Il soccer tra i Nativi Americani. Intervista al coach Boyna Bear

Sono stati i primi abitanti delle Americhe, giunti probabilmente oltre centomila anni fa dall’Asia mediante la Beringia, una striscia di terra che univa l’Alaska alla Russia. Lo loro storia si è incrociata con quella degli europei che dopo Cristoforo Colombo approdarono nel Nuovo Mondo, spesso con impatti catastrofici a cui però hanno saputo far fronte con non poche difficoltà. Amati da molti che riconoscono in essi la dignità di una storia millenaria, i Nativi Americani vivono dalla seconda metà del Ventesimo secolo un periodo di grande rinascita sia nell’ambito dei diritti civili che nella partecipazione alla vita sociale ed economica degli Stati Uniti d’America, portando avanti la propria identità.

Ad oggi sono circa cinque milioni le persone che possono definirsi discendenti delle varie tribù, presenti su tutto il territorio nazionale nelle Riserve, spesso più grandi di alcuni degli Stati Federati, e nelle grandi città. Tra le loro antiche tradizioni vi è anche un antesignano del calcio, il Pasuckuakohowog, una sorta di gioco campale che vedeva contrapposte su di una spiaggia due squadre composte da circa 500 individui e che veniva utilizzato per dirimere le controversie che nascevano tra gruppi diversi.

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Interessati al mondo del soccer delle Americhe abbiamo contattato la Native American Soccer Coaches Committee, istituzione che raggruppa gli allenatori di origine nativa americana e abbiamo intervistato il referente Boyna Bear, coach residente a Tulsa, Oklahoma, con un passato da calciatore nelle Università di Tulsa e Arizona e in alcune squadre, tra campo e indoor, come i Tulsa Roughnecks e i Richardson Rockets. Il suo presente è invece fatto di una missione: espandere il calcio tra i Nativi Americani, che possono contare tra i loro consanguinei il campione dei San José Earthquakes Chris Wondolowski, appartenente alla tribù Kiowa e lì conosciuto come “il guerriero che viene da sopra la collina” e Temryss Lane, calciatrice conosciuta negli States anche grazie alla sua partecipazione nel programma Fox Football Fone-In.

Tra i concetti espressi da Boyna Bear, di discendenza Osage e Muscogee Creek, colpisce molto l’utilizzo, ripetuto due volte, del termine “resilienza”, cioè la capacità di sapersi risollevare da un evento tragico, applicato alle comunità native americane che di certo sanno bene cosa significa.

Di che cosa si occupa la Native American Soccer Coaches Committee e dove svolge le sue attività?

La nostra commissione è stata istituita per identificare, supportare e fornire risorse ai giocatori, agli allenatori e alle comunità native americane. L’United Soccer Coaches, ex NSCAA, ha fornito al nostro gruppo una piattaforma che ci consente di offrire strumenti di educazione all’allenamento, grazie alle sovvenzioni abbiamo organizzato corsi individuali e comunitari per diventare coach. Nell’ambito comunitario uno dei mezzi mediante il quale siamo riusciti a veicolare corsi comunitari è stata la Indigenous Soccer Cup (ISC). L’evento è stato ospitato dall’associazione no-profit Southwest Youth Services e consisteva in un torneo ricreativo per giovani calciatori nativi americani in cui metà della giornata era dedicata alle partite e l’altra alla formazione. Tra i workshop offerti c’era un corso che consentiva di ottenere il diploma di stato NSCAA, ora designato come diploma di Livello 2. La nostra speranza era che gli allenatori e i giocatori che avessero ottenuto il diploma, una volta tornati nelle proprie comunità, potessero iniziare a mettere in piedi dei programmi di calcio. Sfortunatamente l’ISC non si è tenuta quest’anno e sembra che non si terrà nemmeno l’anno prossimo. Organizzeremo un corso di formazione a Tulsa, Oklahoma, questa primavera perché la città ha un’alta percentuale di popolazione nativa americana e speriamo di essere in grado di identificare gli allenatori e i calciatori attualmente in attività.

I rappresentanti della nostra organizzazione sono maggiormente presenti in Oklahoma, Arizona, Nuovo Messico e nello Stato di Washington. La nostra più grande sfida è quella di identificare i calciatori nativi americani in tutto il paese. Le federazioni calcistiche statali non prendono informazioni circa l’etnia, quindi usiamo molto Facebook e il passaparola per identificare giocatori, allenatori e comunità native americane attive nel soccer e che siano interessate ad avviare programmi di formazione.

Quanto è diffuso il calcio tra i nativi americani?

E’ davvero difficile valutare il livello di interesse tra le comunità di nativi americani presenti in tutti gli Stati Uniti. Abbiamo alcuni calciatori che giocano ai più alti livelli del calcio giovanile e abbiamo alcune comunità che non hanno mai giocato a calcio. Identificare atleti e allenatori nativi americani è la nostra più grande sfida. Secondo la mia esperienza, direi che la maggior parte delle comunità native non sta giocando a calcio come gruppo collettivo, ma che molti individui nativi americani che vivono nelle aree urbane giocano a calcio.

Quando il calcio ha iniziato a diffondersi tra i nativi americani?

