MLS, Montero travolge i Seattle Sounders: non chiamatelo traditore

Cross dalla destra, colpo di testa da manuale con palla che gonfia la rete e mani giunte, (quasi) a chiedere a perdono. Sono i fotogrammi dei due gol siglati da Fredy Montero con la maglia dei Vancouver Whitecaps contro la sua amata ex squadra: i Seattle Sounders.

Se sei di Seattle e devi tornare a casa da Vancouver, tutto sommato il passo è breve: due ore e mezza di macchina sulla Interstate 5 ed è fatta. Ma se “appartieni” a Seattle e devi restare a Vancouver, allora ti sembrerà più vicino perfino il Kazakistan. La costa nord pacifica è così: te ne innamori dopo uno sguardo, al massimo due se al primo il freddo ti entra negli occhi. Lì il confine tra Stati Uniti e Canada si gioca tutto in un riflesso del mare, in una brezza che passa di isola in isola, nell’abbraccio di una baia. Lì la gente è fiera e il senso di appartenenza è più forte che in altre parti del mondo.

La storia è importante, e se ti chiami Fredy Montero sei parte di Seattle. A vita. Non solo perché sei il calciatore ad aver segnato il primo gol della storia del club, ma soprattutto perché sei stato il grande nome che ha incarnato lo spirito dei Sounders durante le loro prime stagioni in MLS. Quando Montero è passato ai Whitecaps di Vancouver, in prestito dai cinesi del Tianjin Teda, più di qualcuno non deve averla presa troppo bene. Metteteci anche due gol che sono valsi la sconfitta dei verdi di Seattle e la ricetta per infuocare il derby di Cascadia del 15 aprile 2017 è scritta. Qualunque appassionato di soccer vi dirà che il “vero” derby di Cascadia, l’ipotetica Repubblica del Pacifico proposta dall’omonimo movimento politico, è quello tra Seattle e Portland. Non dategli retta, non è così. O almeno non lo è con Montero in campo. Negli occhi dei tifosi dei Sounders ci sono ancora le mirabolanti gesta del loro asso colombiano, autore di 47 gol in 119 partite giocate tra 2009 e 2013. Ce ne sono di bellissimi, conditi in tutte le salse: di testa, al volo, su punizione, su rigore, da fuori area, dopo una serpentina e con una bordata da trenta metri (chiedere all’ex portiere dei Los Angeles Galaxy, Gaudette).

“E’ stato difficile, non sapevo come comportarmi dopo i gol, soprattutto dopo che i miei compagni di squadra si sono stretti intorno a me per abbracciarmi. Non volevo mancare di rispetto ai tifosi di Seattle perché sono stati fantastici per i quattro anni che ho passato ai Sounders“. Le parole di Montero nel dopogara suonano banali, ma l’emozione spesso non te ne lascia molte. Di certo non ti lascia esultare contro la tua vecchia casa sulla West Coast, dove i tramonti si somigliano. Le casacche però sono un’altra storia. E, a volte, l’unica cosa che puoi fare è alzare le mani al cielo e abbassare la testa.


 

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