Montreal Impact: au revoir Bernier, l’uomo venuto dal ghiaccio

L’ultimo atto del 2017 andato in scena allo Stade Saputo ha avuto tutti i connotati dell’epica calcistica. Sul campo di casa gli Impact de Montreal, rappresentanti dell’orgogliosa comunità francofona del Canada, hanno sfidato i New England Revolution del Massachussets, l’attuale stato da dove ebbe inizio il processo storico che portò alla nascita degli Stati Uniti d’America.

Una sfida tra due franchigie che non avevano più nulla da chiedere alla classifica ma che si è conclusa con un rocambolesco tre a due per gli ospiti e che è stata segnata soprattutto dall’addio al calcio del trentottenne Patrice Bernier.

Classe 1979, capitano dei fleur-de-lys dal 2014, ha chiuso la sua carriera con 152 presenze a Montreal e 15 reti, l’ultima su calcio di rigore proprio nella partita che ha concluso la sua carriera agonistica. Nel suo score anche 73 presenze e cinque reti con gli Impact pre-Mls.

Una storia, quella di Bernier con il pallone, degna di essere annoverata tra la mitologia del calcio nordamericano. Se fosse un personaggio delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin o della sua trasposizione televisiva Il Trono di Spade, il centrocampista canadese sarebbe il figlio di un marinaio delle Isole dell’Estate che con la sua sposa avrebbe fatto naufragio oltre Westeros, al di là della Barriera, dove avrebbero poi trovato la propria dimensione crescendo il frutto del loro amore tra gli uomini liberi, i giganti e i Maknar di Thenn, ma il ragazzo, una volta cresciuto, avrebbe trovato il modo di onorare le proprie origini.

C’è il ghiaccio nella vita di Bernier, ma c’è anche il fuoco del Mar dei Caraibi, un Jon Snow in versione calciatore proprio lì dove non te lo aspetti. Patrice nasce a Brossard, municipalità dell’area metropolitana di Montreal sulle rive del fiume San Lorenzo da genitori immigrati dall’isola di Haiti. In una lunga testimonianza resa al sito The Players Tribune il capitano degli Impact racconta della passione degli haitiani per il calcio brasiliano e di suo padre, che da piccolo gli raccontava le imprese dei verdeoro in Messico ’70, guidati da Pelè alla definitiva conquista della Coppa Rimet. Decine e decine di minuti di vhs a guardare le giocate di Crujff, Maradona e Van Basten e il sogno di giocare i mondiali quando a sette anni vede il Canada impegnato in Messico.

Un sogno che in parte realizzerà, quando nel 1995 prende parte con la nazionale canadese ai Mondiali Under 17 in Ecuador. Un’avventura chiusa nei gironi con tre sconfitte contro il Brasile, la Germania e l’Oman, a cui Bernier riesce a segnare l’unica rete dei Canucks durante il torneo, ma prima c’è tanta strada da compiere, soprattutto con le rotelle da ghiaccio.

Non avevamo i campi indoor come ce li hanno i ragazzi di oggi. Giocavamo in campi da hockey convertiti e i pavimenti erano scivolosi. Non avevamo scarpe da calcio indoor, ma dovevamo giocare con le scarpe che indossavamo. Ricordo che i nostri coach gettavano la coca cola sul campo e noi ci passavamo le suole delle scarpe sopra, in modo da renderle più appiccicose e correre più facilmente.”