Ci sono oltre 500 nazioni tribali negli Usa ed è veramente difficile dire quando o se hanno iniziato a giocare a calcio. Posso dire che la NASL (1968 – 1984, ndr) ha aumentato la consapevolezza del calcio nell’intera nazione e la partecipazione dei giovani in questo sport. Avere giocatori di livello mondiale come Pelè, Beckenbauer, Cruyff, Best e Chinaglia ha sicuramente giovato alla qualità e alla credibilità del campionato. Sebbene l’esperienza della Nasl fallì, l’impatto generale della lega ha creato un movimento di calcio nel nostro paese che ha incluso la partecipazione di calciatori nativi americani come me.  La stessa Major League Soccer è iniziata con atleti che da bambini guardavano giocare questi campioni nella NASL.

E’ maggiormente praticato tra le donne o tra gli uomini?

Sulla base della mia esperienza personale, uomini e donne partecipano in egual livello. Che io sappia non esistono limitazioni culturali che impedirebbero a entrambi i sessi di giocare.

Quali sono i calciatori più rappresentativi per i nativi americani sia tra gli uomini che tra le donne?

Chris Wondolowski è il primo calciatore nativo americano ad aver rappresentato gli Usa in un mondiale e lo ha fatto durante la Coppa del Mondo 2014 in Brasile. Siamo estremamente orgogliosi di quello che ha realizzato e del modo in cui rappresenta i valori nativi americani fuori dal campo.

Temryss Lane ha giocato nella lega professionistica femminile della Svezia con il Baling IF.

  Qual è il numero degli allenatori nativi americani e quali risultati hanno raggiunto?

E’ difficile rispondere perché siamo ancora impegnati nell’identificazione degli allenatori. Abbiamo coach che allenano sia a livello collegiale che a livello giovanile ma non abbiamo individuato ancora nessuno che alleni in campo professionistico.

Dano Thorne in Canada ha iniziato il gruppo NIFA (Native Indian Football Association of British Columbia, ndr) e la sua squadra femminile ha vinto le ultime due edizioni dei World Indigenous Games, in Brasile e in Canada.

Quali risultati avete raggiunto nei World Indigenous Games?

Non abbiamo mai partecipato ai giochi. La nostra speranza è quella di identificare e coordinare una squadra che possa prendere parte alla prossima edizione.

Rispetto agli altri sport, quanto è praticato il soccer tra i giovani?

Direi che il basket e il football americano sono gli sport più popolari tra le comunità native. L’interesse verso il calcio sta crescendo e vogliamo offrire sempre più opportunità ai nostri bambini per partecipare. La US Soccer Foundation ha mostrato un incredibile impegno nel far crescere il calcio tra le comunità native. Speriamo che l’interesse aumenti e che le comunità native chiedano di aderire alle sovvenzioni che la US Soccer Foundation offre, come il Safe Places to Play, Soccer for Success e il programma Passback.

Tra i Nativi Americani è purtroppo diffusa la piaga dell’alcolismo. Quanto è importante la pratica del calcio per prevenirla?

Il nostro gruppo crede che offrire uno sbocco positivo ai nostri ragazzi serva da deterrente per le scelte sbagliate fuori dal campo. La nostra enfasi è mirata sul celebrare i punti di forza inerenti alle nostre comunità native. Tratti caratteriali come il coraggio, la resilienza, l’umiltà, l’onore e la consapevolezza rappresentano valori che le nostre comunità native tengono in grande considerazione. Se i nostri figli si concentrano su questi attributi positivi e il nostro coach si concentra sulla celebrazione e la modellazione di questi valori, riteniamo che il calcio fornirà il tipo di ambiente che consentirà ai nostri giocatori e alle comunità di prosperare.

Ci sono squadre che rappresentano le comunità native americane?

Non negli Stati Uniti. Una volta identificati i giocatori nelle tribù, nelle comunità e nelle regioni del paese, vorremmo formare una o più squadre in grado di competere in tornei di alto livello, a esempio la Dallas Cup, o negli showcase dei college.

Numerose tribù Native Americane si sono sviluppate molto sia economicamente sia a livello demografico. Per esempio i Seminole della Florida hanno numerose attività imprenditoriali mentre la Navajo Nation è composta da migliaia di individui. Sarebbe possibile per una di queste comunità oppure insieme creare una franchigia che possa partecipare a campionati come la Usl a livello maschile e la Wpsl a livello femminile?

Sarebbe fantastico! Tuttavia ci possono essere restrizioni culturali a seconda della tribù, in pratica alcune tribù non possono permettere alle persone estranee alla comunità di essere nelle loro terre durante le cerimonie. Inoltre, se stiamo parlando di squadre USL o WPSL, non tutti i giocatori sarebbero di discendenza nativa americana. Dal lato degli affari, il calcio negli Stati Uniti ha visto una crescita impressionante negli ultimi 20 anni. Le tribù potrebbero vedere questa crescita come un’opportunità, ma non posso parlare circa il livello di interesse.

Quanto è importante per i nativi americani il retaggio dell’antico gioco del Pasuckuakohowog?

Ritengo che ogni volta che possiamo legare una rilevanza culturale al calcio, e il perché noi lo giochiamo, sia una buona cosa. Costruire legami con la nostra storia ed essere fieri di essa ci ha reso resilienti.

Per la traduzione ha collaborato Silvia Della Rossa


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