Socceritalians, Antongirolami (coach Rockhurst University) ci racconta la NCAA
La MLS è finita con la vittoria dei Seattle Sounders del Rookie of the Year, Jordan Morris, e anche la stagione del calcio collegiale è giunta al termine dopo appassionanti sfide da una parta all’altra degli Stati Uniti. In queste realtà sono molti i ragazzi italiani che, su diversi livelli, stanno dando una mano al movimento americano a crescere, potendo contare su un’istruzione di livello in grado di garantire loro un futuro anche lontano dal pallone, e il tempo per mettere in mostra le proprie qualità. Stadi pieni, osservatori di squadre MLS e non solo sempre presenti e dirette televisive, raccontano di un mondo totalmente nuovo per quanto siamo abituati in Italia (anche in Europa).
Per farci raccontare meglio lo scenario che si nasconde dietro la NCAA abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Giorgio Antongirolami, Associate Head Coach di Rockhurst University di Kansas City, Missouri, squadra che partecipa nel campionato D2 della NCAA per scelta visti i soli 3mila studenti iscritti. Dopo aver vinto la propria Conference e i playoff a Indianapolis, si sono arresi nella Final Four contro Charleston portando comunque a casa il titolo della Midwest Region, vero obiettivo stagionale.
Buongiorno Giorgio, è stata una stagione impegnativa per la Rockhurst: come la giudica?
Stagione molto positiva, dove abbiamo giocato ogni settimana con 3-4 infortunati a partita, ma la nostra panchina lunga ha dato una grossa mano alla squadra. Essere arrivati alle Final Four in casa nostra allo Swope Park (stadio ufficiale dei Swope Rangers e di allenamento per lo Sporting KC) era un nostro obiettivo. Nella classifica nazionale siamo sesti su 221 squadre.
Quali sono i vostri punti di forza e dove potreste migliorare?
Siamo una squadra ben messa in campo e organizzata sia a livello difensivo che offensivo. Soffriamo ancora troppo sui calci da fermo e sull’amministrazione della partita quando siamo in vantaggio. Il giocatore americano continua ad attaccare la porta avversaria fino al novantesimo con grande intensità anche quando la partita invece dovrebbe essere gestita con maggiore tranquillità.
Lei da anni lavora con i giovani negli USA: quali sono le difficoltà maggiori?
A livello atletico e fisico sono superiori al ragazzo italiano di età tra i 19 e 22 anni. A livello tecnico stanno crescendo, ma non sanno ancora applicare la tecnica alla situazione della partita. A livello tattico, invece, sono molto indietro rispetto alla scuola italiana.
Avete in squadra ragazzi italiani: come stanno andando?
Noi abbiamo 4 ragazzi: Pietro Scaburri, Claudio Romano, Gianluca Bottoni e Filippo Santandrea. Sfortunatamente Pietro e Claudio hanno avuto problemi fisici quindi non hanno potuto giocare quest’anno. Claudio (capocannoniere lo scorso campionato) ha fatto il “medical redshirt”, il che significa che potrà giocare il quinto anno e prendere una borsa di studio che gli copre il MBA (quello di Rockhurst è al 15esimo posto in America) . Gianluca e Filippo stanno giocando una grande stagione e sono due punti di forza sia offensivo (Bottoni) che difensivo (Santandrea) della squadra. Infatti sono stati premiati anche come All-conference nella nostra lega.
Collabora con College Life Italia che il 28-29 dicembre sarà a Roma per lo showcase: consiglerebbe ai ragazzi italiani di tentare questa avventura?
Assolutamente, è una esperienza di vita che accresce tantissimo. Culturalmente, caratterialmente e poi ogni ragazzo si crea un proprio futuro grazie alla meritocrazia che ancora è una virtù importante nella cultura Americana. Abbiamo in questo momento oltre 60 studenti-atleti che studiano e partecipano ai campionati collegiali Americani e siamo orgogliosi di aiutare loro in questa importantissima esperienza di vita.
Cosa direbbe a un ragazzo che dice “Vado negli USA a giocare a calcio tanto sono scarsi”?
Che sbaglia atteggiamento. Il livello sta crescendo per il giocatore americano, ma quello che devono capire e che ci sono circa 1000 college americani che giocano in vari campionati di calcio. In tutti questi campionati NCAA, NAIA e Junior Colleges ci sono giocatori da tutto il mondo. Quindi ti capita di giocare contro una squadra che non ha neanche un giocatore americano in rosa e ottimi giocatori tedeschi, portoghesi, francesi, spagnoli o sudamericani solo per fare qualche esempio.
Nei college come funziona la stagione calcistica?
Si comincia la preparazione intorno alla metà di agosto, per cominciare il campionato a inizio settembre. Si giocano 18 partite di Regular Season, per poi cominciare i playoff della varie Conference. Poi c’e’ la scelta delle migliori squadre per competere nei playoff della NCAA. Solo 4 squadre vanno avanti fino a metà dicembre, mentre per tutte le altre il campionato è intenso ma corto. Quindi le scuole chiudono per un mese durante il break invernale, e quando riaprono per lo spring semester da gennaio a maggio ci si allena solo e si giocano amichevoli in 5 date fissate in un periodo di 60 giorni di allenamenti propensi solo a migliorare il giocatore individuale. Questo è l’unico handicap del calcio collegiale. La mancanza di continuità di crescita per uno studente-atleta cosicché anche la MLS possa trarne vantaggio. Si sta studiando una nuova stagione che duri da agosto a Mmaggio, ma il problema principale è la parte accademica che ne soffrirebbe tanto.
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