il fenomeno di dover pagare per giocare è un problema enorme per il calcio americano”. Gli immigrati vivono spesso in zone periferiche “dove possono permettersi un alloggio ma dove ci sono limitate infrastrutture per il calcio”. Ma gli stessi, di contro, “apportano un importante bagaglio tecnico acquisito nei loro Paesi di origine, dove giocare a pallone non comportava alcun costo”.
A conferma di ciò, basterebbe soffermarsi sul roster multiculturale dei ventotto giocatori del Brockton High: due brasiliani, due haitiani, un honduregno, un americano e ben ventidue capoverdiani. Il bomber è Leonardo Teixeira, autore di 31 gol alla sua prima stagione. Teixeira ha lasciato il suo Paese meno di un anno fa per andare negli Stati Uniti in cerca di fortuna insieme alla sorella e al padre. E le premesse perché possa trovarla nel pallone sembrano esserci tutte, dato che oggi è già uno dei leader della squadra. Il compagno con cui condivide gol e assist si chiama Jonathan Rodrigues, cresciuto nella cittadina del Massachusetts ma anche lui figlio di immigrati di Capo Verde. Entrambi sono stati protagonisti della finale del torneo statale Division 1, vinta lo scorso 18 novembre per 5-3 contro Longmeadow. Il primo successo della storia calcistica di Brockton è arrivato in rimonta da un passivo di 0-2, ribaltato proprio da Teixeira (autore di una tripletta) e Rodrigues.
Poi c’è Mario Mendoza, un ragazzino di origine honduregna, scoperto dall’allenatore Furtado durante una partita di calcio a 5. La storia di Mendoza è esemplificativa del valore sociale che il calcio può avere per i giovani anche in America. Il ragazzo, orfano di entrambi i genitori, era emigrato da poco dall’Honduras e non andava neanche a scuola. L’allenatore, vedendo in lui un potenziale da futuro professionista, lo convinse a iscriversi e a giocare così per la squadra di calcio del Brockton High.
“Brockton si fregia della nomea di ‘città dei campioni’ – aggiunge Lisa – ma ha anche una reputazione negativa, per cui quando una squadra o un atleta locale vincono, lo celebriamo con grande orgoglio perché vogliamo sottolineare che siamo capaci di fare delle cose straordinarie traendo il meglio dai nostri ragazzi. Longmeadow, la squadra che hanno battuto in finale, per esempio, è una città molto agiata nel Massachusetts , al confine con il Connecticut. È lecito ritenere che i ragazzi cresciuti lì non abbiano affrontato le stesse difficoltà dei nostri calciatori”.
Una delle cose più apprezzabili è il fair-play e l’atteggiamento con cui i ragazzi di Brockton affrontano ogni match. Dopo la vittoria del campionato, per esempio, un altro riconoscimento – forse addirittura più grande – è arrivato dagli avversari incontrati durante la cavalcata verso il titolo. Sui giornali sono state pubblicate alcune lettere scritte alla scuola dai genitori degli avversari battuti in cui veniva lodata la sportività dei ragazzi di Furtado e la sincera gentilezza mostrata nel consolare gli sconfitti. “Sono cose come questa che mi rendono fiera di essere di Brockton!”, chiosa Lisa.
E il merito va senza dubbio dato all’allenatore che, da sempre, cerca di infondere nei propri ragazzi la cultura del lavoro, senza la quale il talento non riesce ad esprimersi appieno, e dell’autocontrollo, che sia in campo con l’arbitro o nella vita quotidiana rispetto all’autorità, tanto che, come abbiamo visto, è ormai consuetudine che, a fine partita, Teixeira e compagni ricevano i complimenti degli avversari e del direttore di gara per il proprio comportamento. Inoltre, i giovani calciatori sono soliti indossare l’uniforme della squadra in giro per la città, e questo aumenta il loro senso di responsabilità verso il buon nome della propria scuola.
Nella prossima stagione, Brockton perderà alcuni dei suoi gioielli per raggiunti limiti di età. Ma Herminio Furtado non è affatto preoccupato: i ragazzi che giocano a calcio sono in sensibile aumento anche nella sua città e sicuramente ci saranno nuovi talenti da scovare e da far iscrivere a scuola, magari togliendoli dalla strada.
E il calcio americano che obiettivi raggiungerà in prospettiva? Lo chiediamo ad entrambi i nostri interlocutori, che concordano nell’indicare un futuro da campione del mondo per la nazionale americana, nonostante la mancata qualificazione ai prossimi mondiali. “Ma se neanche una squadra come quella italiana ci è riuscita, non è più così assurdo pensare che gli USA possano vincere la coppa del mondo un giorno – afferma Lisa – anche se penso che ci sia ancora parecchia strada da fare”. Anche coach Furtado pensa che gli USA vinceranno un mondiale in futuro perché “questo sport è chiaramente in crescita e il panorama sociale del paese sta cambiando” e l’allenatore prevede che il calcio diventerà “uno sport dominante tra gli afroamericani, considerato che attualmente gli americani benestanti si stanno spostando verso le città e spingono i poveri e gli afroamericani verso la periferia, dove questi avranno più spazio per allenarsi meglio e infrastrutture ottimali per giocare a calcio”.
Se a questo aggiungiamo che, dopo i recenti allarmi lanciati da alcuni medici sui rischi del football, sempre più genitori spingono i propri figli verso uno sport “meno pericoloso” come il calcio, o che la seconda generazione di immigrati di solito ha già una certa familiarità con il pallone e spesso può anche permettersi di iscrivere i propri figli in club giovanili di calcio di un buon livello, non c’è motivo per non pensare che il futuro del soccer sia decisamente radioso.
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