I tacchetti non erano ancora alla portata delle giovani leve del calcio in Canada, ma i pattini si, fu così che Patrice un anno dopo aver intrapreso la scuola calcio si decise a giocare anche ad hockey, uno sport che praticò anche piuttosto bene. Dopo il mondiale in Ecuador gioca tre stagioni nella Quebec Junior Hockey League, giocando al fianco dei futuri campioni NHL Roberto Luongo e Steve Begin indossando la casacca dei Val-d’Or Foreurs e l’ultima stagione con i Sherbrooke Faucons. In totale 143 partite, 17 goal e 73 punti.  Una strada, quella dell’hockey professionistico, che suo padre avrebbe preferito al calcio. Bernier senior è un uomo che ha conosciuto le privazioni di chi lascia la propria patria ed è pronto a metter da parte i propri sogni calcistici per vedere il figlio affermarsi in quello che è lo sport più seguito in Canada e soprattutto a Montreal, dove i locali Canadiens detengono il record di titoli NHL, ma Patrice non dimentica i sogni di bambino ed espatria nel vicino Stato di New York dove entra nella squadra dell’Università di Syracuse. Torna a casa e la Saputo Family è pronta ad accoglierlo negli Impact. Ci rimane due anni, fin quando il padre, telefono alla mano, non gli cerca un ingaggio in Europa.

Il giovane con il fuoco di Haiti ha il ghiaccio nel suo cammino. Anno 2003, destinazione Scandinavia dove ancora oggi molti calciatori canadesi costruiscono le loro carriere. La squadra è il Moss FK, appena retrocesso in seconda divisione. Un cambio totale di vita, secondo quanto detto da Bernier, sia per la lontananza che per la nuova forma di vivere il calcio. Ci resta un anno prima di prendere il volo a Tromso, squadra con la quale si impone nel campionato norvegese come un centrocampista concreto, forte fisicamente, aggressivo e dotato di un’ottima corsa, gli anni tra il fango e la cola hanno portato i loro frutti. Nel 2005 un interesse del Besiktas che non si concretizzerà e nel 2007 il passaggio al Kaiserslautern, seconda divisione tedesca. Nella serie milita il Monaco 1860, campo di gioco l’Allianz Arena.

Lo stadio era pieno, mi sentivo come se fossi in una di quelle videocassette che mio padre mi faceva vedere da bambino. La mia vita non era più fatta solo di allenamenti e poi dritto a casa. Le persone mi guardavano ogni giorno, prestavano attenzione a cosa facevo, non era simile a nessuna sensazione che avessi provato prima.

La Germania si rivelerà però amara, solo 15 presenze e una rete. Un pò più su però c’è la Danimarca. Bernier firma con il Nordsjaelland dove in tre stagioni vince due Coppe di Danimarca e nel 2010 viene eletto giocatore dell’anno dai tifosi e riesce anche a segnare in Europa League. Nel 2011 il passaggio al Lyngby ma casa chiama. Joey Saputo ha portato la Major League in Quebec e Bernier deve fare parte della squadra.

Il 5 maggio 2012 Patrice Bernier, oramai trentaduenne affermato centrocampista della Nazionale del Canada, segna il suo primo goal in Mls. Due a zero allo Sporting Kansas City e l’inizio di una nuova vita sportiva in casa propria. Dopo tanto peregrinare il ragazzo tra il ghiaccio e il fuoco diventa il leader indiscusso della mediana degli Impact. Sei stagioni, due Canadian Championship vinte e l’amarezza per la sconfitta in Concacaf Champions League nel 2015 e la finale di Eastern Conference persa lo scorso anno con i cugini del Toronto anche se, oggi, Bernier ha parole di felicità anche per quel momento, perché ha segnato lo sviluppo del calcio in Canada, una soddisfazione per chi ha difeso i colori della propria nazionale dal 2004 ad oggi, portando a casa 56 presenze e due goal.

L’ultima allo Stade Saputo nonostante la sconfitta ha segnato il tributo dei tifosi, dei compagni di squadra, degli avversari, un ultimo salto con i tacchi a piedi, ma non sul terreno di gioco. Patrice collaborerà con l’accademia degli Impact con il sogno di far ottenere ai propri ragazzi più di quanto lui è stato capace di fare.

Una sfida ardua quella che attende le nuove leve di Bernier il cui valore passa per le parole di una grande stella del calcio mondiale.

Un mio amico mi disse: Patrice, sai che cosa ha detto Thierry Henry? Ha detto che la chiave della squadra non è Nesta, non è nemmeno Di Vaio, ma è Patrice Bernier.”


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